Live Report: Pain of Salvation a Bologna, Roma e Milano

Di Damiano Fiamin - 17 Aprile 2013 - 10:00
Live Report: Pain of Salvation a Bologna, Roma e Milano

Direttamente dalla Svezia, giungono in Italia i Pain of Salvation, accompagnati per l’occasione da Anneke van Giersbergen, famosa tanto per la sua militanza con i The Gathering quanto per i suoi progetti solisti, e i giovani Árstíðir, giovane gruppo folk islandese. Questa volta, Gildenlöw e compagni hanno deciso di lanciarsi in un esperimento musicale e realizzare una serie di show completamente ascustici. La redazione di TrueMetal è rimasta intrigata ed ha deciso di presenziare a tutte e tre le date italiane del tour. Risultato? Continuate a leggere per scoprirlo!

 

Pain of Salvation + Anneke van Giersbergen + Árstíðir @ Estragon (Bologna) – 10/04/2013

Report e foto a cura di Filippo Peruz

 

Fin dall’ingresso all’Estragon di Bologna, è stato chiaro a tutti che, nonostante gli headliner fossero i Pain of Salvation, storica band prog metal svedese, il concerto della serata non sarebbe stato il classico concerto metal. Sebbene specificato che il tour fosse prettamente acustico, probabilmente nessuno si aspettava di trovare sul palco un elegantissimo salottino anni ’70, completo di poltroncine, divano in pelle, lampade e le immancabili carte da parati tipiche di quel periodo (senza dimenticare il poster di Hendrix al muro e il paravento di Audrey Hepburn).

Ben prima dell’inizio del concerto, ecco apparire quasi a sorpresa Daniel Gildenlöw, frontman dei PoS e, per l’occasione, padrone di casa. Dopo essersi accomodato su una delle poltrone in prima fila, comincia una rilassatissima chiacchierata con il pubblico per cercare di capire quanti tra i presenti, abbiano effettivamente vissuto sulla propria pelle gli anni 70.

Dopo qualche minuto ecco suonare il campanello di casa. E a entrare in casa sono i componenti del primo gruppo della serata, gli islandesi Árstíðir che con Daniel alla voce, aprono le danze con Road Salt, in una toccante versione accompagnata da violino, violoncello e chitarra. Dopo il saluto di Daniel, gli Árstíðir continuano quindi con il loro concerto. Armonie eteree e minimaliste che aiutano a farci sentire a nostro agio in questo magnifico salottino retrò. Dopo alcune canzoni ecco apparire sul palco Anneke Van Giersbergen per cantare assieme a loro.

Finito il concertodegli Árstíðir, ecco quindi il momento dell’olandese Anneke, ex The Gathering. Con la sua straordinaria voce e il suo meraviglioso sorriso e allegria, propone alcune canzoni della sua recente carriera da solista (su tutte le dolcissime “Beautiful One” e “Circles”), un pezzo dei The Gathering (“Locked Away”) e alcune cover, come “Time After Time” di Cyndi Lauper e la conclusiva “All I Want Is You” degli U2.

Dopo una mezz’ora di pausa ecco finalmente il momento dell’arrivo in casa dei Pain of Salvation. Accompagnati da Roger Öjersson alla chitarra, new entry per questo tour acustico, i PoS riescono a farci veramente sentire nell’intimità di casa loro, con una spensieratezza e un calore tipici dei favolosi anni ‘70. Sembra veramente infatti di essere a casa di amici, ad ascoltare bella musica, senza pensieri per la testa, bevendo una birra in compagnia.

Dopo una scaletta composta da pezzi estratti da tutti gli album della discografia della band (come “Iter Impius”, “Falling Home”, “To The Shoreline”, “Second Love” o “Ashes” per citarne alcune tra le tante proposte)  veramente meravigliosi in questa versione acustica, è poi il momento di una cover di “Perfect Day” di Lou Reed e successivamente di uno straordinario duetto con Anneke per poi giungere alla conclusione. I PoS escono tra gli applausi ma vengono subito acclamati dal pubblico che li richiama a gran voce ad uscire nuovamente.
Dopo qualche minuto ecco riapparire Daniel, ufficialmente solo per riprendere le chiavi di casa dimenticate su uno dei tavolini ma “costretto” a riprendere la chitarra in mano per accontentare il pubblico… ed è così che si riparte con la cover di “Dust in The Wind” dei Kansas e si finisce con “Chain Sling” e l’attesissima e azzeccatissima, vista la serata, “1979”, conclusa con uno straordinario coro composto da tutti gli artisti dello show riuniti per questo splendido finale, dopo più di 3 ore di meravigliosa musica.

 

Pain of Salvation + Anneke van Giersbergen + Árstíðir @ Orion (Roma) – 11/04/2013

Report a cura di Damiano Fiamin
Foto a cura di Francesco Sorricaro

 

Ogni tanto, ci capitano degli avvenimenti inspiegabili. Eventi strani, imponderabili, che ci lasciano pensosi e meditabondi per i giorni successivi. Per quanto mi riguarda, il concerto acustico dei Pain of Salvation è stato uno di quegli eventi.

Che nell’aria ci fosse qualcosa di inusuale, era intuibile già analizzando le premesse: in un orario più consono a un aperitivo che a un concerto, i primi spettatori si sono trovati davanti una scenografia che pareva essere stata presa di peso da un catalogo Ikea degli anni ’70: una finta stanza con tanto di divanetti e librerie vintage, sapientemente sparsi per la stanza in modo da fungere da contraltare a un numero imprecisato di chitarre acustiche, una selezione che avrebbe di certo catturato tutta l’attenzione di un eventuale liutaio di passaggio.

Il motivo di questo allestimento è stato presto spiegato da Daniel Gildenlöw; il frontman dei Pain of Salvation, infatti, sale sul palco entrando dalla “porta” di casa, condendo il suo arrivo con una piccola recita in cui, tra effetti sonori, frizzi e lazzi, spiega come lui e i suoi colleghi abbiano voluto ricreare un’atmosfera informale, propria di un incontro tra amici, in cui suonare e divertirsi con il pubblico. A dar credito alle sue parole, ecco che, come in un episodio delle migliori sit-com statunitensi, fanno capolino gli Árstíðir.

Árstíðir
Mancano solo le risate registrate ad accogliere il biondissimo combo islandese, che sale sul palco ustionato dal sole di Roma. Dopo le dovute (e pacate) presentazioni di rito, i sei ragazzi cominciano a intessere le loro magiche melodie. I brani proposti dal gruppo sono dei frammenti suggestivi e ipnotici, che scivolano via mesmerizzando l’ascoltatore e portandolo con la mente in terre lontane. Folk che più folk non si può, i nostri hanno preso la decisione di rendersi ancora più misteriosi utilizzando la propria lingua madre per comporre i testi dei brani. Il quadro complessivo è straniante e alterna momenti di pura trance estatica ad altri di viscoso tedio, un’emozione allucinante paragonabile all’attesa di un autobus sotto il sole nel primo pomeriggio di Ferragosto. Bizzarra e affascinante, la musica degli isolani lascia di certo spiazzati quanti non li avevano mai sentiti nominare.

Come già accennato, il concerto ha un carattere di convivialità: i gruppi partecipanti hanno una struttura fluida e capita sovente che musicisti provenienti da un’altra formazione accompagnino i componenti di un’altra band. Insieme agli Árstíðir si alternano sia Gildenlöw che Anneke van Giersbergen che, lasciandosi trasportare dalle chitarre e dagli archi, impreziosiscono la performance e contribuiscono a riscaldare il pubblico.

Anneke van Giersbergen
Se già gli Árstíðir avevano ricevuto una buona accoglienza, l’arrivo di Anneke van Giersbergen fa tremare le pareti. I presenti, che vanno a mano a mano aumentando, esplodono in un boato mentre la cantante olandese, accompagnata solamente dalla sua chitarra, comincia ad accarezzare le orecchie degli astanti, profondendosi in melodie suadenti provenienti dal suo vasto repertorio. Nessuno dei fan dell’ex cantante dei The Gathering può ritenersi insoddisfatto, la scaletta attinge sia al periodo con la band, sia ai suoi numerosi progetti solisti, in una miscela di brani originali e cover davvero azzeccata.

Bisogna ammettere che la connotazione acustica è davvero congeniale ad Anneke e alla sua voce; le note scivolano lente e armoniose, le parole hanno un timbro caldo e sensuale, che intriga l’ascoltatore e lo inchioda al suo posto. E i paganti sono davvero inchiodati al suolo: durante la prima parte del concerto, quasi non vola una mosca, il rapimento è tale che i presenti vengono scossi dalla propria immobilità solo tra un pezzo e l’altro quando gli applausi scrosciano generosi, resi ancora più fragorosi dalla pacatezza della musica appena interrotta.
Anche Anneke gioca la carta della collaborazione e lascia che sul palco insieme a lei salgano i suoi compagni di tour, realizzando quello scambio artistico che era stato posto come base del concerto stesso. Bisogna ammettere, però, che la presenza dell’olandese è alquanto ingombrante e i suoi comprimari stentano, forse volutamente, a ritagliarsi un posto alla luce dei riflettori.

Al termine della sua esibizione, la cantante annuncia una pausa nel concerto e lascia i presenti liberi di sgranchirsi, rifocillarsi e prepararsi al piatto forte della serata: i Pain of Salvation.

Pain of Salvation
Come durante uno spettacolo teatrale, gli spettatori tornano ad assieparsi davanti al palcoscenico alla fine dell’intervallo. Il secondo tempo inizia come il primo, con Daniel che fa gli onori di casa nel suo fittizio monolocale prima di dare il via all’esibizione vera e propria.
Bastano pochi pezzi, però, per capire che l’ultima parte dello show prenderà una direzione decisamente diversa rispetto alla precedente: i pezzi, infatti, sono molto più tirati e vigorosi e, pur mantenendo la dimensione acustica propria del concerto, si accantona quell’atmosfera introspettiva e sognante che aveva caratterizzato le performance di Anneke e degli Árstíðir.

Il pubblico, soprattutto quello femminile, si scatena e, brano dopo brano, accompagna la band battendo le mani, cantando e riversando tutta la propria energia sul gruppo che, da parte sua, è ben contento di ricambiare. L’esibizione procede senza intoppi, la qualità è buona sia per quanto riguarda la resa sonora degli strumenti che per la voce. Dopo l’istrionismo iniziale, il frontman dei PoS non abbandona la strada dell’interazione con i propri fan, introducendo con grande dovizia di particolari ogni brano, raccontando storie sulla sua genesi e, generalmente, rafforzando quell’idea di condivisione prospettata all’inizio della serata. Alla fine, l’abbattimento della quarta parete contribuisce a unire chi suona sul palco con chi si trova; l’esperimento musicale non è di certo innovativo ma, bisogna ammetterlo, è di certo riuscito. Ben pochi saranno rimasti indifferenti, riuscendo a resistere alla presenza scenica di Gildenlöw e soci.

Indubbiamene, il cantante ha giocato molto sul suo carisma, risucchiando l’attenzione dei presenti su di sé e facendo in modo che fosse proprio la sua persona a diventare il centro dello spettacolo. Un mistero rimane insoluto: per quale motivo l’instancabile vocalist ha sentito la necessità di cambiare una chitarra a ogni pezzo? Forse, l’acustica del locale non mi ha permesso di apprezzarne le sottili differenze o, forse, mi sfugge un qualche sottile simbolismo nascosto in quest’emorragia di sei corde. In ogni caso, tra gioviali ammiccamenti e incitamenti subliminali, il tempo corre velocissimo; complice una scaletta ben programmata, lo show fluisce rapidissimo e finisce prima che chiunque cominci ad accusare segni di stanchezza.
Alla fine, com’era prevedibile, arriva la jam finale in cui confluiscono tutti i partecipanti, in un tripudio generale che suggella l’epilogo del concerto dell’Orion.

Come accennavo nell’introduzione, questo concerto è stato quanto meno peculiare. Visto che almeno due terzi dei musicisti affondano le proprie radici nel metal, la scelta di realizzare un’intera esibizione in acustico è stata decisamente audace; ovviamente, era una scelta dichiarata e quanti si sono presentati nel tardo pomeriggio all’Orion sapevano a cosa sarebbero andati incontro. Forse, sarebbe stato il caso di distribuire un po’ più uniformemente l’adrenalina durante uno show che, a conti fatti, si è sviluppato seguendo blocchi stilistici uniformi. Nonostante alcune perplessità, però, gli spettatori si sono divertiti per tutta la durata del concerto; l’esperimento di Gildenlöw, col senno di poi, può dirsi riuscito. L’atmosfera da Casa Vianello si è rivelata simpatica anche se, ogni tanto, le battute recitate dai protagonisti erano tanto forzate quanto agghiaccianti. Unica controindicazione a uno show del genere? Nei giorni successivi, è stata necessaria una cura a base di Manowar e death metal per riprendersi dallo shock.
 

Pain of Salvation + Anneke van Giersbergen + Árstíðir @ Magazzini Generali (Milano) – 12/04/2013

Report a cura di Luca Cardani

12 Aprile 2013, ultima tappa italiana del tour che vede impegnati gli svedesi Pain Of Salvation, una delle band più acclamate in ambito prog metal, in veste acustica completamente inedita sul palco dei Magazzini Generali di Milano. Ad affiancare l’eclettico Gildenlow in questa tiepida serata primaverile, oltre che nel particolare percorso musicale, ci sono Anneke van Giersbergen (ex The Gathering, Agua de Annique), e gli islandesi Arstidir.

Il palco è allestito in maniera geniale, come un salotto degli 50/60 dove spiccano un paravento con la foto in bianco e nero di Audry Hepburn e un poster gigante di Hendrix e con un lungo divano in pelle sul lato destro e delle poltrone al centro, e con pareti ricoperte da carta da parati. Ed è in questo confortevole ambiente che Gildenlow, già presente sul palco, sembra quasi invitare il pubblico a mettersi comodo per poter prendere parte alla serata che sta per iniziare.

Arstidir
Chiamati sul palco dal Daniel, fanno la loro comparsa per la prima volta a Milano i sei componenti degli Arstidir, acoustic-vocal band fondata nel 2008 a Reykjavík con all’attivo due full – length e un ep, pronti ad accompagnare lo stesso Gildenlow nell’esecuzione di “Road Salt”, meglio di così non si poteva iniziare. Lasciati sul palco da soli, è tempo per questi musicisti di avvolgere il pubblico con il loro sound, un misto ben equilibrato tra progressive rock, indie, musica classica e folk islandese, cui va aggiunto l’ampio spettro vocale proposto da tutti i membri della band, che trasmette magiche visioni di un terra lontana. A metà della loro esibizione si presenta sul palco Anneke van Giersbergen, per l’esecuzione di “Everwake”, cover degli Anathema, miele per le orecchie dei presenti, oltre che a segnare una costante della serata come la grande interattività tra i vari artisti. La mezz’ora di esibizione si conclude con meritati appalusi e con la convinzione di avere scoperto una band dal radioso futuro.

Anneke van Giersbergen
Senza un attimo di pausa, è tempo per la ex singer dei The Gathering di imbracciare la sua chitarra acustica, e deliziare ancora il pubblico con l’armonia della sua voce, iniziando proprio con un brano della band che l’ha portata alla ribalta internazionale “My Electricity”, seguita da due canzoni d’amore degli Agua de Annique annunciate scherzando con estrema semplicità con il pubblico “4 Years”, che vede la compartecipazione del violinista e violoncellista degli Arstidir, e “Yalin”, alle quali il pubblico risponde con applausi incessanti, verso una sorridente e quasi emozionata Anneke. Sempre gli Arstirdir, ma questa volta con due chitarre su tre, accorrono in aiuto della bella cantante sulle note di “Time After Time”di Cyndi Lauper, segnando così un bel tuffo nel passato. “Beautiful One”, “Locked Away” e “Circles”, si susseguono rapidamente e tutte ampiamente apprezzate dalla platea che ne vorrebbe di più, ma con “Drowning Man”degli U2, questa speldida quarantenne si congeda dal pubblico completamente rapito dalla sua esibizione.

Setlist
1)    My Electricity  (The Gathering)
2)    4 Years  (Agua de Annique)
3)    Yalin  (Agua de Annique)
4)    Time After Time  (cover Cyndi Lauper)
5)    Beautiful One  (Agua de Annique)
6)    Locked Away  (The Gathering)
7)    Circles 
8)    Drowning Man  (cover U2)

Pain Of Salvation
Mezz’ora di pausa, giusto in tempo per vedere che a Milano alle 20:00 di sera il sole splende ancora nel cielo, ed è tempo del piatto forte della serata. Daniel Gildenlow in canottiera gialla e Ragnar Zolberg in canottiera bianca, impugnano le rispettive chitarre e seduti in poltrona in mezzo a palco introducono, cantando in coro, un pezzo nuovo “Falling Home”, pochi minuti che bastano a incendiare un pubblico  ancora non domo dei precedenti spettacoli, e con la successiva “Diffidentia” che porta sul palco i rimanenti membri della band che diligentemente prendono posizione accolti dagli applausi della platea. Per “Ashes”, Daniel decide di concedersi un’atmosfera più intima, spegnendo tutte le luci del palco, e lasciando accesa solamente quella di una vecchia e fioca lampada da salotto posta al lato del divano, dove prende comodamente posto per questa performance da pelle d’oca, alla quale segue il duetto con Anneke van Giersbergen sulla cover di Kriss Kristofferson “Help Me Make It Trough The Night”, su un palco tornato alla giusta luminosità. E se qualcuno pensa che suonare in acustico, avvantaggiando la melodia a discapito della tecnica, non può che ricredersi quando in omaggio a Ronnie James Dio viene annunciata “Holy Diver”, dove nel giro di cinque minuti si passa dallo swing, al reggae per finire con il jazz, e ritornare allo swing nella seguente “Stress”. La genialità di “Disco Queen” colpisce anche in questa versione, e visto che questo “is a really unplugged live”, non manca qualche inconveniente tecnico alla chitarra di Daniel prontamente sistemata dal tecnico presente sul palco, e dopo un breve scambio di battute con il batterista Leo Margarit sulle sue passate pene d’amore, è tempo di “Second Love”, emozionante.

Le risate riempiono il locale quando su “Iter Impius”, Daniel interrompe l’esecuzione in quanto alle sue spalle sente un continuo e presunto tic-tac, e dal fondo qualcuno grida “cambia pusher”, che viene ripresa subito dopo e portata a termine con successo, come tutti i pezzi suonati finora. “Spitfall” e “The Perfect Element” chiudono la prima parte del concerto. Infatti pochi minuti dopo è tempo di encore con “Dust In The Wind” dei Kansas, seguita dalla bellissima “Chain Sling” che ben si presta a sonorità acustiche, per finire e congedarsi dal pubblico  con “1979” accompagnato all’inizio dal violino e dal violoncello degli Arstidir, e sul finale dai rimanenti componenti della band islandese e da Anneke per i cori finali, oltre che per accogliere i giusti tributi che il pubblico sviscera per una serata di ottima musica, proposta da artisti con la A maiuscola. Peccato che il concerto sia finito alle ore 22:00, le centocinquanta persone presenti avrebbero di certo gradito un’altra ora di spettacolo.

Setlist
01)    Falling Home
02)    Diffidentia  
03)    Linoleum  
04)    Ashes  
05)    Help Me Make It Through The Night  (cover Kris Kristofferson)
06)    To the Shoreline  
07)    Holy Diver  (cover Dio) (Swing/Reggae/Jazz version)
08)    Stress  (Swing version)
09)    Disco Queen  
10)Second Love  
11) Iter Impius  
12) Spitfall  
13)The Perfect Element  

Encore:
14)    Dust in the Wind  (Kansas cover)
15)    Chain Sling  
16)    1979  (con Árstíðir e Anneke van Giersbergen)