Recensione: Cold Flare Eternal

Settimo album per i Before The Dawn ma, più indicativamente, seconda uscita dopo “Stormbringers” (2023), il quale ha segnato il ritorno sulle scene della band finlandese, disattivata, se così si può dire, per una decina d’anni. Autore di tutto ciò è Tuomas Saukkonen, mastermind assoluto della compagine del Nord, polistrumentista con le mani in pasta in numerosi progetti e che qui, nel disco, si occupa solo di batteria e chitarra ritmica.
Detto questo, Finlandia. Ancora una volta il melodic death metal fa capolino fra la Terra dei Mille Laghi, consolidando uno stretto connubio che, negli anni, ha sfornato act dall’assoluto valore tecnico/artistico ed LP ormai leggendari. Un insieme, quindi, che per le sue fattezze delicate ma allo stesso tempo possenti, si è fatto conoscere per il Mondo con l’istituzione, anche se non ufficiale, di quello che viene definito finnish melodic death metal.
Di questo agglomerato fanno parte, nemmeno a dirlo, i Before The Dawn. La presenza di Saukkonen, per via della sua eccezionale vena compositiva, oltre che alla ridetta preparazione quale polistrumentista, è di fatto un quid in più di… default che i Nostri mettono in saccoccia per aumentare la loro progressione musicale. Progressione che si sviluppa con un deciso, netto risvolto antitetico fra l’aggressività del death (“Shockwave“) e la melodiosità del power metal europeo (“Mercury Blood“). Chi ama questo genere sa bene che non si tratta di una novità, tuttavia occorre porre l’accento sul fatto che a riuscirci come si deve, rispettando cioè i dettami stilistici di base, non sono poi così in tanti. Nelle Nazioni del circolo polare artico, tutto questo appare davvero naturale, come un filamento in più nel DNA. Mentre, altrove, non sempre la pietanza riesce ben cotta.
L’incipit ambient/strumentale “Initium” fa da introduzione al leit motiv di “Fatal Design“. Un brano che, assieme a “As Above, So Below“, lascia subito il segno su quale sia il livello di evoluzione raggiunto con “Cold Flare Eternal“. Ecco che allora la furia del metallo oltranzista, attivata dal drumming possente e veloce assieme all’attacco delle chitarre, si scioglie come neve al sole quando Paavo Laapotti, cantante praticamente perfetto per la bisogna, intona i suoi ritornelli da brividi freddi sulla pelle. Le sue linee vocali abbracciano, oltre alle clean vocals, un growling piuttosto cattivo che, senza esagerare nella belluinità, segue per bene l’andamento degli strumenti che le accompagnano.
L’attenzione per il songwriting è evidente, data l’elevata qualità delle song. Anche se tutto è al suo posto, come per esempio il riffing delle sei/sette corde che si propone a petto in fuori, la sensazione è che, comunque, lo sviluppo essenziale sia avvenuto con un’istintività che non è mai scomparsa, fra le tracce del full-length. Istintività che si può percepire con chiarezza nella citata “As Above, So Below“, dotata di un refrain clamorosamente melodioso, vera carezza per l’udito anche se l’orecchiabile voce pulita duetta con la rudezza del growling (sic!).
Fanno la loro parte anche le tastiere (“Flame Eternal“), il cui compito è quello di rendere ancora più armoniche le tracce, oltre che a inspessire, assieme all’opera del basso di Pyry Hanski, un sound assolutamente esplosivo. Cui contribuiscono i fulminanti assoli dell’ascia da guerra di Juho Räihä, chitarrista dotato di gusto sopraffino e di gran classe (“Flame Eternal“).
Rispettando i ritmi naturali del Paese nordeuropeo, non poteva non mancare una netta declinazione verso un umore sì scoppiettante, sì trascinante, ma anche triste, malinconico (“Stellar Effect“). Le varie tracce, dotate di un buon carattere affinché si possano distinguere le une dalle altre, sono altresì figlie di quest’altro dualismo, che prende la sua forma dall’allegria e dalla mestizia (“Ad Infinitum“). Un’ulteriore antitesi che sfuma anch’essa, sempre e comunque, in un suono massiccio, pulsante, limpido e chiaro come la luna piena in un cielo senza nubi (“Stronghold“), grazie alla preparazione tecnica dei membri della band e le varie fasi realizzative del platter, produzione in primis.
Tirando le somme, forse “Cold Flare Eternal” non mostrerà sconvolgimenti rispetto alla tipologia creativa di partenza, ma si rivela un granitico nonché moderno contenitore di canzoni in grado di raggiungere vette elevatissime di grandiosa musicalità (“Destination“). Davvero un’opera ben riuscita sotto tutti i punti di vista, nessuno escluso.
Daniele “dani66” D’Adamo

