Recensione: And Darker It Shall Become

Di Daniele D'Adamo - 7 Settembre 2025 - 12:00
And Darker It Shall Become
Band: Korp
Genere: Black 
Anno: 2025
Nazione:
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63

Benché abbiano la discografia fondamentale centrata su quattro full-length di cui “And Darker It Shall Become” è l’ultimogenito, i Korp esistono dal 1996. Quasi venticinque anni di esistenza, insomma, che lasciano il segno sulla loro proposta musicale.

La quale ruota attorno a un complicato mix di death, thrash e black metal. Complicato poiché è davvero difficile battezzare uno di essi quale stile principale del sound della band svedese. A rendere la faccenda ancora più complicata ci si mette pure un flavour di crust che accompagna il disco lungo tutta la sua durata.

Come sempre, alla fin fine, le classificazioni trovano il tempo che trovano, essendo più importante la sostanza della forma. Se proprio si vuole affibbiare ai Nostri un genere di quelli sopra citati, allora bisogna parlare di black metal. Black metal imbastardito, certamente, e anche in modo pesante, ma comunque percentualmente più fedele rispetto agli altri ai dettami che si trovano sparsi qua e là nel platter.

Black metal che si rinviene soprattutto nel riffing a opera di Kenny Olsson e Henke Westin, elaborato su una successione di accordi senza soluzione di continuità, tali da avvicinarsi, senza toccarlo, al tipico suono-zanzara che caratterizza in primis il nero metallo. Accordi accompagnati molto spesso dai ricami della chitarra solista, sì da creare, alcune volte, elaborate figure melodiche (“Heaven Ablaze“).

Pure le harsh vocals di Erik Hillströms si mostrano vicine alle urla disperate dei blackster più estremisti. C’è tuttavia da rilevare la perfezione sue delle linee vocali, il cui andamento non è per nulla semplice ma che viene affrontato con piena cognizione di causa. In modo tale, fra l’altro, da accompagnare concretamente il suono degli strumenti dei compagni di avventura. Un esempio, più precisamente, di come un cantante… titolare sia più efficace di uno impegnato e forse distratto dall’occuparsi di altro, specificamente in sede live.

La ritmica spinge tantissimo grazie alla gragnuola di blast-beats che Peter Andersson rovescia sulla collottola, come accade per esempio nell’opener-track “Blood Upon the Throne“. Oltre, naturalmente, al rombo di tuono che si sprigiona dalle corde del basso di Tomas Rosenborg. Il sound, allora, diventa assolutamente devastante, annichilente, tale da stordire chiunque.

Purtuttavia, a queste fasi in cui prevale la follia scardinatrice, sono contrapposti vertiginosi rallentamenti in cui il combo nordeuropeo riesce a estrinsecare maggiormente la sua personalità. Il che accade praticamente in ogni singolo episodio, movimentando così il medesimo senza cadere più di tanto nella trappola di un approccio sostanzialmente monocorde.

E, a proposito di brani, occorre rilevare che anch’essi sono realizzati, dal punto formale, in maniera ineccepibile. Puliti, lineari, ordinati nella loro successione fra strofa, ponte, chorus, ecc.; tali da realizzare un insieme compatto, disciplinato, senza che ci siano artifizi sì da aumentare a vuoto la durata dell’LP. Come più su accennato la melodia non è estranea al songwriting, essendo presente un po’ dappertutto. Essa, però, presenta il difetto di non essere granché orecchiabile, ovviamente non intendendo per ciò l’aggettivo commerciale ma semplicemente l’attitudine a essere piacevole all’ascolto.

Questo tratto distintivo si rivela arcigno, duro, difficile da digerire. Anche perché appare chiaro che il famigerato quid in più non è di queste parti. Mancando esso, le tracce si susseguono con pochi sussulti, senza elevati picchi emotivi, dato che non c’è l’effetto sorpresa che induce ad aspettare con curiosità il passaggio fra una song e l’altra. La mancanza di un vero talento compositivo, all’interno del quintetto di Bollnäs, è forse quello che ne ha da sempre minato le possibilità di evolversi da un raffinato underground a un livello degno della perizia tecnica posseduta dai singoli membri.

Alla fine, “And Darker It Shall Become” è un’opera, eseguita in maniera irreprensibile, che probabilmente non lascerà molta traccia nella Storia del metallo oltranzista. I Korp sono davvero molto bravi a erogare un sound articolato e a volte lambiccato ma poco più, latitando il cuore o, come si dice oggigiorno, la pancia.

Daniele “dani66” D’Adamo

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