Live report: Alter Bridge a Roma

Di Orso Comellini - 19 Novembre 2013 - 22:20
Live report: Alter Bridge a Roma

L’attesissimo ritorno degli Alter Bridge in Italia riprende esattamente da dove la band aveva lasciato due anni fa: all’Atlantico di Roma!
Nuvole brune in lontananza minacciano l’attesa e un gelido vento nordico accompagna le interminabili ore prima del concerto.
Il vecchio Palacisalfa rispose bene all’“Ab III Tour” del 2011: location di proporzioni modeste, più che adatta ad accogliere un evento che non fece registrare il sold-out. Negli ultimi anni però gli Alter Bridge hanno raccolto consensi veramente dappertutto. Basti pensare al Wembley di Londra, che come testimonia lo stesso storico dvd, fece registrare un sold-out estremo.
Accogliere quindi la band di Orlando in una struttura come quella dell’Atlantico forse non è proprio il massimo, considerando che nella seconda e ultima data del tour italiano è stato aperto il capientissimo Forum di Assago. Bando alle ciance però, l’Atlantico sarà anche pieno come un uovo ma a costo di giocarci le costole gli Alter Bridge noi non ce li vogliamo davvero perdere!

 

Live report a cura di Gianluca Nocini.

 

“Fortress” è stata la definitiva consacrazione della band nel panorama Hard n’ Heavy e non è azzardato definire gli Alter Bridge la band Rock del decennio. “Ab III”, secondo chi vi scrive, non era maturo abbastanza per incoronare Myles e soci re indiscussi. Abbiamo aspettato con pazienza questo momento tutti noi fan e grazie anche alle esperienze soliste maturate dai nostri, possiamo finalmente parlare di un evento più unico che raro quello in scena a Roma. Inutile però dilungarmi troppo sulle potenzialità della loro ultima creatura, in giro per la rete le lodi per “Fortress” sono sperticate e non quantificabili.

La città eterna accoglie gli Alter Bridge sempre con grande calore e affetto e ne è la riprova il serpentone di gente radunatasi fuori le porte dell’Atlantico lunedì sera.
Gli stessi fan nel frattempo si acciambellano tra di loro per proteggersi da un freddo tremendo e inaspettato, ma per gli Alter Bridge “questo e altro” affermano alcuni ragazzi venuti dal sud Italia.
Sono appena le 13 e il countdown per la folle corsa verso la prima fila è da considerarsi ancora un’utopia. Il tempo non passa mai e per cercare di ammazzare la snervante attesa il pubblico intona i ritornelli dei pezzi più celebri, da “Blackbird” a “Watch Over You”, da “Metalingus” a “Open Your Eyes”.
Tra una canzone e l’altra è arrivato finalmente il momento di entrare. Dopo una folle corsa alle prime file, traumatica per le nostre infreddolite articolazioni, eccoci sotto il palco.

 

 

 

 

Ad aprire il concerto degli AB ci sono gli Halestorm, capitanati dalla bella carismatica Lzzy Hale.
Il pubblico dimostra di conoscere le tracce proposte dalla band, cantando all’unisono con la Hale i pezzi più importanti del loro repertorio. Nella setlist si configurano classici come “Love Bites”, “A Familiar Taste Of Poison” e “Freak Like Me”. Apprezzatissima la ballad “Here’s To Us” (scritta con Slash), meno la cover di “Dissident Aggressor” dei Judas Priest: sorge il forte sospetto che molti non la conoscessero.
Il quartetto a stelle e strisce chiude in bellezza con “I Miss The Misery”, in assoluto la canzone più rappresentativa della band di Red Lion.

 

L’atmosfera è vibrante e il desiderio di riabbracciare gli Alter Bridge dopo due lunghi anni è incontenibile.
Il seguito che questa fantastica band ha guadagnato negli anni è incredibile. La loro musica è generatrice, esorta alla vita pur ammettendone le difficoltà. Il binomio tra gli Alter Bridge e i fan è inscindibile, di rado si registra una devozione reciproca simile.
La riprova di quanto detto in precedenza è la reazione che l’Atlantico dimostra all’entrata degli AB.
Lo scheletro dell’edificio viene messo a dura prova quando Mark e compagni compaiono sul palco con “Addicted To Pain”. Il pezzo in questione è una vera bomba e sul parterre si fa davvero fatica a rimanere in piedi tanta è l’eccitazione generale.
Terminata l’impeccabile esecuzione di “Addicted To Pain” arriva il momento della sequenza in chiave “Blackbird”. Le tre tracce immediatamente seguenti al primo singolo di “Fortress” sono “White Knuckles”, “Come To Life” e “Before Tomorrow Comes”.
L’approccio della band alla serata è d’assoluto impatto. Nemmeno il tempo di realizzare dove ci troviamo che Mark Tremonti (italiano di vaghe origini dolomitiche) sfodera l’artiglieria pesante: “White Knuckles” e “Come To Life” sono eseguite in successione per la gioia dei fan più malinconici.
Finita la conturbante “Come To Life” cerchiamo di riprendere possesso del nostro corpo con la più melodica “Before Tomorrow Comes”, immancabile nelle scalette degli ultimi anni.

 

Ad ogni live è sempre più evidente lo stacanovismo con cui la band di Orlando si dedica al proprio lavoro. Ogni dettaglio è curato con uno zelo quasi maniacale. Ogni canzone viene concepita con un trasporto emotivo che è difficile trovare altrove, tant’e vero che non c’è una sola canzone degli Alter Bridge che si possa definire “brutta”.
Myles Kennedy è indiscutibilmente una delle migliori voci in circolazione (e non solo nel genere), oltre che un raffinato chitarrista. Mark Tremonti è invece “il” chitarrista: versatile come pochi, dotato di una tecnica sopraffina, e capace di scrivere davvero qualsiasi cosa. Scott Philipps (batteria) e Brian Marshall (basso) vivono, ahimè, nell’ombra di quei due geni, ma è innegabile che sono anch’essi due elementi di assoluto valore. Non dimentichiamo che sono i fondatori (insieme a Mark) dei Creed, una delle band più influenti degli anni novanta su scala mondiale.

 

All’Atlantico intanto va di scena “Ghost Of Days Gone By”, una canzone dai toni inizialmente dolci e pacati ma che cresce impetuosamente nel finale verso sonorità più dark, per poi concludersi con l’acuto di Myles che conferma per l’ennesima volta come il suo spettro vocale possa tranquillamente coprire le quattro ottave.
Dopo la spaccaossa “Ties That Bind”, arriva il momento della richiestissima “Waters Rising” che vede alla voce nientemeno che Mr. Mark Tremonti.
“Tremonster” (ci piace questo soprannome) è a suo agio, come sempre, con il pubblico italiano. L’ex Creed è una bestia da palco quasi quanto Kennedy, e lo dimostra appieno in “Waters Rising”.  
Tremonti è protagonista di una performance vocale impressionante, e l’assolo finale è davvero la ciliegina sulla torta per una canzone che si rivelerà fondamentale nelle scalette dei concerti futuri.
Il pezzo forte doveva arrivare e con la tripletta “Broken Wings”“Metalingus”“Blackbird” possiamo parlare dei venti minuti più emozionanti in assoluto.
La potenza espressiva di “Blackbird” trascende la musica stessa, non ci sono parole per definire la bellezza di quei sette minuti, pura poesia.
Myles non ci concede molto tempo per riprenderci, e imbracciata la chitarra acustica (dopo un divertente siparietto con la stessa), inizia a suonare le note di “Watch Over You”.
La ballad, sempre molto sentita dai fan, vede la partecipazione vocale di Lzzy Hale.
Myles non è di questo pianeta, e ne è la prova la gran fatica che la cantante degli Halestorm fa per cercare di stargli dietro con la voce.
Subito dopo abbiamo il piacere di ascoltare “Farther Than the Sun” e “Lover”, due nuovi brani dal “masterpiece” Fortress!
La prima è Hard Rock duro e puro mentre la seconda esplora (come fa d’altronde “Watch Over You”) le “ferite” lasciate aperte dall’amore.
L’approccio vocale di Kennedy a “Lover” mi ha ricordato molto “Second Skin”, uno dei suoi primi lavori con i Mayfield Four, un gruppo molto spesso sottovalutato, ma che merita sicuramente un ascolto (mi sento di consigliare “Reigns Over Me”, una canzone rilasciata solo di recente).
Parlavamo di Hard Rock ed ecco che a infuocare gli ultimi minuti di concerto c’è “Isolation”, una canzone ordinata ma incredibilmente violenta dal vivo.
I suoni si interrompono e gli Alter Bridge accennano a un saluto un po’ troppo algido per poter pensare a un congedo definitivo. Sappiamo che il sogno che stiamo vivendo ancora non è terminato.

 

 

 

Myles rientra sul palco e con la voce di un angelo intona quello che è a mio avviso il migliore momento di “Fortress”, “Calm The Fire”!
La resa live è eccezionale e ci si accorge che i ragazzi di Orlando ci hanno messo davvero tanto cuore e sudore per dare vita a questa grande canzone.
Gli Alter Bridge ci lasciano senza “Slip To The Void” (con la quale iniziavano i concerti dell’ “Ab III Tour”), ma non possono non chiudere con “Rise Today”, l’inno indiscusso della band!

Ci hanno rapiti nella loro musica e poi restituiti alle nostre vite. Avrei fatto carte false per rimanere nel sogno ancora per un pò.
Proprio nel ritornello di “Rise Today” si legge: “I wanna rise today and change this world”. Possiamo finalmente dire, senza ombra di dubbio, che gli Alter Bridge il nostro mondo lo hanno cambiato eccome!

SETLIST:

01.    Addicted to Pain
02.    White Knuckles
03.    Come to Life
04.    Before Tomorrow Comes
05.    Cry of Achilles
06.    Ghost of Days Gone By
07.    Ties That Bind
08.    Waters Rising
09.    Broken Wings
10.    Metalingus
11.    Blackbird
12.    Watch Over You (with Elizabeth “Lzzy” Hale) (Myles Acoustic)
13.    Farther Than the Sun
14.    Lover
15.    Isolation
16.    Open Your Eyes

Encore:

17.    Calm the Fire
18.    Rise Today