Recensione: Ars Musica

Di Luca Montini - 7 Settembre 2013 - 0:05
Ars Musica
Band: Dark Moor
Etichetta: Scarlet Records
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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85

Ars Musica”. Un titolo altisonante, fortemente autocelebrativo che è già un quesito filosofico senza punto di domanda. Una questione sempiterna perennemente irrisolta – che cos’è l’arte musicale?
Nell’inane ma caparbio tentativo di far luce su una possibile risposta, gli spagnoli Dark Moor ci indicano la perigliosa strada per un epico viaggio che ci porterà molto lontano: dalle alte vette dei Pirenei alla bruciante Andalusia, passando per la capitale spagnola Madrid, terra natìa della band e grande fonte di ispirazione per i temi lirici, artistici e musicali qui trattati.

Spirito musicale ed identità spagnola. Questi sono i due pilastri principali sui quali poggia l’intero album: un inno pieno di energia tutta latina che dà voce ad un paese in costante fermento, quasi quanto la lineup della band del chitarrista Enrik García, attiva dal lontano 1998 e più volte modificata fino alla formazione attuale. Un album anche un po’ italiano, sia per l’etichetta, la Scarlet, che per la produzione di Luigi Stefanini, registrato ai New Sin Studios di Loria (TV).

L’incipit-titletrack “Ars Music” offre un primo spaccato orchestrale degno di nota, in un crescendo intimista che si fa d’un tratto barocco e pomposo, come il tumultuoso e caotico viaggio di una giovane coscienza nell’impeto musicale, come forse ci è suggerito già dalla spiazzante cover art di Nathalia Suellen. Due minuti netti e l’ascolto ci trasporta in una tra le migliori proposte del platter: “First Lance of the Spain”. I Dark Moor giocano a carte scoperte, ed ecco comparire sulla scena della prima guerra carlista Diego de León, eroico lanciere spagnolo del diciannovesimo secolo, il quale era solito condurre la cavalcata caricando con la punta della sua lancia rivolta dove il nemico era più numeroso, noncurante della morte. La cavalcata è serrata, il brano soddisfa e la prova al microfono di Alfred Romero convince appieno. Tocco di classe le ultime note di pianoforte in chiusura.
Segue il mid tempo più cadenzato “This is my way”, molto melodico ed intimista, prima di impennare di nuovo a tutto gas con il primo singolo dell’album (il video è disponibile su youtube): “The Road Again”. Attacco tipicamente power che non guasta mai, con il drumming Roberto Cappa sugli scudi e la mitragliata chitarra-basso del vecchio Garcìa e del più giovane giovane Mario García González. La linea vocale resta fortemente melodica e sentimentale. Nel ritornello fa capolino da dietro le quinte la voce femminile della soprano Berenice Musa, anche lei spagnola. Il breve assolo regala emozioni dal primo bending, incastonato al suo posto nell’intera sinfonia che si chiude come si era presentata.
Di nuovo sull’altalena, cala il tempo (ma non troppo) per “Together as Ever”, brano sentimentale di buona fattura ma meno carismatico degli episodi precedenti. La voce femminile di Berenice c’è ancora ma si mantiene molto lontana, quasi eterea. L’assolo è veloce e tecnico, le tastiere sorreggono il tutto, c’è anche lo spazio per un divertente solo di basso in chiusura sulla linea melodica principale.
Torniamo in Spagna: l’avevamo lasciata qualche brano fa, e vi anticipo che ci rimarremo fino alla fine dell’ascolto. “The City of Peace”, divertente fin dall’apertura tastierosa che si ripresenta in secondo piano nel ritornello, è dedicata alla città di Toledo, citata proprio come città delle tre culture (“In this place, three cultures/ from cots to sepultures/ have come out to a convival time”): cristiana, musulmana ed ebraica. Finalmente con un attacco di sweeping il buon Garcìa si lancia all’assedio (pacifico, s’intende) con un assolo neoclassico, assieme al collega-Garcìa al basso.
Arriva la ballad, di rara bellezza ed intensità lirica, “Gara & Jonay”. Una leggenda d’amore impossibile, di fuga, passione, profezie e morte, proveniente dalle Isole Canarie (sempre in terra spagnola, insomma). L’assolo stavolta è più composto, stile Brian May.
Sweep turbo-neoclassico per “Livin in a Nightmare”, brano ispirato dal pittore spagnolo Goya, autore dell’incisione “El sueño de la razón produce monstruos”, “il sonno della ragione genera mostri”. Il brano è più classico ed attinente alla carriera epica della band, ricordando molto da vicino i lavori più aggressivi dei nostri Rhapsody d’annata. Doppia cassa vigorosa, solo incrociato basso-chitarra che sembra il miglior Turilli-Lerquin, la voce con canto e controcanto orchestrale stile Lione nei brani più duri e tastiere alla Staropoli.
Sempre i Rhapsody mi tornano alla mente in “El ultimo Rey”, stavolta non tanto per lo stile del brano, quanto per la sensazione di fascino e pathos che promana un brano power in lingua originale per uno straniero: quasi si capisce come mai la band triestina abbia nel tempo puntato sempre più sulle soluzioni in italiano (l’ultimo Turilli ne ha inserite addirittura in ogni brano). Pezzo forse un po’ ripetitivo, ma di certo piacevole ed interessante ai primi ascolti. Il protagonista nostalgico del brano è l’ultimo sultano musulmano di Granada, Boabdil di Granada (Abu ‘Abd All?h Muhammad).
Ancora stile power classico nel ritornello senza spingere troppo il gas con “Saint James’ Way”, dedicato a San Giacomo. Patrono di Spagna. Ecco, tutto torna…
“Ars Musica” è il nono album dei Dark Moor, e come accade spesso nella discografia della band non può mancare il pezzo classico strumentale, riarrangiato ed eseguito dal boss Enrik Garcìa. C’era “Ritual Fire Dance” nel penultimo album “Ancetral Romance” (2010), “Fallen Leaves Waltz” in “Autumnal” (2009) e “Vivaldi’s Winter” in “Beyond the Sea” (2005). Stavolta il brano scelto, in chiusura dell’album è “Spanish Suite (Asturias)”, originariamente composizione per pianoforte del catalano Isaac Albéniz, pubblicata postuma nel 1912. Il pezzo ricalca perfettamente l’originale, senza malmsteenismi e scale alla velocità della luce aggiunte solo per fare bella figura. Onore al merito.

Considerata la carica meno spinta e tirata dei precedenti lavori, potremmo attaccare quest’album, definendolo come privo di carattere, scevro di energia, forse povero e poco grintoso, a tratti commerciale e catchy nei ritornelli, meno barocco e “epic power” del passato – pertanto condannabile, traditore infido e infedele come l’inimico saraceno in terra Andalusa. Ma penso che in quest’analisi frettolosa mancheremmo di onestà, forse non riconoscendo, come già analizzato in sede di recensione, la maturità raggiunta dalla band in termini musicali, concettuali ed artistici. Traviseremmo insomma quelle che sono scelte consapevoli, scambiandole per mancanza di coraggio o banale ruffianeria. Confonderemmo il senso della misura con l’avidità.
A mio modesto parere, nel suo piccolo, “Ars Musica” ci insegna che l’arte è anche consapevolezza. Nel rimirare una vera opera d’arte, che essa sia testuale, visiva o musicale, nella nostra assoluta e profana ignoranza e ricusata qualunque forma di superficialità, riusciamo comunque ad intendere che ogni elemento non è lì per caso: che sia un complesso incastro barocco o un secchio di vernice ad imbrattare un muro. Il creatore comune lascia che il lavoro sia svolto dal caso, dall’ingenuità, dalla ripetizione empirica dell’artigiano; mentre l’artista agisce con genio e limpidezza di idee. L’artista vero nel suo come sa incastonare il perché, e nel perché c’è anche la spiegazione del quanto: in questo l’opera è consapevolezza.
Lo stesso può dirsi dell’ “Ars Musica” dei Dark Moor: dopo anni di lavoro, di cambi di line-up ed esperienza maturata gli spagnoli sono riusciti a dipingere un album dai colori antichi e dalle tonalità moderne, reinterpretando in maniera inedita il power metal con uno stile cangiante che non ricalca mai il passato recente, equilibrato e compatto: un’ode alla terra natìa composta con gusto, raffinatezza e consapevolezza della propria arte musicale.
 

“Learn of your trek – keep pace whole days.
And learn when you check – each face, each place.
Learning all your way long,
right along.
Learn with your rest, lids tight, all night.
And learn of your quest, it’s right your sight.
Learning all your way long,
right along”.

 

Luca “Montsteen” Montini

… discutine sul forum, nel topic dedicato ai Dark Moor!

 

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