Recensione: Black Roses
Sembrano così lontani i tempi di Symphonies of Love and Hate, primo demo degli anconetani The Dogma che permise loro di divincolarsi dalla stretta underground e di farsi conoscere dagli esponenti di alto rango del sistema.
Nemmeno l’ostinato leader Cosimo Binetti, unico chitarrista del gruppo, si aspettava l’interessamento della nota label Drakkar Records, con la quale si è giunti ad un contratto di tutto rispetto e ad una promozione e distribuzione capillare del nuovissimo Black Roses, disco che compare in tutti i negozi specializzati dopo quattro anni dal succitato demo.
Che strana storia quella di questa formazione nata, per caso, in un cimitero. Proprio così, Binetti conobbe il cantante Daniele Santori al funerale di un amico e scoprirono che la passione vissuta e praticata per l’heavy metal li accomunava, decidendo di combinare qualcosa in un futuro nemmeno troppo lontano. Particolare anche l’incontro col tastierista, Stefano Smeriglio, conosciuto alla stazione di polizia di Ancona dopo non specificati problemi con le forze dell’ordine: coincidenza o fato?
Marco Bianchella scritturato per la batteria e Steve Vawamas per il basso a completare un quintetto che ha cominciato a fare sul serio nel 2001 infilando una serie di concerti (cinquanta) prima di raggiungere, l’anno successivo, la soglia desiderata: l’esaltante demo del quale abbiamo parlato nel cappello introduttivo. Le vendite hanno quindi convinto la Drakkar Entertainment che li ha letteralmente spediti nei Woodhouse studios di Hagen, Germania, nell’estate del 2005, per le registrazioni di Black Roses con la supervisione del guru Siggi Bemm.
Ironia della sorte, un incidente d’auto ha messo fuori gioco il batterista sostituito temporaneamente e solo per questo disco da, udite udite, Mr. Mike Terrana (Rage, Malmsteen) che ha supportato spontaneamente gli italiani operando su tutto il cd.
Insomma, com’è questo Black Roses?
Comincio con la relativa analisi dicendovi che il genere proposto non è poi così ben definito; si passa da un roccioso heavy metal alla Manowar (Black Roses, Devil’s Bride), ad un power metal neanche tanto velato e volutamente groovy (Queen of the Damned, Wicked Angels), il tutto condito da una componente sinfonica tratteggiata da due differenti sezioni orchestrali: l’Indigo String Quartet che ha concluso i suoi arrangiamenti ai Woodhouse Studio e la Filarmonica Marchigiana che ha contribuito in modo influente alla realizzazione di un’atmosfera davvero cinematografica.
E ancora, il Coro di Santa Cosma, costituito da dieci elementi, che ha rifinito uno dei brani di maggior richiamo: l’orientaleggiante Sands of Time.
L’archibugio sonoro dei The Dogma viene definito da tracce assai nostalgiche e mi riferisco a …And Julie No More aggraziata da sottili vocals femminee e alla struggente Maryann che ha il compito di calare il sipario attraverso il duetto voce-chitarra acustica accompagnato dal violino che ha un ruolo da comprimario.
Convince la scelta dei suoni ed una produzione estremamente professionale, spiace porre un piccolo dubbio sulla prestazione di Daniele che, sebbene nettamente migliorato rispetto al demo di quattro anni fa, ha una voce che non è ancora del tutto esente da imperfezioni soprattutto quando questa aumenta di tono.
Peccato per qualche brano insapore (Ghost of War su tutti) e per la mancanza di qualche ulteriore pezzo frenetico oltre ai due menzionati in precedenza ma, onestamente, non si poteva chiedere di più.
Erano anni che non sentivo un debutto italiano così intrigante (forse Heatenreel degli Elvenking l’ultimo). Il gruppo di Binetti sembra aver maturato un’esperienza straordinaria ma non si capisce bene come e dove: possibile siano bastati i concerti di provincia per consegnare loro un’ispirazione da band “consumata”? Forse, come lo stesso Cosimo tende a sottolineare, le sofferenze patite in passato e le circostanze che li hanno condotti a creare la band sono un fortissimo canale conduttore di energia nonché fonte di creatività. Insomma, il cuore oltre l’ostacolo?
Non mi resta che consigliare senza riserve questo Black Roses; i difetti esposti non inficiano un prodotto di altissima qualità e incondizionato portatore di emozioni. Attendo impaziente il secondo capitolo e ringrazio la Drakkar per aver creduto nei nostri.
Gaetano “Knightrider” Loffredo
Tracklist:
1.Black Roses
2.Wicked Angels
3.Queen of the Damned
4.Devil’s Bride
5….And Julie no More
6.Ghost of War
7.Temptation
8.Wating for the Rain
9.Sands of Time
10.Maryann