Recensione: Clowns Lounge

Di Fabio Vellata - 10 Dicembre 2016 - 17:30
Clowns Lounge
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2016
Nazione:
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70

Rimasti inattivi sin dal 2009 e considerati ormai disciolti, gli Enuff Z’nuff hanno rappresentato per anni un significativo esempio di glam rock sornione ed edulcorato. Paladini di un tipo di suono che a cavallo tra anni ottanta e novanta era addirittura assimilabile al pop, tanto era l’appeal che le strutture musicali prodotte da Chip Z’nuff, Donnie Vie e soci – sempre accattivanti e ruvidamente orecchiabili – erano state in grado di procurare.

Al solito, la storia tante volte riproposta che racconta di pressanti richieste da parte dei fan, per l’uscita di nuovo materiale della propria band preferita, porta a qualche novità. Il più delle volte ad esiti talora raffazzonati, privi di effettivo valore e dal sentore di assoluta inutilità, frutto di un qualcosa che pare assemblato giusto per pura routine. Oppure, come in questo caso, ad una collezione che pur non aggiungendo alcunché di nuovo o di effettivamente superiore ad una discografia già corposa e completa, reca con se un minimo di interesse, riconsegnando agli ascoltatori un disco, quanto meno, fedele ai livelli stilistici dei tempi migliori.

“Clowns Lounge”, in effetti, null’altro è che una semplice raccolta di vecchie canzoni rimaste incompiute all’alba dell’epoca d’oro del gruppo di Blue Island, ripescate tra i nastri polverosi che erano poi andati a comporre l’ottimo esordio omonimo datato 1989.
Un bel biglietto da visita per chi ne ricorda le piacevolissime sembianze, dunque. Hard Rock venato di pop con la melodia facile ed il ritornello che fa l’occhiolino alla classifica (di allora, ovviamente), con particolare riguardo per l’impasto vocale un po’ ruvido, un po’ ammiccante, tipico di Donnie Vie.
Nulla più, nulla meno. Con tanto di registrazione che in qualche frangente sembra quasi voler apparire forzatamente vintage, quasi stessimo ascoltando un consunto demo-tape risalente a trent’anni prima.
Effetto nostalgia assicurato, che con “Runaway”, “Rockabye Dreamland”, “She Makes it Harder”, “Backstreet Kids” e la conclusiva “One More Hit” raggiunge l’apice di un songwriting dai tratti spesso gradevoli seppur mai votati ad una particolare eccellenza.

Discorso a parte per la nuova “Dog on a Bone”, cantata da Chip Z’nuff ed un pelo stiracchiata (caruccia ma il chorus non convince proprio) e “The Devil Of Shakespeare”, originariamente scritta nel 2004 ed impreziosita dalla presenza di Jani Lane dei Warrant alla voce e James Young degli Styx alle chitarre. Tutto sommato, nei tratti beatlesiani un po’ mosci e sonnolenti, anche in questo caso un episodio piuttosto trascurabile.

Gli Enuff Z’Nuff di “prima qualità”, quelli da tramandare ai posteri, rimangono specificatamente quelli dei primi due / tre album.
Ed è in ragione di ciò che “Clowns Lounge” appare operazione discretamente riuscita, proprio per il forte legame che mantiene con le primissime incarnazioni della band americana.

Disco decisamente non necessario e di contorno, insomma. Seppure recante risvolti, come più volte riferito, per nulla sgradevoli o disprezzabili.

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