Live Report: Bulldozer a Milano

Di Stefano Ricetti - 22 Dicembre 2009 - 0:10
Live Report: Bulldozer a Milano

Milano, “Garage” Prego, sabato 1 dicembre 1990, ore 15.30: ultimo concerto dei Bulldozer della storia, con la band all’apice della propria popolarità. Un ritiro da campioni, assimilabile a quello del pugile Monzon, cioè dal tetto del mondo.

Milano, Magazzini Generali, sabato 19 dicembre 2009, ore 15.30: il primo concerto dei Bulldozer in Italia dopo la reunion, che ha partorito un album convincente come Unexpected Fate.

Passano i lustri e la storia si ripete, a volte. Diciannove anni dopo AC Wild e Andrea “Bull” Panigada tornano fieramente a issare il grandissimo striscione dei Bulldozer dietro la batteria – non più con Erminio Galli o “Don” Andras piuttosto che Rob “Klister” Cabrini ma con un devastante Manu – e a infiammare con uno show al fulmicotone l’audience meneghina, ricettacolo di fan giunti da tutte le latitudini in crisi d’astinenza da “una sana dose di violenza sonora” targata Bulldozer. L’attesa è grande, così come il freddo pungente fuori dal locale con tanto di neve abbarbicata sui tetti della città, imbiancata appena la notte prima. Causa soundcheck ritardato le porte dei Magazzini Generali aprono solamente verso le ore 16, con grande soddisfazione di noi metallari dai piedi ormai congelati. Stoiche e assolutamente da citare, alcune dolci donzelle, in coda con una mise decisamente poco invernale, comunque non sufficiente a raffreddare la Loro passione per il Thrash di Contini&Co.

Il flusso di persone all’entrata scorre lentamente, proprio perché tutti noi in coda abbiamo ben presente il fine benefico del concerto e vanno sbrigate le operazioni di pagamento del biglietto, peraltro a un costo popolarissimo. Soltanto otto Euro per assistere a uno show che si sa da quando è stato annunciato che passerà alla storia, con l’incasso interamente devoluto all’Unicef. Il pubblico è il più eterogeneo: accanto ai vecchi con le stigmate da Garage Prego a segnarne il viso uno stormo di più o meno giovani attirati dalla fama incorruttibile di Andrea Panigada e AC Wild. I due, fin dalle note dell’opener Unexpected Fate, dimostrano di aver sopportato piuttosto degnamente vent’anni in più sul groppone, particolare che li rende assolutamente credibili ancora oggi, caratteristica fondamentale per non ricadere nella sindrome di cover band della stessa band madre, malattia che affligge, fra gli altri, nomi altisonanti dell’hard rock britannico.

AC Wild si presenta in forma smagliante vestito da gran cerimoniere del Metallo con tanto di abito talare nero d’ordinanza mentre Andy “Bull” Panigada inizia agilmente a produrre i primi, massicci, riff che con la voce cavernosa di Alberto costituiscono da sempre il copyright dei Nostri. Certo, passare dalla formazione stile Motorhead classic line-up di tre elementi a quella attuale di cinque probabilmente provoca qualche interrogativo nei più stagionati, abituati a vedere Contini tutt’uno con lo storico basso marchiato AC Milan a dimenarsi fra urla e capelli ribelli coadiuvato al Suo fianco dal solo e fedele Andrea, ma bastano pochi minuti per spazzare d’un colpo anche il più scettico. Le bordate – sapientemente introdotte – si susseguono senza sosta: Use Your Brain – Bastards – Desert e il resto della band risponde alla grande, assistito da un suono possente e ben bilanciato che rende giustizia al muro di fuoco dei milanesi. AC Wild non ha perso un’oncia del Suo carisma e non presenta cali di tensione dall’altro del suo leggio d’acciaio così come “Bull” Panigada dispensa watt a destra e manca, con la naturalezza dei grandi. Accanto all’impeccabile sopraccitato Manu, intento a violentare con perizia le pelli della batteria, la chitarra affidata a Ghiulz dei Faust e il basso di Simone dei Death Mechanism costituiscono gli altri due cilindri pulsanti del Bulldozer-sound, motore sufficientemente oliato per deliziare le orecchie della platea. Certo, qualche fuorigiri scappa, ma questo non è di sicuro il concerto dove si debba dimostrare qualcosa a qualcuno. Quello che conta è risentire dei pezzi che hanno fatto la leggenda dell’HM italiano, ma non solo. Tutto il resto sono balle.

Probabilmente l’orgasmo si ha durante la proposizione della terribile coppia Ilona The Very Best e The Derby ma risulta davvero impresa ardua stabilire il momento clou dello show dal momento che i Bulldozer inanellano una scaletta che propone, nell’ordine: We Are F*****g Italians, Impotence, Minkions, Micro Vip, Exorcism, Cut Throat, Whiskey Time, Aces Of Blasphemy e The Great Deceiver. Chiusura affidata a Willful Death – con il figlio di Alberto alle tastiere – e all’improvvisatissima “Don” Andras, con quest’ultimo, veramente a sorpresa, impegnato a scandire i tempi del pezzo a Lui dedicato, fra gli applausi del pubblico, deliziato da questa inaspettatissima chicca che vede Alberto al basso come ai bei tempi.

Siparietto durante l’annuncio di We Are Italians, quando AC Wild asserisce che è la prima volta che viene eseguita dal vivo e il Marcone nazionale, da più o meno metà pit, gli urla che non è vero, visto che l’hanno eseguita al Metal Forces in Germania qualche settimana prima. Minkions viene dedicata a una band di “classifica” che ha ottenuto il grande successo immeritatamente e, mi pare prima di Willful Death, Alberto ricorda Dario Carria, ex componente dei Bulldozer scomparso nel 1988.

Per chiudere, da segnalare la risposta numerosa del pubblico – una volta tanto -, competente ed entusiasta. Molti degli astanti si sono fermati dopo lo show dei Bulldozer per godersi le varie jam session con i componenti delle seguenti band: Death Mechanism, Nemesis Inferi, Self Disgrace, Torment, Vexed, Ul Mik Longobardeath.

Lo spirito della manifestazione è stato colto in pieno, proprio perché strettamente legato al messaggio principale del disco dei Bulldozer Unexpected Fate, ovvero aiutare tramite Unicef alcuni (dei milioni) di bambini in grosse difficoltà. I fonici hanno lavorato gratis così come il promoter.

Alla fine della serata di una cosa sono certi tutti i presenti: la storia ha fatto tappa in via Pietrasanta 14, e il tempo lo confermerà.


Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

PS: slideshow (o “girandola”) contenente le fantastiche foto dell’amico Luca Bernasconi, fotografo ufficiale della rivista Metal Maniac.

Sito Luca Bernasconi: http://www.lucabernasconi.com/ , sito che fra la fine dell’anno e l’inizio di gennaio 2010 subirà un notevole restyling