Recensione: Chaire + Live at Pomigliano d’Arco 1973

Di Fabio Vellata - 14 Dicembre 2025 - 10:00
Chaire + Live at Pomigliano d’Arco 1973
Band: Cervello
Etichetta: Sony Music
Genere: Prog Rock 
Anno: 2025
Nazione:
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78

I Cervello furono una delle formazioni più raffinate dell’area napoletana, autori nel 1973 del solo “Melos”, poi scioltisi nonostante il grande potenziale compositivo e strumentale. “Chaire & Live at Pomigliano d’Arco 1973” mette insieme un nuovo ciclo di brani in studio costruiti attorno alla voce recuperata di Gianluigi Di Franco e un concerto d’epoca che documenta il gruppo nel suo momento più ispirato.​

Chaire & Live at Pomigliano d’Arco 1973” è un’operazione a metà fra recupero filologico e atto d’amore, che riporta in vita un nome storico del prog napoletano con materiali inediti ma coerenti con lo spirito di “Melos”. Il risultato è un’opera affascinante e curata, non esente da limiti soprattutto sul piano tecnico del live, ma di notevole valore artistico e storico.​
Un’opera di restauro tratta da tracce originariamente pensate per un secondo capitolo da studio. Stralci di composizioni che Di Franco e Rustici avevano abbozzato a cavallo fra anni settanta ed ottanta. Insomma, siamo nella preistoria del genere, o quasi.

Il cuore del primo disco è la suite “Chaire”, articolata in un saluto iniziale e finale che incorniciano brani dal forte immaginario mitico-mediterraneo, con titoli come “Templi Acherontei” o “La seduzione di ChiaroUlivo”. La scrittura conserva il gusto per gli incastri ritmici, le strutture frammentate e le coloriture acustiche tipiche del prog italiano d’epoca, ma con una produzione più ariosa che valorizza il dialogo fra chitarre, fiati e tastiere.​

L’operazione sulle parti vocali di Di Franco, ricostruite a partire da registrazioni d’archivio (ricordiamo che Di Franco è scomparso nel 2005) dona alla suite un’aura sospesa fra passato e presente: la presenza timbrica è credibile, pur con qualche inevitabile disomogeneità sonora rispetto al resto dell’impianto. L’esecuzione strumentale del nucleo storico (Rustici, D’Ambrosio, Spagnolo) affiancato da nuovi contributi è precisa ma non fredda, con fraseggi di flauto e sax che sostituiscono idealmente il mellotron, ribadendo la cifra “anomala” dei Cervello dentro il canone sinfonico.​

Il secondo blocco, “Live at Pomigliano d’Arco 1973”, propone estratti dal repertorio di “Melos” come “Canto del Capro”, “Scinsione (T.R.M.)” ed “Euterpe”, oltre a un brano strumentale inedito, in una resa che privilegia energia e urgenza rispetto alla pulizia. La registrazione, pur lontana dagli standard moderni, restituisce bene la maturità sorprendente della band, con passaggi complessi eseguiti con naturalezza e un pathos vocale che colloca l’esibizione tra le testimonianze live più significative del prog italiano dei primi anni Settanta.​

Siamo in territori assolutamente nascosti e profondamente di nicchia. Un prodotto, in effetti, riservato ad una ristrettissima e selezionata cerchia di amatori che sanno penetrare nella profondità del prog rock italiano di cinquant’anni fa. Quello dal sapore elitario, un po’ cerebrale (appunto) e decisamente evoluto in termini di pura espressione artistica.
Nel suo insieme, il lavoro funziona come ideale ponte fra l’unicità visionaria di “Melos” e una stagione che sembrava perduta, senza scadere nella mera operazione nostalgica.
Per il neofita può non essere l’ingresso più immediato nel mondo dei Cervello, ma per gli esperti che già hanno una qualche familiarità con il gruppo, rappresenta un tassello davvero notevole, capace di aggiungere profondità alla storia più che limitarsi a celebrarla.

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