Recensione: Blood of the Old Gods

Di Matteo Pedretti - 10 Gennaio 2022 - 12:30
Blood of the Old Gods
Etichetta: Lifesblood Records
Genere: Doom  Stoner 
Anno: 2021
Nazione:
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79

I Restless Spirit sono un power trio statunitense attivo – sotto questo nome – dal 2018. Consultando The Metal Archives (aka Encyclopaedia Metallum) si scopre però che il combo nasce nel 2015 a Long Island, New York, con il moniker Witchtripper, sotto al quale realizza un primo EP.  Paul Aloisio alla chitarra e voce e Marc Morello al basso sono i punti fermi di una formazione che cambierà non solo batterista, ma anche – e più volte – nome: Death Metal Pope tra il 2016 e il 2018 (con cui rilasciano altri 2 EP) e, infine, Restless Spirit, con cui danno alle stampe il full lenght di debutto “Lord of the New Depression” (2019) e l’EP “Clarity” (2020).

Lo stile della band è una miscela di Doom e Stoner che trae ispirazione tanto dai Black Sabbath quanto da realtà più recenti come The Sword e, nei momenti più aggressivi, High On Fire. Il richiamo a tali influenze non tragga in inganno: quello dei Restless Spirit è infatti un approccio che, ibridandosi con soluzioni classicamente Heavy Metal e Hard Rock piuttosto che con la più ordinaria (almeno per questi generi) psichedelia, si dimostra capace di rimaneggiare gli stilemi del Doom e dello Stoner con notevole abilità compositiva per forgiare qualcosa che, se non di nuovo, sa quantomeno di fresco.

Lo scorso dicembre i Restless Spirit hanno pubblicato il loro secondo disco: “Blood of the Old Gods” è stato scritto e arrangiato nell’arco di un mese con l’intento di restituire pienamente il sound della band, senza alcun compromesso. Sotto il profilo lirico, si tratta – a detta dei suoi stessi autori – di un concept album incentrato sulla figura del Traditore (la opener è per l’appunto intitolata “The Betayer”) e sulla volontà di opporsi allo status quo e a una società fondata su manipolazione e inganno. Come copertina è stata scelta un’opera di Frank Frazetta, influente illustratore, pittore e scultore fantasy dalla cui matita sono scaturite la copertina di “Conan” di Robert E. Howard e molte altre illustrazioni iconiche, diverse delle quali riprese da gruppi (da Molly Hatchet a Yngwie Malmsteen, dai Nazareth ai Mastodon) per le proprie cover art.

Venendo alla musica, il compito di aprire “Blood of the Old Gods” è affidato a “The Betrayer”, una intro in cui un arpeggio acustico fa il paio con i suoni distorti e dilatati di un’altra chitarra. Si prosegue sulle note di “Judgement and Exile”, un Heavy Doom tradizionale strutturato su riff diretti e d’impatto che, dopo la decelerazione della sezione centrale, si lancia in una cavalcata conclusiva dalle tinte Stoner. “Crooked Timber of Humanity” è un crushing Doom devastante che sorprende per la capacità di smussare la propria pesantezza lasciando spazio a melodici inserti di chitarra elettrica eseguiti su ritmiche acustiche dalle pronunciate nuance Seventies.

Il breve interludio strumentale “The Reclaimer” conduce alla seconda parte dell’album. Si riparte con il passo decelerato di “Cascade Immolator” che ripropone, in chiave contemporanea, gli insegnamenti dei Black Sabbath dell’era ’70 – ’75. La title-track si distingue per una ruspante andatura motorheadiana, linee vocali pulite, ma abrasive (che ricordano vagamente quelle di Matt Pike degli High On Fire) e riff e assoli incisivi. Nella closer “Haunted” riaffiora quell’alternanza tra momenti granitici e melodia (anche in questo caso apportata da una chitarra acustica) ascoltata in precedenza e che determina atmosferici saliscendi di intensità. Nella seconda parte del brano trova spazio un assolo di stampo Heavy Metal classico, uno dei migliori del platter, a cui segue un riffing pachidermico che fa sentire tutto il suo peso prima del finale.

La formula dei Restless Spirit si rivela efficace grazie alle diverse sfumature che il ricorso ad altri stili riesce a conferire al nocciolo Doom/Stoner della proposta, al correttamente dosato ricorso alla melodia e alla voce che, sempre pulita, è in grado di spaziare dai registri più tenui a quelli più raschianti e aggressivi. Una produzione asciutta, calda e meticolosa riesce a raggiungere quell’ equilibrio che consente alle molteplici sfaccettature di questa release di emergere al momento opportuno.

Da profondo estimatore di Doom e Stoner ammetto di non aver avuto modo, fino ad ora, di ascoltare i lavori precedenti dei Restless Spirit e di essermi accostato alla loro discografia solo con “Blood of the Old Gods” che, come affiora da queste righe, mi ha colpito positivamente. Riprendendo le dichiarazioni dei componenti della band, che considerano questo LP il più rappresentativo del proprio catalogo, consiglio a quanti volessero avvicinarsi alla musica del trio di Long Island di iniziare da qui perché se non per tutti, ce n’è davvero per molti …

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