Recensione: Blackened Priests

Di Stefano Ricetti - 8 Luglio 2025 - 13:09
Blackened Priests
Band: Venom
Genere: Heavy 
Anno: 2025
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
71

Nell’immaginario collettivo i Venom sono coloro i quali sconquassarono le regole della musica dura infrangendole e riscrivendole per il tramite di album terremotanti quali Welcome to Hell (1981), Black Metal (1982) e At War With Satan (1984). Dischi che diedero poi il là all’estremo che ne sarebbe succeduto. Autore di cotanta onda d’urto sonora un trio di ceffi passato alla storia: Cronos (basso e voce), Mantas (chitarra) e Abaddon (batteria). Ma poi, come in tutte le cose della vita, se è vero che vi è un inizio è altrettanto assodato che esista una fine e, anche per i Venom, vi fu un tempo nel quale, a cavallo fra gli anni Ottanta e i Novanta, la formazione mutò: fuori Sua Maestà “Bass Bulldozer and GrowlsCronos e dentro l’ex Atomkraft  Tony “The Demolition Man” Dolan a iniziare una nuova era per la compagine britannica, guidata dal precedentemente fuoriuscito Mantas insieme con Abaddon. E i  Venom cambiarono decisamente pelle…

Blackened Priest, cofanetto di tre Cd realizzato dalla Dissonance Productions, una sussidiaria della Cherry Red Records, racchiude proprio quel periodo, segnato dall’uscita di tre album: Prime Evil (1989), Temples of Ice (1991) e The Waste Lands (1992). Ad accompagnarlo un libretto di dodici pagine con numerose foto della band, estratti da riviste, manifesti di concerti e la storia del gruppo a cura di Darren J. Sadler con interventi di Tony “The Demolition Man” Dolan. Per finire un’intervista ad Al Barnes, chitarrista sui primi due lavori.

Per quanto afferente la musica ma non solo, qui di seguito l’autorevole parere riguardante Prime Evil, Temples of Ice e The Waste Lands da parte del collega di Truemetal e amico  Michele  “Mickey E. Vil” Savoldi che, proprio su “questi” Venom, ha realizzato il libro Venom, The Demolition Years (qui recensione) per Tsunami Edizioni, nel 2023.

Steven Rich

 

Michele Savoldi – Con Prime Evil, i Venom inaugurano una nuova fase della loro carriera, caratterizzata dall’ingresso di Tony “Demolition Man” Dolan al basso e alla voce che fronteggia una sfida da molti ritenuta impossibile: prendere il posto dell’iconico frontman Cronos. Il disco, pubblicato nel 1989, si propone come un ponte tra l’estetica caotica dei primi anni ed una forma più strutturata e consapevole, forte di melodie memorabili e di una produzione relativamente più pulita, curata da quel Kevin Ridley (a fianco dei Venom anche per i successivi due lavori) che in seguito vedremo tra le fila degli Skyclad. ‘Prime Evil’, con il suo mid-tempo modellato sulla precedente ‘The Seven Gates of Hell’, offre un incedere solenne e oscuro, con riff di Mantas originariamente pensati per una composizione à la ‘Perfect Strangers’.  La cover di ‘Megalomania’ dei Black Sabbath (in realtà solo della seconda parte) si inserisce con coerenza nel mood dell’album, valorizzando la performance vocale di Dolan ai confini di un Brian Johnson, particolarmente efficace in un contesto così espressivo. ‘Harder Than Ever’ è uno dei brani più accessibili, se non la vera e propria hit del disco: riff dal taglio street/glam rock in stile primi Mötley Crüe, struttura strofa-ritornello marcatamente radiofonica e un assolo da “guitar hero”, che mostra l’anima più melodica e live-oriented della band. In definitiva, Prime Evil è un disco che testimonia una fase di riorganizzazione e maturazione della band. Lontano dal caos primitivo di Welcome to Hell, ma ancora fedele a un certo immaginario oltraggioso, l’album offre soluzioni compositive più bilanciate, un uso consapevole delle dinamiche e una varietà stilistica che dimostra la volontà di evolversi senza rinnegare le radici.

 

Temples Of Ice (1991), con la sua tanto agghiacciante quanto iconica copertina, si allontana dai riferimenti lirici di matrice satanico-occulta tipici della tradizione venomiana. Questo spostamento ideologico si riflette anche sul piano musicale: l’album presenta un’attitudine più rilassata e godibile, con un forte imprinting quasi rock alla base di una struttura heavy metal solida e ben eseguita. L’apertura di ‘Even in Heaven’ si costruisce attorno a un arpeggio acustico interrotto bruscamente da un riff di scuola thrash; il brano evolve attraverso armonie tipiche della NWOBHM e culmina con un assolo di basso ispirato, che conferma la centralità tecnica di Dolan nel nuovo assetto della band. ‘Trinity MCMXLV’ si distingue per la sua struttura non convenzionale: introduzione arpeggiata, stacchi elettrici e un andamento narrativo che racconta – in chiave allegorica – gli effetti del primo test nucleare. In ‘Faerie Tale’, brano firmato da Mantas, le chitarre acustiche aprono un mid-tempo evocativo, sorretto da una tessitura melodica che alterna eleganza strumentale e tensione narrativa. La title-track, ‘Temples Of Ice’, chiude il disco con una composizione che attinge all’estremismo sonoro dello speed/thrash metal di scuola Slayer, ispirazione dichiarata da Dolan stesso. Il brano alterna furia ritmica e sezioni più epiche, suggellando un lavoro che, pur prendendo le distanze dai toni provocatori degli esordi, mostra una band coesa, tecnicamente matura e capace di espandere il proprio linguaggio.

 

The Waste Lands (1993) si muove all’interno di un heavy metal classico, arricchito da sporadiche incursioni speed e da leggere influenze thrash, ma è ancora una volta la componente melodica – talvolta cinematica – a caratterizzare l’opera. L’intro di ‘Cursed’, lunga oltre due minuti, sviluppa un’atmosfera da colonna sonora che sfocia in uno dei brani più articolati del disco, seguito immediatamente da ‘I’m Paralysed’, diretto omaggio alla primissima incarnazione della band (esplicitamente a ‘Schizo’ da Welcome To Hell), costruito su un riff NWOBHM che riflette una volontà di ritorno alle radici. ‘Kissing the Beast’ apre la seconda metà dell’album con un efficace equilibrio tra aggressività e melodia, confermando la coesistenza di istanze epiche e dinamiche più serrate. ‘Crucified’, firmata da Mantas, rappresenta uno dei momenti più melodici del disco: un arpeggio evocativo introduce un impianto armonico che guarda al miglior hard rock di fine anni ’70, con un ruolo centrale del basso, qui protagonista anche in termini espressivi. La chiusura è affidata a ‘Clarisse’, ballata oscura ispirata al Silenzio Degli Innocenti di Jonathan Demme, in cui Demolition Man adotta un registro quasi attoriale per dare voce ai deliri interiori di Hannibal Lecter. Gli arpeggi delicati e l’atmosfera straniante accompagnano una narrazione inquieta che si accende brevemente sul finale. Pur rappresentando un altro capitolo valido sotto il profilo compositivo e tecnico, la qualità di The Waste Lands non basterà a salvare i Venom da quel pendio scivoloso che è stato l’inizio degli anni Novanta quando, in tempi di sperimentazione sonora, a farne le spese furono proprio le band dal sound metal più “classico”.

 

 

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

 

 

 

Ultimi album di Venom

Band: Venom
Genere: Heavy 
Anno: 2025
71
Band: Venom
Genere: Heavy 
Anno: 2020
80
Band: Venom
Genere: Black 
Anno: 1980
75
Band: Venom
Genere: Heavy 
Anno: 2018
70
Band: Venom
Genere: Heavy 
Anno: 1984
84
Band: Venom
Genere:
Anno: 2011
60