Recensione: Are You Experienced?

Di Andrea Bacigalupo - 26 Novembre 2018 - 22:11
Are You Experienced?
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 1967
Nazione:
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E così fu: un lampo squarciò il cielo, il tuono scosse l’aria…poi, tutto tacque…”. Questa frase, tratta dal film ‘La Maschera di Zorro’ del 1998 (con Antonio Banderas ed Anthony Hopkins) è quella che meglio sintetizza la carriera artistica di Jimi Hendrix. Una carriera brevissima, durata solo poco più di tre anni, ossia dall’uscita del  suo primo album, pubblicato nel maggio 1967 e la sua prematura morte (all’età di ventisette anni) risalente al 18 settembre 1970, ma altamente detonante, i cui segni sono evidenti ancora oggi in mille e mille chitarristi, che da lui hanno tratto e traggono ispirazione.

Jimi Hendrix non è stato solo un grande chitarrista e la definizione di guitar-hero, che si è cominciata ad utilizzare negli anni ’80 con l’entrata in scena di Yngwie Malmesteen e simili, non può esservi accostata. E’ stato molto di più: un personaggio straordinario, che ha sconvolto il mondo della musica imprimendo alle sue note la propria attitudine selvaggia e ribelle ma anche triste ed angosciata.

Girando per l’America come uno dei tanti turnisti, lavoro che gli permise di accumulare esperienza accompagnando grossi nomi della musica blues e rock come Little Richard (altro personaggio a cui l’Heavy Metal deve tanto), Isley Brothers e Tina Turner fra i tanti, decise di intraprendere la carriera solista e fu durante una sua esibizione che venne notato da Linda Keith, l’allora fidanzata di Keith Richard dei Rolling Stones, che lo presentò a Chas Chandler degli Animals (quelli di ‘The House of the Rising Sun’, un mitico pezzo che, se suonato in chiave Metal, diventa vera magia), che ci vide ‘quel qualcosa in più’ e lo mise sotto la sua ala protettiva.

Il resto, come si dice, è storia: Chandler portò Hendrix in Inghilterra, dove la rivoluzione culturale era in pieno fermento. Il confronto era con gruppi all’apice come i Beatles, i Rolling Stones, i Cream e gli Who, o pronti sulla rampa di lancio come David Bowie ed i Pink Floyd (i nomi presenti in questo articolo mettono un po’ i brividi eh?). Per non parlare poi dei singoli chitarristi: Jeff Beck, Eric Clapton, Pete Townshend

Ma Hendrix andava oltre il concetto di semplice musica. La sua genialità, il suo essere all’avanguardia e, come già detto, il suo particolare carattere, lo portarono a percorrere strade ancora inesplorate, trasformando i difetti della chitarra elettrica, che per anni avevano cercato di correggere, come il feedback o la distorsione oltre volume, in pregi. Anche per questo l’artista deve essere ricordato, non solo per le grandi doti ritmiche e soliste, ma anche per quanto è riuscito ad inventare, dando al blues ed al rock dell’epoca un’espressione ed un’elettricità che si riflette ancora, a più di cinquant’anni di distanza, sulla musica odierna. Una rivoluzione del concetto del suono imparagonabile, se non con quanto fatto da Chuck Berry (purtroppo scomparso nel 2017) negli anni ’50.

Per questioni legate al business si decise di affiancare al chitarrista altri due musicisti, creando un ‘Power Trio’ sulla scia dei Cream. I compagni di squadra vennero scelti a tavolino dalla produzione, che imposero il talentuoso Mitch Mitchell per la batteria e Noel Redding per il basso (entrambi scomparsi, il primo il 12 novembre 2008 ed il secondo l’11 maggio 2003). Nacquero così i Jimi Hendrix Experience, pronti ad assaltare il mercato discografico europeo, con il chitarrista che si occupava anche del cantato, con una voce calda, a volte dura e sprezzante, altre suadente ed ipnotica.

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Lo fecero pubblicando tre singoli (i vecchi 45 giri) fuori dalle righe. Il primo, edito dalla Track, etichetta del manager degli Who, fu ‘Hey Joe (una cover di Billy Roberts del 1962 dal testo attualissimo, che racconta di un uomo che, dopo aver ucciso la moglie, che l’ha tradito, scappa verso il Messico), la cui versione barbara e violenta aveva impressionato favorevolmente lo stesso Chandler, sul retro incisero ‘Stone Free

Seguirono poi ‘Purple Haze’/’51st Anniversary’  e ‘The Wind Cries Mary’/’Highway Chile’.

Jimi Hendrix Experience main

Il risultato dell’indagine di mercato fu più che positivo: i presupposti c’erano tutti, il combo era pronto per debuttare con un Long Playing, ed è così che la storia del Rock cambiò per sempre quando, il 12 maggio 1967, uscì sul mercato europeo ‘Are you Experienced?’, contenente undici canzoni inedite.

Per chiudere qui la recensione basterebbe citare i risultati ottenuti.

– Nelle classifiche inglesi si piazzò al secondo posto, cedendo il primo nientemeno che a ‘Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band’ dei Beatles, uno dei loro lavori migliori.

– L’album si aggiudicò un disco d’oro e quattro di platino.

–  Nel 2003 la rivista Rolling Stone lo inserì al quindicesimo posto nella classifica dei 500 migliori album di tutti i tempi.

– Come se non bastasse, Jimi Hendrix, secondo un sondaggio effettuato sempre da Rolling Stones, risultò al primo posto tra i 100 migliori chitarristi di tutti i tempi.

Andiamo oltre: pur se registrato nel clima inglese l’album risente delle radici di Hendrix, sapendo di blues e di stile d’oltre oceano, ma rappresenta una vera rivoluzione, dovuta al carattere dominante ed al più che unico talento dell’artista, che lo portavano a vedere il futuro come se fosse già presente.

Sul lato A si inizia con la dura ed irriverente ‘Foxy Lady’, puro istinto animalesco, segue ‘Manic Depression’ allucinogena ed al tempo stesso disperata mentre ‘Red House’ è un blues elettrico e nostalgico. Seguono ‘Can You See Me’, che ha in se le origini dell’Hard Rock, con la sua velocità e la sua asprezza, ‘Love or confusion’ altro pezzo psichedelico e struggente e ‘I Don’t Live Today’ che fonde tali elementi con la durezza e la cacofonia. L’inizio del lato B è affidato a ‘May This Be Love’, un altro brano psichedelico che unisce elementi romantici, segue poi ‘Fire’, che ha di nuovo i caratteri del Rock intransigente, mentre ‘Third Stone from the Sun’ è un pezzo strumentale che dice che i Jimi Hendrix Experience sanno muoversi anche in ambito jazzistico, prima di diventare allucinogena.

Chiudono ‘Remember’, che sa di America del Sud, e la title-track ‘Are You Experienced?’, sperimentale, orientaleggiante, con il nastro riprodotto al contrario (reverse guitars) a completare la rivoluzione di chi vuole essere, prima di tutto, libero.

Descrivere ogni singolo assolo e le ritmiche del chitarrista è pressoché inutile, talmente alto è il livello in ogni singola traccia, così come le prestazione degli altri due musicisti che lo accompagnano, ottima quella di Mitch Mitchell che pesta alla grande e buona quella di Noel Redding, dalle linee di basso precise e puntuali.

Sul mercato americano venne lanciata una differente versione dell’album, con una nuova copertina, più consona al periodo hippie e rappresentante il gruppo più come tale che  non come se fosse il lavoro un solista con due comprimari (la copertina originale della versione inglese mostra un Hendrix con gli altri due musicisti che compaiono da sotto un suo mantello, mentre nella cover americana i tre sono affiancati). Ma, a parte questo, che è il meno, la versione per il nuovo continente sacrifica ‘Red House’, ‘Can You See Me’ e ‘Remember’ per includere i tre lati A dei singoli usciti in precedenza, ossia la violenta ‘Hey Joe’, l’icona ‘Purple Haze’ e la dolce ‘The Wind Cries Mary’, scelta più che azzeccata per portare al successo la band al di là dell’oceano.

cover america

Entrambe le versioni, più i lati B dei singoli, vennero poi unite in un’edizione speciale fatta uscire per il ventennale.

Non si può chiudere questo articolo senza ricordare il forte carisma del personaggio, citando gli esempi più famosi: il concerto di Monterey del 1967, dove concluse l’esibizione bruciando e distruggendo la sua chitarra (ragazzi, non fatelo a casa …) e la partecipazione, come solista, all’evento di Woodstock, dove riprodusse l’Inno americano imitando, con la chitarra, i suoni della guerra, manifestando il suo totale disprezzo per l’intervento USA in Vietnam.

Un artista incredibile, un album incredibile, essenziale, ciclonico, devastante a tal punto da incidere sulla vita dello stesso Hendrix, il cui essere unico lo portò all’autodistruzione.

Non si può dire altro, tenendo conto dell’enorme valore artistico che il disco ha ancora oggi, il voto non può essere che uno solo.  

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