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Live Report: Rock the Castle – 29/30 giugno / 1 luglio 2018

Di Davide Sciaky - 4 Luglio 2018 - 9:08
Live Report: Rock the Castle – 29/30 giugno / 1 luglio 2018

Il secondo giorno di Rock the Castle è una sorta di Clash of the Titans della nostra epoca, il sogno bagnato di chi era troppo giovane per il tour originale o in generale di chi ama il Thrash Metal.
Una lineup terremotante che a grupponi come Megadeth, Testament ed Exodus va ad aggiungere un gruppo più di culto come gli Exhorder, maestri del Thrash provenienti da questo lato dell’Atlantico, Sodom e Destruction, e anche gli Extrema a rappresentanza del nostro Paese.
A differenza del primo giorno questo attira un pubblico molto maggiore che riempie un po’ più di metà Castello, probabilmente arrivando circa ai 5000 spettatori.

 

Xaon

Il secondo giorno di festival si apre con gli Xeon, giovane gruppo svizzero – un EP ed un album all’attivo – dedito ad un piacevole Symphonic Death.
Come ho scritto sopra non sarebbe stata un’idea malvagia invertire loro con i Game Over in modo da avere questo secondo giorno completamente dedicato al Thrash, ma il concerto intrattiene comunque piacevolmente.
I pezzi suonati sono tutti tratti dell’album di debutto uscito l’anno scorso, “The Drift”, e il pubblico sembra apprezzare: pugni al cielo, scapocciate, il pubblico non è ancora numerosissimo ma ci sono certo molti più presenti che all’inizio del primo giorno.
Nei 25 minuti a loro disposizione gli svizzeri riescono a scaldare la situazione, già rovente atmosfericamente, e a far partire bene questa seconda giornata.

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Extrema           

Si comincia col Thrash con una delle band Thrash più longeve e amate d’Italia, gli Extrema.
A meno di un anno dall’ingresso del nuovo cantante, Tiziano Spigno, per molti probabilmente è un’incognita se la nuova voce sarà in grado di reggere il confronto con lo storico vocalist GL Perotti: i dubbi trovano una risposta rapidamente, Tiziano è bravo, molto bravo.
Poche parole, tanti fatti, la band sfrutta il poco tempo a disposizione per suonare ben sette pezzi (in 25 minuti) senza tanti indugi.
Per l’occasione il gruppo suona per la prima volta ‘Headbanging Forever’ che sarà la title-track del nuovo album dedicandola a Toni Soddu, stage manager italiano recentemente scomparso.
Alla fine del concerto, arrivata anche troppo presto, tutti i presenti sono convinti della bontà della nuova formazione che si conferma ignorante il giusto, perfetta per scaldare gli animi all’inizio di questa giornata dedita al devasto.

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Exhorder

Un’esibizione inaspettata, sicuramente apprezzatissima da chi li conosce, quella degli Exhorder che per la prima volta arrivano a suonare in Italia.
Band di culto, considerati tra i padri del Groove Metal, dopo lo scioglimento nel 1994 e un’altra breve reunion durata dal 2008 al 2011 si sono riformati nuovamente l’anno scorso.
Durante lo spettacolo parte il primo pogo della giornata mentre gli Exhorder suonano pezzoni come ‘The Law’ e ‘Slaughter in the Vatican’; bella anche la dedica a Ralph Santolla, mentre molte band nell’ultima settimana hanno fatto dediche al grande Vinnie Paul e pochi si sono ricordati di un altro grande musicista scomparso recentemente.
L’esibizione è potente e, se si deve fare una critica, l’unica cosa che si può dire è che lo show è durato troppo poco.
Speriamo tornino presto per un concerto da headliner perché oggi hanno suonato alla grande.

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Destruction

Prima band dell’accoppiata tedesca che suona oggi, tocca ora ai Destruction.
È passato poco tempo dall’ultimo concerto sul suolo italiano dei tedeschi, ma l’entusiasmo del pubblico non è per questo meno grande.
Sul palco sale Schmier bordeaux in faccia (troppo vino o effetto “tedesco al sole”?) ed il resto della band, le canzoni si alternano tra pezzi più storici e cose più recenti, ma non per questo meno adrenaliniche.
Da ‘Mad Butcher’ a ‘Armageddonizer’ a ‘Thrash ‘Till Death’ mentre il pubblico sotto al palco, a questo punto diventato abbastanza numeroso, si scatena in un pogo sempre più violento.
“Porco D*o, this is a song called ‘Nailed to the Cross’” ed il pubblico esplode; Schmier ha capito come funzionano gli italiani e si lascia andare a varie bestemmie nel corso dello show che ogni volta vengono incontrate da grandi urla.
Lo show è potente, veloce, violento, un ottimo proseguo della giornata dal punto di vista musicale.

Dal punto di vista extra-musicale rimane un dubbio: quanti di quelli che oggi si esaltano con le bestemmie di Schmier erano gli stessi indignati quando l’anno scorso la band aveva cancellato un concerto e un roadie aveva chiamato l’Italia “shitaly”?

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Sodom

L’unico neo della giornata, purtroppo, è con una band molto attesa da tanti, i Sodom.
Il soundcheck, infatti si protrae per una mezz’ora aggiuntiva sulla tabella di marcia e la band finisce per suonare poco più di venti minuti.
Ufficialmente il motivo è un ritardo dell’aereo e qui non si può dire niente, i ritardi capitano dovunque e, anzi, bravi Sodom che con grande professionalità smettono di suonare quando devono senza causare ritardi alle band successive.
I tedeschi, nella nuova formazione che vede anche il ritorno di Blackfire alla chitarra, suonano una scaletta un po’ strana: pur sapendo di avere poco tempo seguono la solita setlist (tagliandone poi la seconda metà) invece che magari concentrare i classici nel poco tempo a disposizione.
Quando la band sale finalmente sul palco suonando ‘My Atonement’ il pubblico è entusiasta di poter finalmente sentire la band di Onkel Tom e il pogo ricomincia e continua sulle note di ‘Sodomy and Lust’.
Quando il pubblico si è scaldato a dovere, quando sembra di essere nel mezzo dello show si viene riportati alla realtà: dopo ‘The Saw Is the Law’ il concerto finisce e la band si congeda.
Un vero peccato, speriamo di poterli rivedere meglio al più presto.

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Exodus

Che violenza, che cattiveria!
Con gli Exodus vediamo sicuramente il mosh pit più attivo e violento della giornata, anzi del festival.
La band, ancora orfana di Gary Holt, attualmente impegnato con gli Slayer, sale sul palco puntale e parte subito con ‘Funeral Hymn’ che si trasforma in ‘Blood In, Blood Out’ l’album del ritorno di Zetro alla voce.
Zetro, per l’appunto, è un mattatore e con la sua voce graffiante guida il pubblico in un’ora di divertimento e sudore.
La terza canzone è ‘Deliver Us to Evil’ tratta dall’album che sarà protagonista del concerto, ‘Bonded By Blood’: dal disco infatti vengono suonate 5 canzoni, metà della setlist.
Nella scaletta c’è anche una sorpresa, ‘Parasite’, una canzone che prima di questo tour non veniva suonata da 14 anni; un bel regalo in questa giornata di Thrash e di old school.
La chiusura del concerto è affidata ad una doppietta micidiale, ‘The Toxic Waltz’ e ‘Strike of the Beast’, che in un pogo sempre più energico e con un wall of death finale segnano la fine del concerto degli Exodus.
Micidiali.

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Testament

Dopo il massacro a opera Exodus è difficile il compito dei Testament di tenergli testa.
Il quintetto parte senza paura con ‘Brotherhood of the Snake’ e già alla seconda canzone, ‘Rise Up’, il pubblico è caldissimo e conquistato; “RISE UP!” urla Chuck, “WAR!” rispondono i fan.
Peccato solo che proprio Chuck Billy abbia qualche calo vocale qua e là, e che la chitarra di Skolnick non sia sempre mixata a dovere, rendendo a volte difficile distinguere i suoi bellissimi assoli.
Dopo una serie di brani più recenti, si torna al passato con ‘The Preacher’ e poi subito ‘Low’.
Intanto a bordo palco compaiono i batteristi di tutte le band che hanno suonato prima e che suoneranno dopo a guardare con ammirazione Gene Hoglan: l’incredibile batterista è una macchina devastante, ed insieme a Steve DiGiorgio al basso forma una delle accoppiate ritmiche più formidabili del Metal, insomma, non è solo da sotto il palco che guardiamo con ammirazione quei musicisti.
Immancabili perle come ‘Practice What You Preach’ e ‘Into the Pit’, un inno al circle pit che oggi abbiamo visto tanto spesso, e con ‘The New World’ e ‘Disciples of the Watch’ il concerto arriva alla fine.
Non era semplice tenere testa a chi ha suonato prima ma, pur con qualche piccolo problema, i cinque californiani hanno sfornato l’ennesima grande performance.

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Megadeth

Siamo arrivati agli headliner della seconda giornata, l’interesse primario di molti dei presenti, i Megadeth.
Il setup del palco è minimale e, come tutta la giornata, molto old school: un telone con il logo della band, una sfilza di Marshall, una pedana rialzata per la batteria.
Nella nuova formazione che vede Kiko Loureiro alla chitarra e Dirk Verbeuren alla batteria i Megadeth hanno trovato una nuova giovinezza; dopo anni di setlist quasi sempre uguali, questa sera i thrasher ci regalano una scaletta piena di sorprese suonate sempre con una grande energia.
Dopo una ‘Hangar 18’ che scalda subito il pubblico e un’ottima ‘The Threat is Real’ dall’ultimo album, un tapping sulla chitarra di Dave Mustaine svela la prima perla della serata, ‘The Conjuring’.
La canzone, reintrodotta in scaletta una settimana prima, non veniva suonata dal 2001, e pochi avrebbero sognato di poterla sentire di nuovo, eppure quelle note risuonano nel Castello.
Si continua bene con ‘Wake Up Dead’, ‘In My Darkest Hour’, ‘Sweating Bullets’ ed il pubblico è sempre più esaltato; dopo ‘She-Wolf’ abbiamo una battuta di arresto con ‘Dawn Patrol’.
Se la canzone da un lato è un po’ inutile – a mio parere avrebbe senso solo nel contesto di un “Rust In Peace” suonato per intero – forse è necessaria per permettere a Mustaine di riprendere il fiato.
Dopo l’intermezzo si ricomincia alla grande con ‘Poison Was the Cure’ e ‘Tornado of Souls’; su quest’ultima abbiamo l’ennesima conferma, come se servissero altre conferme, della bravura di Kiko che suona uno degli assoli più difficili della band (e non solo) alla perfezione.
Poco dopo abbiamo un’altra sorpresa che lascia increduli molti: non veniva suonata dal 2010 ma, dopo averla dedicata a Vinnie Paul nel giorno della sua scomparsa, la band ha deciso di tenerla in scaletta, e così i Megadeth si lanciano in una devastante ‘My Last Words’.
Il concerto continua tra ‘Take No Prisoners’, ‘Mechanix’ e classici come ‘Symphony of Destruction’ e ‘Peace Sells’.
Dopo una tradizionale ‘Holy Wars…The Punishment Due’ in chiusura la band ringrazia e si congeda.
In un’ora e mezza di concerto gli americani (e brasiliani e belgi) hanno suonato una delle scalette migliori degli ultimi anni: più di mezzo “Rust in Peace”, mezzo “Peace Sells…but Who’s Buying?” – incluse due sorprese incredibili – e tanti altri ottimi pezzi più o meno classici.
E’ vero, la voce di Dave ormai è piuttosto rovinata, ma se per quello si può fare poco lui ed il resto della band suppliscono abbondantemente con una tecnica strumentale sopraffina e una grande energia.

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