Recensione: Clandestine

Di Alberto Fittarelli - 20 Giugno 2009 - 0:00
Clandestine
Band: Entombed
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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98

“Tirai dentro Johnny fondamentalmente perché era un nostro buon amico. In retrospettiva, avrei dovuto prima controllare che sapesse cantare. O meglio, non avrei mai dovuto cacciare L.G. Che posso dire, ero giovane e impulsivo.” – NICKE ANDERSSON (from “Swedish Death Metal” di Daniel Ekeroth)

È il 1991. La febbre dei demo è ormai completamente esplosa in Svezia, e a guidare la massa ci sono ovviamente gli Entombed, che hanno saputo portare un fenomeno adolescenziale a livelli impensati col capolavoro Left Hand Path, solo un anno prima.

Ma un anno è sufficiente a cambiare molte cose, ed è proprio questo il caso per gli ex-Nihilist: dopo una festa di Capodanno finita male, il factotum del gruppo, il batterista Nicke Andersson, caccia improvvisamente il cantante L.G. Petrov dalla band con l’accusa di averci provato con la sua ragazza. Pettegolezzi da Novella 2000 a parte, il problema sarà molto più difficile da risolvere di quanto Nicke si aspetti nella rabbia del momento.

Prima di tutto viene un EP, Crawl: e per questo, bisogna trovare un sostituto in fretta e furia. Senza nemmeno pensarci troppo, il prescelto è Orvar Säfström degli ottimi Nirvana 2002, sfortunati nello svanire dopo pochi demo quando avrebbero dovuto avere lo stesso successo dei Nihilist. Orvar ha una timbrica e un approccio molto simili a quelli di L.G., il che serve a non marcare una linea troppo netta tra il debut e il materiale successivo degli Entombed. Ma il guaio è che Säfström, ai tempi, decise di dedicarsi totalmente al suo progetto personale, e lasciò quindi gli Entombed dopo la registrazione dell’EP e un ottimo tour europeo. Scelta non lungimirante per il metal, ma c’è da dire che oggi Säfström è un critico cinematografico di particolare successo in Svezia.

Andersson quindi, ormai quasi in panico, decise di assumere per il ruolo un amico del gruppo, l’ex bassista dei Carnage Johnny Dordevic, e mai scelta si rivelò più sbagliata. Johnny infatti dimostra quasi subito di non essere assolutamente in grado di cantare death metal, tanto meno con lo stile creato da L.G. & soci, ma ormai le registrazioni incombono, le pressioni sono pesanti e il gruppo entra quindi in studio: e alla voce ci sarà, in incognito, lo stesso Andersson.

In incognito, sì, perché come avrete sicuramente notato sulla vostra copia, nel booklet è indicato Dordevic come singer: una decisione abbastanza incomprensibile, dettata probabilmente dall’orgoglio di Nicke, che non voleva ammettere di aver dovuto trovare una soluzione d’emergenza. In realtà è stato recentemente rivelato che Dordevic canta una singola linea vocale sull’album – ma non è stato precisato quale, e quindi spetta a noi il piacere di trovarla.

E l’album? Gli Entombed, di nuovo ai loro massimi livelli. La produzione si è fatta sensibilmente più cristallina rispetto a Left Hand Path, il che toglie qualcosa della potenza, del suono “grasso” da loro stessi creato; ma i riff sono più elaborati, le strutture più complesse, i pezzi interessantissimi. Andersson dichiara che ai tempi il gruppo veniva fortemente influenzato dagli Atheist e in generale dal death tecnico, cosa comunque rivista in ottica svedese, e se è difficile sentire la band di Kelly Shaefer in Clandestine è solo dovuto alla già fortissima personalità degli Entombed.

Brani come Living Dead o Stranger Aeons sono entrati subito nella storia: addirittura degli assoli accennati su pattern di batteria vari e “sofisticati” (siamo pur sempre nel 1991!), le linee vocali sovrapposte di Andersson – a dire il vero, per molti il vero punto debole del disco – e il suono più potente e moderno raggiunto, all’epoca, dallo swedish death: ancora una volta gli Entombed aprivano la via per la miriade di gruppi pronti a seguirli fedelmente. C’è qualcosa addirittura “rockeggiante” nel riffing di pezzi come Evilyn, e se l’affermazione può risuonare per alcuni come una bestemmia in chiesa, forse diventa meno bizzarra se si pensa alla strada che gli svedesi intraprenderanno a partire dal successivo Wolverine Blues
Altro passaggio obbligato della recensione (del disco lo sono tutti, questo immagino che ormai sia chiaro) è ovviamente Crawl: il suo riff è uno dei più famosi dell’intera scena estrema, imitato all’inverosimile, in modo cosciente o meno, da almeno un miliardo di gruppi svedesi e non negli anni a venire. A ragione.

La caratteristica fondamentale che gli Entombed riescono a mantenere su Clandestine, a differenza di come si svilupperà spesso e volentieri il death metal nel decennio successivo, è l’atmosfera: che non viene creata (se non raramente, vedi l’outro della citata Crawl) tramite tastiere o passaggi ad effetto, ma semplicemente grazie al suono delle chitarre, alle melodie distorte, alle vocals riverberate; e dal canto mio, non posso che dare un giudizio totalmente positivo all’impegno di Andersson dietro al microfono, se non altro per aver colto esattamente cosa fosse necessario alla musica degli Entombed e a un disco come Clandestine. Che poi ci fossero le capacità fisiche per ottenerlo, è un altro discorso: ma sfido i fan del genere a smentirmi quando affermo che il lavoro infuso da Nicke sulle singole linee vocali lo fa assolutamente avvicinare al risultato desiderato.

L’album vide il debutto al basso di Lars Rosenberg, già coi Carbonized (altro gruppo culto rimasto limitato all’underground) e coi Therion; il suo substrato sonoro si mantiene saldo per tutto il disco, senza mai emergere a sproposito, ma dando corpo ai riff del gruppo.

Through The Collonades chiude, con la sua apertura atmosferica, un album che lancerà almeno tre correnti diverse nel death metal: consolidando quella death classica, fornendo idee a quella più melodica (gli At The Gates debutteranno a breve con idee molto simili a quelle prese proprio dalla canzone di chiusura) e persino anticipando qualcosina del futuro death’n’roll, come abbiamo visto. Un album seminale almeno tanto quanto Left Hand Path quindi, seppur diverso e diversamente inserito nel contesto: e pur tornando in fretta sui propri passi per quanto riguarda il singer, gli Entombed stessi non riusciranno mai più a raggiungere i livelli dei primi due album della propria carriera. Oggi, Andersson rispolvera il suo immarcescibile talento con i Death Breath (da ascoltare assolutamente, se volete rituffarvi in quegli anni!), ma ovviamente nel mondo intorno a lui è cambiato tutto; gli Entombed per primi, che si mantengono su alti livelli, ma con uno spirito quasi radicalmente diverso.
Come non parlare quindi di “venerazione”, di fronte ad un album unico nella storia del metal?

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

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Tracklist:

1. Living Dead 04:26 
2. Sinners Bleed 05:11 
3. Evilyn 05:05 
4. Blessed Be 04:47 
5. Stranger Aeons 03:25 
6. Chaos Breed 04:53 
7. Crawl 06:14 
8. Severe Burns 04:01 
9. Through the Collonades 05:38
 
Total playing time 43:40

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