Recensione: Beholding The Unpure

Di Federico Mahmoud - 5 Marzo 2005 - 0:00
Beholding The Unpure
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Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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85

In Italia è costume del metallaro medio magnificare anche la più mediocre uscita proveniente dal mercato estero salvo poi ignorare programmaticamente qualsiasi prodotto degno di nota del Bel Paese.
Gli Infernal Poetry sono originari di Ancona e rientrano in piena regola in quella categoria di gruppi che, con una nazionalità differente sul passaporto, guadagnerebbero senza fatica parecchi punti nelle poll di fine anno.
Beholding The Unpure è il secondo album in studio per il combo marchigiano e arriva a tre anni di distanza dall’interessante debutto Not Light But Rather Visible Darkness, cui si è aggiunto in sequenza uno split (Twice) con i parmigiani Dark Lunacy, altro piccolo gioiello di casa nostra.
Chi non li conosce ancora può affidarsi con cautela al motto con cui la band si è presentata alla lunga distanza: ‘the most harmonic fusion between American brutality and European classic melodies‘, in sostanza un incrocio ben congegnato tra due scuole che di fatto condividono solo la nomenclatura, il famigerato death metal; va detto che dal 2002 a oggi il sound dei nostri ha compiuto notevoli passi avanti, tradendo la passione dei musicisti coinvolti in questo progetto per la progressione e l’improvvisazione, a tratti folle.

Beholding The Unpure è una sintesi ideale di tutto questo e anche di più: gli Infernal Poetry pescano dal repertorio di colleghi blasonati quali Death, Dark Tranquillity, Meshuggah e una bella fetta della scuola techno-oriented dei primi anni ’90, ma ci mettono del loro a rimescolare un mix esplosivo e originale, impreziosito da un’abilità non comune nel tenere in mano gli strumenti.
Quanto detto è trascritto in note da brani come la robusta Crawl, sorretta da un tappeto ritmico martellante, o la successiva, splendida The Unpurifier, magistrale nell’alternare riff serrati ad aperture melodiche insospettabili eppure perfettamente integrate, come accade nel refrain. E anche quando la band decide di imboccare strade meno ‘contorte’ la qualità è assicurata, come dimostra l’incontenibile Fleshapes, che dal vivo promette scintille, forte di un impatto devastante.
A giudizio di chi scrive, il vero capolavoro del platter resta però The Frozen Claws Of Winter, già data in pasto al pubblico nel 2003 e qui riproposta in veste nuova: tutto è perfetto, a partire dagli spettacolari fraseggi chitarristici per finire con il ritornello, senza contare le scariche distruttive conservate per la parte finale della canzone.
In chiusura arriva una cover della classicissima Fear Of The Dark (Iron Maiden), a ribadire che gli ascolti del gruppo partono anche da qui: il lavoro è, nel suo genere, riuscitissimo, e riserva alla sezione centrale i momenti migliori, allorché l’impronta degli Infernal Poetry si mostra più evidente.

Promossi a pieni voti tutti e cinque i protagonisti. Straordinaria e cangiante la prestazione di Paolo Ojetti al microfono, assolutamente credibile nel passare da un registro all’altro, come è rimarchevole il lavoro certosino di Daniele Galassi (principale mente, assieme a Alessandro Infusini, dietro a tutte le composizioni) e Christian Morbidoni alle chitarre, molto bravi anche in materia di assoli; maiuscola, al solito, la sezione ritmica, con due ottimi musicisti come il già citato Infusini e il batterista Andrea Rabuini, che sul disco figura come guest – Rabuini ha lasciato i compagni ed è stato sostituito da Alessandro Vagnoni.

Nel complesso si tratta di un ottimo album, volutamente registrato con un taglio più ‘sporco’ rispetto alle precedenti produzioni (scelta che, peraltro, si rivela alquanto azzeccata se si escludono alcuni episodi in cui le parti di batteria passano decisamente in secondo piano) e arricchito da un artwork stupendo ad opera di Lorenzo Mariani, completamente realizzato a matita: vale davvero la pena spendere due righe per sottolineare il pregevole lavoro di questo giovane (classe 1984) artista italiano, già all’opera con Darkthrone, Marduk e Blodsrit tra gli altri, che si fonde perfettamente con la direzione concettuale dei brani (liriche annesse) e costituisce un motivo in più per acquistare una copia di Beholding The Unpure.
Mi auguro che, in un’annata così ricca di uscite internazionali che catalizzano l’attenzione di pubblico e addetti ai lavori, non siano in pochi a ricordarsi di un disco come questo. L’Italia dev’essere orgogliosa degli Infernal Poetry.

Track-list:
01 I Always Lay Beneath
02 Crawl
03 The Unpurifier
04 The Frozen Claws Of Winter
05 Insane Vein Invading Inner Spaces
06 Fleshapes
07 The Punishment
08 Blood Spilled For A Spell
09 Fear Of The Dark  

Bonus video-track: Hell Spawn

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