Recensione: Building The Towers

Di Massimo Ecchili - 21 Novembre 2010 - 0:00
Building The Towers
Band: Halcyon Way
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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72

Nati nel 2001 e con un solo full length alle spalle (A Manifesto For Domination del 2008), i cinque Halcyon Way tornano sul mercato con una nuova release dal titolo Building The Towers, compiendo un bel balzo in avanti rispetto al sopraccitato debut, il quale mancava in modo piuttosto evidente di direzione e personalità. L’unica novità nella line-up riguarda l’azzeccata sostituzione di Sean Shields, singer piuttosto incapace di aggiungere qualcosa di proprio al sound degli statunitensi, con Steve Braun, noto in terra italica per la sua militanza nei veneti Ashent.
Lo stile proposto dalla band di Atlanta è un pout pourri fatto di una base di progressive metal e vari orpelli di thrash (grazie all’ottimo riffing del duo Bodan/Harper), death (per le sporadiche apparizioni di cantato in growl ad opera del bassista Kris Maltenieks) e power (per quanto riguarda l’operato della sezione ritmica Maltenieks/Topran). Fondamentale contributo viene, come già ricordato, da Steve Braun che, con la sua peculiare voce dal marcato timbro nasale, riesce a rendere tutto il lavoro più personale.
Il sound è decisamente roccioso e moderno grazie alla buona produzione ad opera di Lasse Lammert, molto pulita e con un bilanciamento assolutamente buono degli strumenti in fase di missaggio. Degno di nota anche l’artwork, inquietante quanto basta, ad opera di Travis Smith, noto ai metallers di tutto il mondo per il suo lavoro con, tra gli altri, Opeth, Nevermore, Avenged Sevenfold e Overkill.

L’opener Rise To Revise presenta sin da subito un segnale di discontinuità rispetto al passato. L’impatto è ottimo sin dall’incipit thrash; le strofe cantate in death-style fanno da contrappunto al ritornello melodico, mentre sotto Topran picchia sempre duramente sulle pelli della sua batteria. Il contrasto è forte e colpisce nel segno, conferendo al brano la palma di highlight assoluto. Le due asce, come già nel debut, primeggiano molto più nel riffing che nella fase solistica, ma, per quanto proposto dai nostri, si può dire che va bene così. Molto meno interessante invece Death Of A Dream, pezzo piuttosto noioso che si salva grazie alla sezione ritmica ma non lascia traccia di sè una volta finito. Decisamente meglio la seguente The Age Of Betrayal, molto catchy ma non stucchevole. Le cose migliorano ancora di più con The System, che fa vagamente tornare alla memoria i primi Queensrÿche e che, questa volta, si fa prezzare anche per la parte solistica, fino al finale più tirato e con il growl di Maltenieks che calza a pennello. Inversion resta opaca malgrado un paio di cambi di ritmo che risvegliano un po’ l’attenzione, per il resto in fase calante. Attenzione che si rifà viva con l’arpeggio acustico di Mouth Without A Head, interessante semi-ballad nella quale compare Pamela Moore, vecchia conoscenza del popolo metal dai tempi di Suite Sister Mary dei Rÿche. Desecration Day è un altro pezzo senza infamia e senza lode, salvato da una tastiera sapientemente utilizzata e dalla centrale parte strumentale molto dinamica e con alcuni spunti piuttosto interessanti; il chorus, invece, è poco incisivo e questa volta non viene assolutamente salvato dalla melodia ruffiana. Nemmeno la successiva Icon Of Resolution fa gridare al miracolo, ma è oltre la sufficienza grazie anche alla ricomparsa della Moore nel finale. Le sorti del platter si risollevano con Inside Looking Out (The Icon & The Ghost), la quale ci restituisce una band tosta e che riesce a mettere in pratica delle buone idee, proponendo un brano ben strutturato e capace di mettere sul piatto tutte le qualità a disposizione dei cinque, con la Moore, anche in questo caso, in veste di special guest. Il finale è affidato alla title track, la quale va segnalata ancora una volta per il gran lavoro di Matthew Zane Harper, capace di mettere in fila una serie di riff di tutto rispetto.

Building The Towers è, a conti fatti, un lavoro tutt’altro che imprescindibile; nonostante questo ci sono diverse buone idee, e sembra che la band statunitense abbia imboccato una strada più precisa rispetto a quanto fatto vedere con il precedente lavoro. A livello tecnico c’è poco da eccepire: i cinque musicisti sanno senza dubbio il fatto loro; c’è invece margine di miglioramento in fase di songwriting perchè, nonostante qualche brano decisamente ben confezionato, gran parte della tracklist scivola via senza regalare troppi sussulti. Le potenzialità ci sono, dunque, e fanno ben sperare per il futuro anche, se non soprattutto, vista la crescita indubbia che c’è stata tra la prima e la presente release.

In calce alla recensione vanno doverosamente spese alcune parole riguardanti la recente cancellazione, da parte della band, del programmato tour europeo. A Jon Bodan, fondatore degli Halcyon Way, è stato diagnosticato un linfoma (una particolare forma di cancro), e una terapia aggressiva gli impedisce di salire sul palco. Un plauso va alla decisione del combo statunitense di fermarsi anzichè sostituirlo. A Jon vanno, da parte di tutto lo staff di truemetal.it, i più sentiti auguri ed un in bocca al lupo per la sua battaglia più importante.

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Traclist:
01. Rise To Revise 5:40
02. Death Of A Dream 6:01
03. The Age Of Betrayal 5:13
04. The System 5:02
05. Inversion 5:49
06. Mouth Without A Head 5:40
07. Desecration Day 5:09
08. Icon Of Resolution 5:45
09. Inside Looking Out (The Icon & The Ghost) 8:21
10. Building The Towers 6:33

Line-up:
Steve Braun: vocals
Jon Bodan: lead guitar, backing vocals
Matthew Zane Harper: rhythm guitar, backing vocals
Kris Maltenieks: bass, death vocals
Ernie Topran: drums

Guest:
Pamela Moore: vocals

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