Recensione: Corona Regni Satanæ
Túrin Turambar.
Dietro questo moniker rubato allo scrittore inglese J.R.R. Tolkien nella sua opera “Il Silmarillion”, si cela Ataman Tolovy, fecondo musicista che brulica nel più tetro undeground polacco del metal estremo.
Oltre a questo progetto, difatti, si annoverano a lui gli Stillborn, nei quali si cimenta con la voce e il basso, e i Genius Ultor, ove suona solo quest’ultimo strumento dietro allo pseudonimo di Zgorzel. Nei Túrin Turambar in realtà Tolovy si assume la responsabilità della chitarra, oltre a quelle naturali di basso e voce, anche se in “Corona Regni Satanæ” si è avvalso della prestazione dell’axe-man Kniaź Przerost Mrom.
L’idea Túrin Turambar fonda le sue radici nell’ormai lontano 1992 e, da allora, non sono state così poche, le relative uscite discografiche. Oltre a quattro demo (“Oner”, 1994; “Kill”, 1997; “XXX”, 2001 e “Promo 2003”, 2003), c’è uno split con i Dirt Kingdom (“Restart The Big Band”, 2011), un EP (“Tryzgon”, 2011) e quindi, uscito il giorno di San Silvestro del 2010, il primo e sin’ora unico full-length della band: “Corona Regni Satanæ”, appunto.
Se alle altre due sue formazioni Tolovy apporta un contributo sostanzialmente ancorato agli stilemi classici del black/death, nei Túrin Turambar si scatena la sperimentazione più folle. La natura primigenia è sempre quella, a base cioè di black, ma “Corona Regni Satanæ” tutto quanto in essa conosciuto è snaturato, rivoluzionato, rivisitato in una sorta di ‘free-jazz cacofonico’ metallico, nel quale ogni coordinata conosciuta si rapporta alle altre in un ordine apparente casuale, ove regna indisturbato il caos strisciante.
Difficile trovare qualche termine di paragone, anche se il groove richiama il black/thrash dei primordi. Qua e là si possono trovare tracce dei Venom, degli Hellhammer, degli Slayer e, marginalmente, qualcosa dei Motörhead. Ma, come in un calderone ribollente di magma incandescente, tutto si perde, si fluidifica fra gli accordi dissonanti di chitarra e di basso, e in mezzo alle urla scellerate di Tolovy, la cui interpretazione non è inquadrabile entro dei limiti predefiniti. Accanto a un roco scream che, bene o male, lega i singoli brani, non di rado spuntano grida, growling, parti in cleaning che rendono ardua se non impossibile l’assimilazione del disco secondo i canoni comuni dell’approccio musicale.
Anche il guitarwork sfiora il dolore, giacché si risolve in una selva di riff stridenti dal suono marcio e confuso. Il basso, dalle linee potenti e dinamiche, assieme alla disarticolata batteria forma una sezione ritmica convulsa e non-lineare. Il tutto per un sound che sembra rivoltarsi su se stesso prima di scappare per una qualsiasi direzione della bussola.
Quello che, invece, non sfugge è una costante sensazione di angoscia, una forte depressione che permea ogni angolo del CD, giungendo a lambire le funeree brume del doom con la lenta e sinuosa “Czarny Pies” (ingl. “Black Dog”). Nonostante un’obiettiva difficoltà a star dietro agli infiniti arzigogoli musicali ricamati da Tolovy e il suo compagno e a sostenere il peso delle terribili disarmonie delle song, alla fine non si può evitare di riconoscere a “Corona Regni Satanæ” una sua pazzesca personalità.
Alla fine è lampante una considerazione: il black sperimentale di Ataman Tolovy e dei Túrin Turambar può avere solo due effetti. Può piacere oppure no. Non esistono vie di mezzo per “Corona Regni Satanæ”. O si apprezza per il tentativo di fuoriuscita dai canoni che rappresenta, o si rifiuta per l’irresistibile noia che può provocare. In ogni caso, trattasi di materiale per super-appassionati.
Almeno questo, è chiaro.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Zlodziej Ryb 2:52
2. Drugi Dom Os 3:44
3. Za Chram 4:48
4. Deszcz II 5:35
5. Octu Noce 2:12
6. Bagno Mar 4:10
7. Czarny Pies 10:43
8. Koda 1:42
9. Prokreacja Niebytu 4:36
Durata 40 min.
Formazione:
Ataman Tolovy – Basso e voce
Kniaź Przerost Mrom – Chitarra