Recensione: Chapter VI

Chapter VI

Dopo quattro autentici capolavori del Doom (e un leggendario Live), per i Candlemass è tempo di pensare al quinto album in studio, Messiah Marcolin vorrebbe continuare sulla falsariga epica, pesante e classicista dei precedenti album, mentre Leif Edling vuole un cambio di rotta, un approccio più diretto, accessibile e heavy, questo contrasto di idee tra i due, più altri vari attriti, porterà agli inizi del 1991 all’abbandono di Messiah da cantante e frontman dei Candlemass. Edling e compagni hanno quindi l’arduo e difficilissimo compito di sostituire Messiah e dopo una serie di audizioni a cui parteciperà anche Johan Langquist (di cui potete trovare anche alcuni suoi demo di questa sessione nella raccolta Doomology), ma la scelta ricade sul cantante Thomas Vikstrom, voce eclettica e squillante, del tutto differente dalla voce calda e operistica di Marcolin. Scelto il nuovo cantante, è il momento quindi per la band di registrare e rilasciare il nuovo album, ed è così che sul finire del 1992 esce Chapter VI, il sesto capitolo della band (la band conteggia anche il Live a Fryshuset del 1990). 
E’ effettivamente un nuovo “capitolo” per la band di Edling e soci, fin dal primo brano ci si rende conto che la band è cambiata molto, non solo per il nuovo cantante ma anche per il sound più diretto e per una produzione molto più scarna e meno pomposa, The Dying Illusion è un opener veloce e rockeggiante, che mette da parte il doom per un approccio più classicamente heavy; Vikstrom, seppur non sia Marcolin, mostra comunque fin da subito un carattere deciso, la canzone funziona ed ha anche un bellissimo assolo di Lars Johansonn, ma il meglio deve ancora arrivare.
Julia Laughs No More è la canzone successiva, ed è tra le migliori del disco secondo me, inizia con un breve arpeggio di chitarra che sfocia in un riuscitissimo mid-tempo hard rock, con dei riff azzeccati e delle linee vocali catchyJulia Laughs No More potrebbe tranquillamente essere una qualsiasi canzone dei Black Sabbath del periodo di Tony Martin.
A seguire vi è quello che secondo me è in assoluto il brano migliore di Chapter VI, ovvero Where The Runes Still Speak, questa è anche la canzone più marcatamente epic doom del disco, un atmosferico e monolitico brano di più di 8 minuti, in cui l’atmosfera è sulfurea e l’incedere è sempre più oscuro e drammatico; una canzone di una bellezza più unica che rara, il tutto impreziosito da sinistre tastiere e imponenti assoli.
The Ebony Throne inizia con delle tastiere un pò dozzinali, ma si riprende subito con dei convincenti riff, una struttura articolata e quasi progressive e un riuscito ritornello; arriva quindi il turno di Temple of the Dead, altro brano doom del lotto, che però non ha le stessa carica evocativa di Where the Runes still Speak, ma è comunque un buon brano, che mostra una solida e potente prestazione vocale di Vikstrom e un assolo di Lars da manuale.
Dopo il “Tempio dei Morti”, ecco Aftermath, un altro highlights del disco, energico brano che inizia con un oscuro arpeggio e si conclude con un’ottima melodia malinconica e apocalittica, apocalittico è anche il testo, che parla di un mondo nel caos e devastato dai disastri delle guerre atomiche, questa è la canzone di Chapter Vi che preferisco iin assoluto assieme a Where The Runes Still Speak.
Dopo uno dei miei pezzi preferiti, irropme con prepotenza e aggressività la cattiva Black Eyes, qui Vikstrom raggiunge note molto alte, degne del miglior Dickinson; mentre la fiacca The End of Pain chiude il disco, quest’ultimo a mio avviso è l’unico neo dell’albuminsieme ad un missaggio non proprio al top. 
Chapter VI non raggiungerà le vette dei precedenti album, ma è sicuramente un solido album heavy/doom ingiustamente snobbato, un disco sfortunato anche dal punto di vista delle vendite, talmente basse da costringere i Candlemass a sciogliersi agli inizi del 1994; Chapter VI rimane tutt’ora, proprio per il motivo dello scioglimento, l’unico lavoro dei Candlemass con il buon Vikstrom (oggi nei Therion) alla voce, Vikstrom che ha saputo dare, anche se per poco, un tocco “diverso” ai Candlemass, forse proprio per questo motivo il disco non fu recepito all’epoca.

Tracklist:
1. The Dying Illusion
2. Julia Laughs No More
3. Where The Runes Still Speak
4. The Ebony Throne
5. Temple of the Dead
6. Aftermath
7. Black Eyes
8. The End of Pain