Live Report: Cannibal Corpse a Milano (26/02/2013)
CANNIBAL CORPSE
+ DEVILDRIVER + THE BLACK DAHLIA MURDER + HOUR OF PENANCE
26 FEBBRAIO 2013 @ ALCATRAZ, MILANO
Stasera l’Alcatraz è il covo per gli amanti del metal estremo, sangue e pogo violento. Quale band può soddisfare al meglio queste caratteristiche se non i truculenti Cannibal Corpse? Indiscussi portabandiera del brutal death metal statunitense, celebri per testi molto splatter. Accompagnati da uno special guest di tutto rispetto: i potenti DevilDriver, The Black Dahlia Murder e Hour Of Penance.
Rispetto alla manciata di spettatori del 2009, quando si aprono i cancelli c’è già un discreto numero di persone e i fedelissimi si piazzano immediatamente davanti al palco B. Con l’entrata degli italiani Hour Of Penance, i presenti fanno sentire il loro calore, ricambiato dal saluto del cantante chitarrista Giulio Moschini, sulle note di “Sedition Through Scorn”. In attività dal ’99 e dopo diversi cambi di line-up, promuovono il loro quinto lavoro “Sedition” (2012), offrendo un brutal death metal caratterizzato dai riff veloci di Giulio e Paolo Pieri, il basso tonante di Silvano Leone e le pelli tremanti di James Payne, entrati nella formazione l’anno scorso. Il sound è molto corposo e potenziato sempre da Giulio che si dimostra un buon vocalist, imponendosi con un growl cavernoso, alternato a parti in scream. Il pubblico è animato da spintonate, ogni canzone è ben apprezzata e gli applausi non mancano. La band romana con un’esibizione breve, intensa e tecnicamente preparata ha dato la spinta iniziale alla serata.
Set-list
Sedition Through Scorn
Paradogma
Absence Of Truth
Slavery In A Deaf Decay
Ascension
Decimate The Ancestry Of The Only God
Misconception
È il momento dei The Black Dahlia Murder, band nata a Detroit nel 2000 che sfoggia il sesto freschissimo album “Everblack”. Già ben conosciuti nel panorama melodic death metal, sono accolti con entusiasmo e senza troppi complimenti. Attaccano con “A Shrine To Madness” dando subito al pubblico una scossa energica. Anch’essi dimostrano una buona tecnica, le ritmiche taglienti di Brian Eschbach Ryan Knight sono ben incastonate, consolidate dalle linee di basso di Max Lavelle e colorate da soli che apportano velocità e melodia. Alan Cassidy, entrato recentemente nella line-up, è una vera furia dietro le pelli, non perde un colpo e non accenna minimamente a diminuire il tiro. Tutti i membri sono molto coesi e dinamici, ma la presenza scenica è tutta del frontman Trevor Strnad, che brucia calorie saltando per tutto il palco interagendo fortemente con la folla visibilmente aumentata. Dopo i primi pezzi i cori sorgono spontanei, ma il coinvolgimento di Strnad dura fino alla fine come il suo impeccabile alternare di growl e scream cantato in stile deathcore. Canzone dopo canzone il pogo si intensifica e alla fine dello show, concluso con “I Will Return” i The Black Dahlia Murder ricevono sonori applausi decisamente meritati.
Set-list
A Shrine To Madness
Moonlight Equilibrium
Statutory Ape
Miasma
On Stirring Seas Of Salted Blood
What a Horrible Night To Have A Curse
Necropolis
Everithing Went Black
I Will Return
Il livello di aggressività e pesantezza va aumentando, la folla è pronta all’arrivo dei DevilDriver capitanati dal carismatico Dez Fafara che li fondò nel 2003 dopo lo scioglimento del Coal Chamber. Appena si spengono le luci dalla platea si alza il coro «Devil, Devil, Devil, …», partono le dolci note di “End Of The Line”, ultimo minuto di tranquillità dopodiché danno sfogo a tutta la loro cattiveria. Mike Spreitzer e Jeff Kendrick sparano riff micidiali, le teste iniziano a roteare e Dez raschia i timpani con il growl iniziale degno del migliore groove/death. La pressione aumenta notevolmente schiacciando i temerari sulla transenna, scontrandosi col terremotante John Boecklin che pesta piatti e pelli senza pietà, innescando il turbo sul doppio pedale. Il nuovo bassista Chris Towning, entrato l’anno scorso, si dimostra un degno rimpiazzo oltre che ben integrato, girando per il palco affiancando i compagni. Forti di cinque album, la loro miscela di melodic death metal, groove metal e metalcore è sempre una chiave vincente. Dez dà il meglio di sé e oltre che un ottimo vocalist è un grande istigatore di circle pit e wall of death, di cui durante l’esibizione si è perso il conto, inoltre cominciavano spuntare come funghi gli esaltati del crowd surfing. Sicuramente è stata una performance di alto livello come le precedenti volte che li ho visti, la folla è entusiasta e in mezzo a tutto quel delirio non sono mancate camionate di applausi. Che altro dire? Aspettiamo il nuovo album che uscirà quest’anno!
Set-list
End Of The Line
Cry For Me Sky (Eulogy Of The Scorned)
Dead To Rights
These Fighting Words
Head On To Heartache (Let Them Rot)
Not All Who Wander Are Lost
I Could Care Less
Horn Of Betrayal
Hold Back The Day
The Mountain
Clouds Over California
Meet The Wretched
Amanti dell’estremo, siamo giunti al momento cruciale. Mentre si vede sollevare il telone dalla platea giungono urla sguaiate, sia d’incitamento sia di terrore, consapevoli che il massacro finale sta per iniziare. Dominatori della scena brutal death metal dal 1988 e forti del dodicesimo svisceramento “Torture”, i mattatori Cannibal Corpse prendono posizione sullo stage. La tensione cresce a dismisura per poi essere spazzata via da “Demented Aggression”: un dirompente muro di suono travolge gli spettatori e si scatena un pogo infernale. Le chitarre di Rob Barrett e Pat O’Brien diventano delle mitragliatrici di riff e soli devastanti, Alex Webster rimane piegato sul basso insanguinato risaltando sempre per bravura e tecnica, le sue dita viaggiano da un capo all’altro del manico scagliando note granitiche. Eseguono pochi brani dall’ultimo album, per prendere la folla colpi di machete con “I Cum Blood” e “Pit Of Zombies”. La densità umana nelle prime file è insostenibile e il pogo furibondo sembra un vulcano in eruzione, da cui le persone schizzano fuori come lapilli. Gli incessanti circle pit rispecchiano il vortice di capelli del mastodontico frontman George “Corpsegrinder” Fisher, le sue corde vocali sono affilate come lame che scaturiscono un growl disumano, mentre il palco trema sotto la batteria di Paul Mazurkiewicz, che massacra ogni sua parte con violenza innata. Ogni canzone è un miscuglio di membra e di ossa rotte, ma fortunatamente dopo alcuni brani la band si concede un attimo di respiro permettendo alla gente di rimettere assieme i pezzi. Cosa inutile, dato che il colpo di grazia consiste nella terrificante doppietta, “Hammer Smashed Face” e “Stripped, Raped And Strangled”, per la quale il sadico George, goloso di squartamenti, incita il pubblico al wall of death più grande che si possa fare. Ma a questo punto devo aprire una parentesi comica: io, la band e tutti i presenti siamo rimasti allibiti nel vedere alcuni metallari ballare il tormentone ‘gangnam style’ mentre la platea si divideva! Detto questo proseguiamo con il maciullamento finale, come la tradizione Cannibal Corpse vuole. Anche stavolta hanno trasformato un concerto in una carneficina, saziando la loro macabra morbosità splatter e come sempre George scende dal palco a salutare di persona i fan, mentre il resto del gruppo si ritira accompagnato dalle ultime urla dei superstiti.
Set-list
Demented Aggression
Sarcophagic Frenzy
Scourge Of Iron
Disfigured
Evisceration Plague
The Time To Kill Is Now
I Cum Blood
Encased In Concrete
Pit of Zombies
A Skull Full Of Maggots
Priests Of Sodom
Unleashing The Bloodthirsty
Make Them Suffer
Hammer Smashed Face
Stripped, Raped And Strangled
Live report a cura di Giacomo Cerutti