Live Report: Slayer a Roma

Di Damiano Fiamin - 19 Giugno 2013 - 11:00
Live Report: Slayer a Roma

Slayer @ Atlantico (Roma) 17/06/2013

Report a cura di Damiano Fiamin
Foto a cura di Francesco Sorricaro

A distanza di soli due anni, gli Slayer sono tornati a Roma. Questa volta, però, non ci sono i Megadeth ad affiancarli e molte cose sono cambiate: Dave Lombardo si è allontanato, più o meno volontariamente, dal gruppo e al suo posto è tornato il sempreverde Paul Bostaph. Ben più triste è l’avvicendamento avvenuto dietro una delle chitarre: con la prematura morte di Jeff Hanneman, Gary Holt ha visto prolungare indefinitamente il suo ruolo di sostituto.

La data romana della band nasce, comunque, sotto degli ottimi auspici. Nonostante l’aria infuocata, il piazzale asfaltato antistante l’Atlantico comincia a riempirsi già di buon’ora. Un panino, una birra e qualche risata per passare il tempo e, finalmente, i cancelli si aprono. Per lo show dell’Urbe, i quattro non hanno portato con loro nessuna spalla ad accompagnarli: per riscaldare gli animi, se mai ce ne fosse stato bisogno, gli organizzatori si affidano a una playlist di grandi successi metal e hard-rock, sparata a tutto volume dall’impianto di amplificazione.

Mentre la folla continua ancora ad assieparsi davanti al palco, le luci si spengono e, puntuali come una sentenza di morte, arrivano gli Slayer.

Chiunque abbia visto un’esibizione della band, anche registrata, sa bene cosa aspettarsi. Difficilmente Araya e compagni si discostano da quel modus operandi che li ha caratterizzati negli ultimi trent’anni: anche questa volta, le aspettative non vengono deluse. Feroci, tiratissimi e implacabili nella loro furia, i quattro tempestano gli ascoltatori con note velocissime e riff graffianti. Il bombardamento è continuo e dura per tutta l’ora e mezza del concerto, partendo pochi secondi dopo l’entrata in scena della band e terminando solo dopo le ultime note dell’immancabile “Angel Of Death”. Nel mentre, pause ridotte all’osso e convenevoli rimandati a data da destinarsi.

Le poche chiacchiere del frontman servono solamente per permettere ai suoi compagni di sistemare una strumentazione sicuramente provata da tanta veemenza; è buffo notare come, durante questi brevi intermezzi, il cileno si rilassi completamente, una vera e propria metamorfosi stile Jekyll e Hyde che rende ancora più incredibile il furore che scarica sulle sue quattro corde e che rigurgita nel microfono. Persino la dedica allo scomparso Hanneman non viene espressa a voce ma tramite un cambio di fondale che ricorda il musicista defunto; l’omaggio forse più commovente e imprevedibile è la chitarra dello stesso, appoggiata alle casse come in attesa di un eventuale ritorno.

Decisamente, i nostri lasciano che sia la musica a parlare per loro: nonostante un’interazione così stringata, il pubblico è in delirio. Com’era lecito aspettarsi, le prime file non trovano requie, con gli spettatori che ingaggiano un corpo a corpo continuo, galvanizzati dalle note che eruttano dalle casse antistanti: ondata su ondata, si schiantano, cadono e si rialzano senza un momento di sosta. Anche nelle retrovie, i fan non si risparmiano. Nonostante la temperatura elevatissima, propria di una location che certo non ha nei suoi punti di forza il ricambio dell’aria, nessuno sembra aver intenzione di risparmiarsi. La qualità del sonoro è altalenante, soprattutto all’inizio dello show, influenzata soprattutto dal punto in cui si pone lo spettatore; le ali laterali, infatti, sono afflitte da un fastidioso riverbero roboante che inficia notevolmente l’esperienza di ascolto. Questo non impedisce ai presenti di godersi un’ora e mezza di spettacolo, con una selezione di pezzi provenienti da tutta la discografia della band ma che, come prevedibile, attinge principalmente ai classici della band.

Tutte le premesse sono state rispettate. Un concerto degli Slayer può essere comprato a scatola chiusa, se non si è spaventati dal prezzo. Difficilmente la band farà cilecca e ancor più improbabilmente ci si annoierà ascoltandola. Sicuramente, l’esibizione di Roma ha confermato la regola. A dispetto di un caldo eccessivo e di una qualità sonora non sempre all’altezza, i quattro sono riusciti a tenere sempre alto il livello dello spettacolo, con una scaletta azzeccata e un carisma innegabile. Di sicuro, la prossima volta che torneranno, avranno nuovamente fan di tutte le età a vederli.

Damiano “kewlar” Fiamin

Scaletta

 

1. World Painted Blood
2. Spirit in Black
3. War Ensemble
4. Hate Worldwide
5. At Dawn They Sleep
6. Bloodline
7. Disciple
8. Mandatory Suicide
9. Chemical Warfare
10. The Antichrist
11. Postmortem
12. Hallowed Point
13. Seasons in the Abyss
14. Hell Awaits
15. Dead Skin Mask
16. Raining Blood
17. South of Heaven
18. Angel of Death