Live Report: Ice Nine Kills + Devil Wears Prada + Creeper @ Alcatraz, Milano – 19/11/2025

Live Report: Ice Nine Kills + Devil Wears Prada + Creeper @ Alcatraz, Milano – 19/11/2025
a cura di Martina L’Insalata

Milano, 19 novembre: mancano 36 giorni a natale. A dirlo è il countdown esposto sulla vetrina di un negozio, già piuttosto addobbato con varie decorazioni a tema. Le luminarie sono già appese, sembra tutto già pronto. La città però non sa che per gente come gli Ice Nine Kills, la stagione dell’orrore è uno stato d’animo e non servirà di certo qualche lucina a fermarli: la band di Boston parte proprio dal nostro Paese per iniziare il The Work Of Art Tour assieme ai Creeper e i Devil Wears Prada, all’Alcatraz.
In cassa biglietti esauriti mentre sul palco i Creeper iniziano a scaldare i motori: direttamente da Southampton, portano in scena una quantità incredibile di riferimenti culturali. Si presentano in giacca di pelle col volto dipinto di sangue su A Shadow Stirs, intro strumentale registrato con la partecipazione di Patricia Morrison, storica bassista dei Sisters Of Mercy, che apre il disco Sanguivore II: Mistress of Death uscito, ovviamente, lo scorso 31 ottobre. A seguire, la title track e Blood Magick (It’s A Ritual), a cavallo tra lo stile anni ottanta dei Ghost e gli assoli di chitarra alla Black Veil Brides.
Will Ghould, voce della band, è un frontman tanto particolare quanto convincente: un po’ post-punk, un po’ Andrew Eldrich combinato a Danzig ma col portamento di Alex Turner e il volto vagamente simile a quello di Oliver Sykes, riesce a conquistare il pubblico tanto quanto la tastierista Hannah Greenwood, che ruba la scena e il microfono su Lovers Led Astray. Continuano con Headstones – punk al punto giusto e Parasite, per poi concludere il set con Cry To Heaven, tornando sui passi del primo Sanguivore.
“Ma come, già finito?” è l’unica reazione possibile a tutto questo. È solo la prima band e sembra di aver già visto degli headliner, nonostante la durata del set. Dopo il cambio palco entrano in scena i Devil Wears Prada: niente trucco, niente teatralità, solo metalcore nudo e crudo. La band di Dayton, Ohio, alterna voce clean e scream divise egregiamente tra Mike Hranica e Jeremy DePoyster: iniziano con Ritual, dall’ultimo disco Flowers uscito proprio la scorsa settimana. Fanno un tuffo nel passato con Danger:Wildman, ai tempi di With Roots Above And Branches, e Outnumbered, dall’EP Zombie, datati rispettivamente 2009 e 2010.
Si ritorna al nuovo disco con So Low, Everybody Knows e For You, più melodiche in contrasto con l’aggressività delle canzoni proposte in precedenza. A seguire, Chemical con un importante outro strumentale finale ma nel momento in cui a chiudere il set è Sacrifice, non c’è ballad strappalacrime che tenga: i Devil Wears Prada salutano il pubblico italiano con un solo ordine, quello di creare un ultimo moshpit, finendo il concerto come si deve per una band di questo calibro.
Secondo cambio palco, l’attesa sembra non finire. Il momento è vicino quando viene posta sul palco l’asta del microfono di Spencer Charnas, uno scheletro dagli occhi rossi minacciosi. In sottofondo, Red Right Hand di Nick Cave and The Bad Seeds la fa da padrone, accompagnando le luci che finalmente si spengono.
Sul palco si accende la tv sul canale Ice Nine Kills: le immagini sono varie, dagli spot pubblicitari ai servizi di tipo più giornalistico, tutti con un comun denominatore, chiaramente il fattore horror. Fanno il loro ingresso due agenti di polizia che scarrozzano qui e là un Hannibal pronto a liberarsi: la band esordisce così su Meat & Greet con qualche problema tecnico sui volumi prontamente risolto. La tv riempie ogni intermezzo tra una canzone e l’altra: immagini blasfeme precedono Funeral Derangements, seguita da Hip To Be Scared: tutti cantano e riprendono i vari siparietti inscenati all’interno delle canzoni, ispirati in questo caso ad altri cult horror come American Psycho e Non aprite quella porta. Su Stabbing in the Dark vediamo un clown, un uomo pronto a sparare rotoli di carta igienica e scene di decapitazione, mentre su Wurst Vacation dei macellai minacciosi si aggirano sul palco.
È tempo poi di atmosfere più serene: c’è spazio anche per una cover metal di Walking On Sunshine di Katrina and the Waves, ed è esattamente come guardare un qualsiasi film di Terrifier, ma meglio: sembra tutto buttato lì per caso, non c’è trama né un filo di coerenza, solo caratteristiche horror tipiche americane, eppure funzionano alla grande fino a creare uno show complesso a livello sonoro e visuale, studiato al dettaglio.
Zombie e cacciatrici si rincorrono su Rainy Day, mentre veniamo catapultati in Matrix su The Great Unknown.
Sparatorie, ballerine in preda a possessioni demoniache: c’è anche questo prima di un’altra cover, The Impression That I Get dei The Mighty Mighty Bosstones, giusto per aggiungere anche un po’ di ska-p alla lista delle cose presenti sul palco. Ma la tv ora dà un servizio sulla Devil’s Night: ecco lì la finestra di Eric Draven e le fiamme de Il Corvo, che accompagnano A Grave Mistake. Nemmeno il tempo di riprendersi da questa ballad che Spencer Charnas è ora un temibilissimo Joker per The Laugh Track. Cosa manca poi all’appello, se non la tipica horror Shower Scene? Pennywise ovviamente, che regala barchette su IT Is The End, ma non prima di Welcome To Horrorwood.
L’encore è affidato a The American Nightmare e il gran finale è tutto di A Work Of Art: non potevano di certo lasciarci senza ospiti, quindi ecco lì Art the Clown a prendersi il proprio momento di gloria con una mannaia in mano. Molto da vedere e tanto altro da ascoltare: gli Ice Nine Kills sono probabilmente la cosa più americana mai vista, ma anche alta espressione dell’ottima combinazione di musica e teatro che ci lascia tornare a casa soddisfatti. Nella loro Horrorwood è sempre Halloween e un po’ anche a Milano: quelle imminenti luminarie natalizie non riusciranno mai a guastare la nostra eterna spooky season.