Recensione: Abgott

Di Daniele D'Adamo - 22 Luglio 2022 - 0:00
Abgott
Band: Pentarium
Etichetta: Darkstorm Records
Genere: Death 
Anno: 2022
Nazione:
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74

“Abgott” è il terzo full-length di una delle band più moderne in ambito di melodic death metal, i Pentarium. Così, almeno, sono definiti dalle note biografiche.

Note che, in effetti, non si rivelano campate per aria. I tedeschi, difatti, altro non fanno che prendere il gothenburg metal in tutto e per tutto e dargli una profonda ripulita. Resta lo spirito natìo, cioè, ma il sound viene adattato ai più avanzati dettami in materia di metallo oltranzista.

La vicinanza con il power metal, infatti, è abbastanza vicina ma questo fatto non deve ingannare. “Abgott” è un disco in cui le radici death sono ancora abbarbicate alla struttura portante di un sound potente, massiccio, robusto. A parere di chi scrive, quindi, si potrebbe meglio appioppare ai Nostri la definizione di modern metal ma, alla fine, si tratta di dettagli.

Definizione che comunque identifica coloro i quali mettono sul piatto del sano death metal melodico, ma un po’ meno irruento di quello della prima metà degli anni novanta. Perché, come già sottolineato, il quintetto di Griesheim non lesina certo i watt, nell’elaborazione di uno stile magari non originale al 100% ma formalmente perfetto in ogni suo dettaglio.

Il che configura anzitutto una tecnica esecutiva impeccabile, che viene estrinsecata con professionalità tipicamente teutonica. La quale, sommata a un buon talento compositivo, dà vita a una foggia musicale compatta, adulta, marcata a linee spesse per disegnare un marchio di fabbrica univocamente riconducibile a Carsten Linhs e compagni.

Si diceva della potenza. Forse l’aspetto sul quale si è lavorato di più, giacché essa viene erogata alla perfezione a seconda dei movimenti di un groove assai avanzato, temporalmente parlando, nonché accattivante e avvolgente. Identificativo di un range di BPM che parte dagli slow e mid-tempo per fiondarsi alla velocità della luce con blast-beats eseguiti in maniera impeccabile (‘Thronebreaker’, ‘Omen Omega’). Non sono poi molti, questi improvvisi scatti diretti a torturare la mente, ma comunque più che sufficienti a lasciar intendere che l’essere catchy o addirittura easy listening non è certo l’obiettivo primario.

Del resto le linee vocali inglobano in esse sia growling, sia harsh vocals, lasciando accuratamente da parte le ugole pulite se non raramente, in qualche ritornello (‘Weltenwanderer’). Ed è proprio qui che si manifesta con maggiore incisività l’aggressività mai sopita la quale raffigura un altro segno caratteristico dell’LP. Unitamente, ma questo era prevedibile per via dell’approccio cattivo alla questione, a un riffing roccioso, compresso dalla tecnica del palm-muting.

Le canzoni, sommate, danno vita a un insieme dal più che discreto livello qualitativo. Manca forse la continuità necessaria sì che il platter emerga con forza dalla marea dell’anonimato. Tuttavia, alcuni episodi si rivelano assolutamente riusciti, anche grazie all’uso delle tastiere di Philip Burkhard che, oltre a inspessire il suono, lo rendono meno ostico e arcigno. Quindi, sugli altari vanno la già citata ‘Weltenwanderer’ ed ‘Enigma’, brani che, fra tutti, possiedono quel quid futuristico in più rispetto alle altre, e anche una melodiosità più marcata e apprezzabile. Tale da attirare subito l’attenzione di chi ascolta verso la lista delle tracce.

Niente di eccezionale, tirando le somme. Tuttavia i Pentarium e il loro “Abgott” rappresentano senza dubbio la concezione più avanzata, tutt’oggi, di come debba essere interpretato il melodic death metal.

Daniele “dani66” D’Adamo

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