Thrash

Live Report: Overkill, Killfest Tour 2019 @ Vidia Rock Club, Cesena

Di Marco Donè - 11 Marzo 2019 - 18:10
Live Report: Overkill, Killfest Tour 2019 @ Vidia Rock Club, Cesena

Killfest Tour 2019”, tre parole per descrivere uno degli eventi più attesi dalla comunità metallica europea. Con questo tour, infatti, i leggendari thrasher americani Overkill porteranno on the road le canzoni del terremotante “The Wings of War”, diciannovesimo full length di BobbyBlitz” e compagni, pubblicato nella seconda metà di febbraio. Come compagni di avventura, la band del New Jersey potrà contare su nomi di altissimo livello, come gli altrettanto leggendari Destruction e i seminali Flotsam and Jetsam, da poco tornati in scena con il nuovo e adrenalinico “The End of Chaos”. Un trittico di assoluto valore, che ha reso questa tournée imperdibile per ogni metalhead che si rispetti e che, in un certo senso, omaggia l’Italia, visto che la prima tappa europea è proprio la nostra Bologna. Se poi consideriamo che ad aprire le danze del “Killfest Tour 2019” saranno i greci Chronosphere, una delle band di punta dell’italianissima Punishment 18 Records, la soddisfazione aumenta ulteriormente.

 

L’appuntamento è fissato, quindi; segnato in rosso sul calendario: otto marzo 2019, Zona Roveri, Bologna. Ma come spesso accade nel nostro bel paese, succede l’imprevisto: la sera del sette marzo, la sera prima del concerto, viene diffuso un comunicato in cui si spiega che, a causa di una diffida inviata dalla questura di Bologna, l’evento è stato spostato al Vidia Rock Club di Cesena, portandosi dietro tutta una serie di polemiche, di cui però non parleremo qui. In questa sede ci concentreremo solo sulla musica. Che il racconto abbia inizio, quindi.

 

Live Report a cura di Marco Donè

 

 

CHRONOSPHERE

 

Con un ampio ritardo rispetto alla scaletta originale, verso le 21:00, i Chronosphere fanno il loro ingresso in scena. L’affluenza è già di tutto rispetto, segno inequivocabile di come questa data fosse sentita dalla comunità metallica. Ai cancelli la coda è lunghissima, aspetto che non ci permetterà di entrare in tempo per assistere al concerto dei quattro greci dall’inizio. Faremo nostre solamente le ultime tre canzoni, potendo immediatamente notare, però, come sotto il palco i Nostri stiano ottenendo un’ottima risposta, segno che il nome Chronosphere sta balzando sempre più in alto, conquistando sempre più consensi. I quattro suonano con precisione, sfoggiando tutto l’assalto frontale del proprio guitarwork. Va detto, però, che sullo stage i Nostri non si presentano con la solita cattiveria e carica. Forse ci sarà un po’ di timore reverenziale nei confronti dei nomi che si esibiranno dopo di loro, forse sarà perché è la prima data del tour, ma di solito i quattro greci sfoderano più energia. Poco importa, sotto il palco di energia ce n’è, eccome se ce n’è. I Chronosphere chiudono il set con il loro classico ‘Brutal Decay’ e con ‘Ace of Spades’, omaggio a Lemmy e ai Motorhead, che scalda ulteriormente gli animi. A fine concerto avremo modo di sentire alcuni commenti in merito alla decisione di chiudere con ‘Ace of Spades’, ritenuta una scelta ruffiana e poco originale; meglio avrebbero fatto a proporre un loro pezzo anziché puntare su una cover. Noi non siamo dello stesso avviso. Vedendo l’importanza della data, il compito dei Chronosphere era di aumentare i propri consensi, farsi conoscere a chi ancora non li conosceva e, ovviamente, scaldare la già numerosa platea. Beh, i pezzi loro li hanno proposti e hanno regalato ulteriore adrenalina inserendo un classico della musica dura, svolgendo il loro compito nel migliore dei modi. Che dire, quindi, missione compiuta. Non possiamo che promuovere i quattro giovani greci.

 

FLOTSAM AND JETSAM

 

Dopo un rapido cambio palco arriva il turno di una delle leggende del metallo americano, quei Flotsam and Jetsam che, almeno per il sottoscritto, nel corso degli anni hanno ottenuto molto meno di quanto realmente spettasse loro. “The End of Chaos”, quattordicesimo full length griffato Flotsam and Jetsam, è uscito a inizio anno, a gennaio, e si è subito rivelato come uno dei candidati a entrare nella top ten di questo 2019, regalandoci una formazione in forma smagliante. La prova del nove non poteva che essere la dimensione live. I Nostri comprendono l’importanza del momento e salgono sul palco carichi, con tanta sicurezza nei propri mezzi. L’inizio è da brividi, con quella ‘Prisoner of Time’ che apre l’ultimo “The End of Chaos”. I suoni non sono curatissimi, ma siamo alla seconda band della serata, e in queste situazioni si sa, chi suona prima risulta sempre un po’ penalizzato. Nonostante questo, però, i Flotsam and Jetsam appaiono in forma strepitosa, suonano con precisione le proprie parti, con alle pelli un Ken Mary sugli scudi. I Nostri propongono un set breve, forse ridotto a causa del ritardo, proponendo due tracce dal nuovo “The End of Chaos”, ‘Iron Maiden’ da “Flotsam and Jetsam” del 2016, e alcuni classici immortali che arrivano direttamente dagli anni Ottanta, come ‘Hammerhead’ e ‘Desecrator’. La band si muove sul palco con esperienza, i Nostri si scambiano le posizioni con mosse studiate, coinvolgendo il pubblico e non lasciando nulla al caso. Affascinante la presenza scenica del cantante Eric A.K. che, forse per evitare di ritrovarsi senza fiato, cammina sul palco, sfoggiando convinzione e cattiveria, per poi regalare massicce dosi di adrenalina cantando con enfasi, con il piede sulla cassa spia, riuscendo così ad avere il pubblico in suo pugno. La prova al microfono, poi, è senza punti deboli. L’alternarsi tra pezzi nuovi e vecchi, inoltre, evidenzia come la band si sia evoluta nel corso del tempo, partendo da canzoni tipicamente thrash degli eighties, a quelle più melodiche e di stampo thrashy dei giorni nostri. Poco importa, pezzi nuovi o vecchi, sotto il palco la calorosa reazione dei presenti non cambia. L’apice, però, viene raggiunto in chiusura di show, quando i Nostri propongono la terremotante ‘No Place For Disgrace’. Il concerto finisce qui, breve ma intenso. I Flotsam and Jetsam ricevono il giusto plauso e salutano il pubblico. Considerando lo stato di forma, da rivedere assolutamente dal vivo, magari in uno show tutto loro.

 

DESTRUCTION

 

Devo essere sincero, ero molto curioso di assistere allo show dei teutonici Destruction. Due i motivi che hanno mosso la mia curiosità: il primo è sicuramente l’ingresso in formazione del secondo chitarrista Damir Eskić, che trasforma i Destruction in quartetto. Una band che per anni è stata abituata a esibirsi come terzetto, come si comporterà ora sul palco? I suoi meccanismi ne risentiranno? Ma quello che mi premeva maggiormente era vedere la reazione del pubblico all’ingresso in scena di Schmier e compagni. In una delle ultime calate italiche i “tedesconi” erano stati coinvolti in alcune polemiche non proprio felici, che avevano portato all’allontanamento di un membro della crew per dei messaggi social discutibili. Beh, bastano le note iniziale del loro show per rispondere a questi due quesiti. I Destruction vanno sul sicuro e aprono il loro set con la seminale ‘Curse the Gods’. Le prime file danno subito vita a un pogo forsennato e sul palco i quattro macinano violenza con una semplicità innata. La scaletta è di quelle pensate con l’intento di generare un autentico massacro tra il pubblico. Vengono pescati a piene mani canzoni dai dischi degli anni Ottanta, come ‘Mad Butcher’ e ‘Release from Agony’, alternandole a mazzate più recenti, come l’assassina ‘Nailed to the Cross’, ‘Thrash ‘till Death’ e ‘Under Attack’. Con i Destruction i suoni risultano più curati e i due nuovi innesti, Randy Black alla batteria, entrato in formazione nel 2018, e il neoacquisto Damir Eskić, sembrano essersi integrati alla perfezione nei meccanismi della band; a vederli sul palco è come se fossero in formazione da anni. Anzi, il loro ingresso sembra aver donato nuova energia al gruppo, fattore che si può notare sia dall’esecuzione dei pezzi, che sembrano quasi ottenere maggior tiro, che dall’impatto visivo. Essendo ora un quartetto, infatti, i Nostri riescono a occupare in maniera più efficace il palco, in ogni frangente. E se avevamo qualche dubbio sull’accoglienza del pubblico dopo le recenti polemiche, beh, possiamo dire che la risposta del Vidia è stata trionfale, con le prime file tramutate in un’autentica bolgia. Lo show si chiude con ‘Bestial Invasion’. Un’ora scarsa di massacro puro. I Destruction salutano il pubblico e ricevono il meritato plauso. Poc’altro da dire, fino a questo momento i migliori della serata.

 

OVERKILL

 

Dopo un cambio palco più sostanzioso, che serve a liberarlo dalla seconda batteria usata dai primi tre gruppi, verso mezzanotte sono pronti a entrare in scena gli headliner della serata: gli Overkill. La band capitanata dal duo D.D. Verni e Bobby “Blitz” Ellsworth dal 2010 sta vivendo una sorta di seconda giovinezza, inanellando una serie di dischi di pregevole fattura, che ne hanno aumentato di volta in volta il successo, tanto che l’ultimo “The Wings of War” è riuscito a entrare al quinto posto delle charts tedesche e a scalare altre classifiche europee. Va detto che salire sul palco dopo la prestazione dei Destruction non è assolutamente cosa facile, vedremo come se la caveranno i cinque americani. Come da copione i Nostri partono in quinta con ‘Last Man Standing’, una delle tracce più convincenti di “The Wings of War”. Gli Overkill sono carichi come molle, guidati da quel frontman di classe che è Bobby “Blitz”. Basta un suo semplice gesto e il pubblico risponde con un autentico tripudio. I suoni sono i migliori della serata e la scaletta scelta è di quelle spezzacollo, carica di autentiche frustate che rendono omaggio a quasi tutta la discografia della band. Si susseguono canzoni del calibro di ‘Elimination’, ‘Bastard Nation’, ‘Deny the Cross’, ‘Necroshine’, ‘Mean, Green, Killing Machine’ e ‘Feel the Fire’, per la gioia di un Vidia ormai stracolmo di gente, diventato un vero e proprio girone infernale visto il trasporto con cui il pubblico risponde all’autentico massacro messo in atto dagli Overkill. Poco importa se qua e là affiorano delle piccole imprecisioni di esecuzione, la platea è letteralmente in pugno ai cinque americani. Come dicevamo, Bobby “Blitz” si conferma frontman di classe, un vero animale da palco, autentico trascinatore di un pubblico che è letteralmente ai suoi piedi. Bobby, inoltre, sembra avere un po’ il dente avvelenato con quanto successo la sera prima, con quella diffida arrivata dalla questura di Bologna. A più riprese, infatti, con un mezzo sorriso, chiederà ai presenti «This is not Bologna?», creando un piccolo e divertente sketch con i fan presenti al Vidia. Gli Overkill chiudono la prima parte del loro set con la seminale ‘Rotten to the Core’, facendo letteralmente esplodere l’intero locale. Il quintetto rientra subito nel backstage e, come da tradizione, viene chiamato a gran voce dal pubblico. I Nostri si fanno attendere un attimo, giusto per aumentare la fame di thrash dei presenti, e rientrano sparando un’altra cartuccia infernale, una certa ‘Ironbound’, che mette ulteriormente a ferro e fuoco l’atmosfera del Vidia. Lo show si chiude con una piccola chicca, con quella ‘Fuck You’ che vedrà un tripudio di dita medie al cielo tra il pubblico e poi con ‘Welcome to the Garden State’ pescata dall’ultimo “The Wings of War”. Ora siamo giunti veramente alla fine, l’ora è tarda, è circa l’1:30 e un pubblico stanco, provato, ma soddisfatto e carico di adrenalina omaggia una band che ha dato anima e corpo sul palco.

 

CONCLUSIONI

 

Serata emozionante quella andata in scena al Vidia Rock Club di Cesena, locale che si è dimostrato all’altezza dell’occasione, pronto a ospitare altre tournée di spessore come quella andata in scena l’otto marzo. Nota assolutamente positiva è l’affluenza al concerto, un pubblico che ha praticamente riempito il locale, dimostrando come il popolo del metallo pesante sia più vivo che mai. Una data che è riuscita a coinvolgere fasce di età diverse, da chi ha vissuto gli anni Ottanta, a metalhead sicuramente più giovani. Ci auguriamo che una tale risposta e coinvolgimento possa arrivare anche per appuntamenti che vedranno protagonisti i nomi nuovi, in ascesa, per garantire e supportare l’indispensabile ricambio generazionale di cui la nostra musica preferita ha bisogno. Della prestazione delle band abbiamo parlato in maniera approfondita, possiamo però dire che ci siamo trovati al cospetto di quattro formazioni in palla, con i Chronosphere forse vittima di un po’ di timore reverenziale, i Flotsam and Jetsam che avrebbero meritato più spazio, e Destruction e Overkill che si sono rivelati due autentiche macchine da guerra. Da sottolineare il fatto che gli Overkill non abbiano proposto nessuna traccia da quel capolavoro intitolato “Horrorscope” ma, come raccontato, possiamo dire che il pubblico del Vidia sia stato ugualmente preso a frustate. Serata da incorniciare.

 

Marco Donè