Recensione: Blood of the Infidel

Di Stefano Usardi - 29 Maggio 2019 - 10:00
Blood of the Infidel
Band: West of Hell
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2019
Nazione:
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80

Blood of the Infidel” è il secondo album dei West of Hell, quintetto neozelandese trasferitosi poi in Canada e dedito ad un heavy-thrash metal propositivo e decisamente eclettico. Attivi dal 2002, i nostri non brillano certo per prolificità, visto che il loro debutto è datato 2012 e per vedere il suo successore è stato necessario attendere altri sette anni, ma dato che il valore delle uscite si calcola in termini di qualità e non di quantità, vediamo cosa ci hanno preparato questi cinque scavezzacollo.
In realtà, quando parlavo poco fa di heavy-thrash metal per descrivere la proposta dei West of Hell non stavo rendendo giustizia al gruppo: la musica dei nostri è infatti assai sfaccettata, compressa, capace di miscelare nello stesso calderone groove, thrash, spunti progressive e cadenze heavy, qualche spruzzata di death e ottime melodie senza perdere un briciolo di cattiveria o potenza, mettendo in mostra una padronanza strumentale ottima e capacità di scrittura quantomeno interessanti. Echi di Helstar, Nevermore, Death e Testament fanno capolino di tanto in tanto dal ricchissimo amalgama dei nostri, ma sarebbe ingeneroso pensare ai West of Hell come ad un gruppo privo di personalità, capace solo di attingere da altri. Tutt’altro: l’arma in più del gruppo è proprio la sua capacità di elaborare abilmente suggestioni diverse creando un vortice sonoro denso, complesso e variegato senza trasformarlo in un polpettone inutilmente ridondante. La prova è evidente durante l’ascolto delle sette canzoni che compongono “Blood of the Infidel”: i cambi di tempo punteggiano ogni traccia e le atmosfere passano dal trionfalismo sonante ed arioso a stridori claustrofobici; su un simile terreno, le chitarre hanno gioco facile nel tessere trame multiformi senza, però, scadere nel becero autocompiacimento, ma mantenendo sempre alto l’interesse grazie a una digeribilità di fondo piuttosto pronunciata. Nonostante, infatti, le tracce di “Blood of the Infidel” – della durata media di sei minuti e mezzo – siano tutte piuttosto dense, i tre quarti d’ora dell’album scorrono con una certa facilità: merito di una scrittura coinvolgente, asciutta, estremamente ponderata ma tutt’altro che artefatta, articolata su livelli diversi e priva al tempo stesso di orpelli inutili, in cui ogni passaggio è inserito con cura in una struttura più ampia, meticolosamente studiata per permettergli di risaltare senza andare ad appesantire l’opera complessiva. A onor del vero devo ammettere che in un paio di occasioni si percepisce una certa lentezza nello sviluppo della traccia, come se l’anima prog dei nostri volesse prendere il sopravvento a tutti i costi, ma alla luce del risultato complessivo tali sbavature finiscono rapidamente in secondo piano, relegate in un angolino dal tasso di coinvolgimento testosteronico dispiegato dal gruppo. La sezione ritmica è variegata, dinamica e battagliera, con una batteria che martella impietosa e un basso profondo, arcigno, che di tanto in tanto sale in cattedra per pretendere attenzione; le chitarre graffiano senza sosta, incrociandosi ogni volta che possono e flagellando l’ascoltatore con una tempesta di riff dalle consistenze sempre diverse, divertendosi ad erigere architetture sonore intricate ma non per questo cervellotiche. A coronare il tutto il vocione isterico e roboante di Chris Valagao, che potrebbe considerarsi come la classica ciliegina sulla torta: la sua prova si incastona alla perfezione nella macchina da guerra costruita dai suoi compari, autori anch’essi di una prova maiuscola, rendendola rombante e minacciosa con i suoi toni alti, aggressivi e beffardi e passando senza difficoltà da urla isteriche a una resa più luciferina, insidiosa, senza dimenticarsi di qualche sporadica incursione nei territori del growl. Pollice alto anche per la produzione, piena e potente, che permette di distinguere ogni strumento con facilità e di godere appieno della prepotenza sprigionata dai cinque neoze-canadesi.
Blood of the Infidel” è un ottimo album, solido e sfaccettato, che riesce nel difficile compito di miscelare potenza, tecnica e la giusta dose di melodia senza dimenticarsi di dispensare anche una sonora dose di legnate. Promossi.

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