Recensione: Beat Up By Rock n’Roll

Di Vito Ruta - 25 Maggio 2021 - 0:01
Beat Up By Rock n’Roll
75

Dissipiamo subito il dubbio di manzoniana memoria che potrebbe aver assalito qualcuno: Tommy? Chi era costui?
Parliamo del nuovo progetto personale del mostruoso batterista statunitense Tommy Clufetos, tutt’altro che un Carneade.
Dopo aver suonato con gente del calibro di Alice Cooper, Ted Nugent, Rob Zombie, John 5 e zio Ozzy e aver partecipato al tour d’addio dei Black Sabbath, l’attivissimo Tommy recluta musicisti di prim’ordine, quali Eric Dover (Slash’s Snakepit, Alice Cooper, Jellyfish, Imperial Drag) alla voce, Eliot Lorango al basso, Hank Schneekluth e Nao Nakashima alle chitarre, e presenta “Beat Up By Rock ‘N’ Roll”, prima di andare a ricongiungersi ai Dead Daises nel tour “Holy Ground”, prossimo alla partenza.

Le influenze musicali e le esperienze accumulate da Tommy nella sua carriera rendono piuttosto allettante il programma di viaggio, arricchito da visite guidate in località di interesse della storia del rock.
Dal punto di vista compositivo l’album offre quanto promette. Sano, e divertente hard rock, senza troppe pretese, dal suono magistralmente sporco, capace di catturare e trasmettere l’inconfondibile energia che si scatena nelle esibizioni live (sensazione derivante dalla modalità di registrazione “all’antica”, con i musicisti che suonano, come si faceva una volta, insieme in una stanza).
Dal punto di vista della tecnica batteristica “Beat Up By Rock ‘N’ Roll”, in cui Tommy si cimenta alla voce in ben tre tracce, risulta vario e interessante, non lesina potenza e trovate che lo hanno reso uno dei musicisti più ricercati sul mercato, il tutto senza cedere mai a momenti di eccessivo protagonismo.

Si parte dal pesante riff di influenza Black Sabbath di “Heavy Load”, evidente frutto della militanza di Tommy nella band come turnista.
Passando dalle sonorità ottantiane glam/sleazy rock di “Welcome to the show”, che presenta come bonus un bridge alla Alice Cooper, si giunge in territorio classic rock con “You Got The Cash I Got The Flesh”, introdotto da un riff che richiama quello di “Burn” dei Deep Purple.
Make me smile”, il primo dei tre brani che vede Clufetos nella inedita veste di cantante, offre una piacevole escursione nel rock blues.
La tappa successiva “Do it Again” è luogo di sostanzioso hard rock.
Kid blood” è un brano che gioca ad accostare sonorità Deep Purple e AC/DC mentre la successiva “Don’t be afraid” è consacrata all’energia punk.
Nella title track “Beat Up by Rock’N’Roll”, retta da un riff in stile squisitamente AC/DC, Tommy torna a fornire un’altra convincente prova canora.
Con l’anfetaminica “Got to play some Rock’N’Roll” si torna a percorrere la via dello sleazy rock.
The Longevity”, che ricorda “Whole Lotta Rosie” dei numi tutelari australiani del rock, offre uno scanzonato climax alla Hanoi Rocks.

La tappa finale del viaggio, collocata negli anni 50, è rappresentata dall’assoluto divertissement di “The Power of three”, definita da Tommy come una “filastrocca rock”, cantata dallo stesso e dedicata alla figlia, con la tenera voce della piccola rocker a siglare la chiusura del pezzo e dell’album.

Non è un caso che Tommy ci abbia condotto tanto lontano con l’ultima traccia, che lascia un attimo spaesati e ci porta a pensare a tutta la strada da compiere a ritroso per ritornare alle attuali coordinate spazio temporali.
E’ il modo di Clufetos di rammentarci, da vero viaggiatore, che il piacere del viaggio non è nella metà ma nella strada stessa…

 

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