Recensione: Curse Of The Hidden Mirror / iHeart Radio Theater N.Y.C. 2012 (reissues)

Di Francesco Maraglino - 13 Giugno 2020 - 11:59
Curse Of The Hidden Mirror  /  iHeart Radio Theater N.Y.C. 2012 (reissues)
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Continua, dopo due live e due studio album, l’operazione della Frontiers Music di ristampa degli album dei Blue Oyster Cult. Anche a questo giro le uscite sono due in un colpo solo: ancora una volta un live ed un album in studio.

La scelta di quest’ultimo è caduta, in questo caso come nel precedente, su uno dei dischi più recenti – e, quindi, meno noti e, soprattutto, fuori catalogo – della band, “Curse Of The Hidden Mirror”, il quale che vede per la prima volta la luce nel formato vinile.
L’album prende il nome, a quanto pare, da una canzone mai uscita dello Stalk-Forrest Group (la band che si sarebbe poi trasformata nei BOC), e vede una line-up completata dal celebre batterista Bobby Rondinelli (Rainbow, Black Sabbath) e dal bassista Danny Miranda (con loro sin dal precedente “Heaven Forbid”).
“Curse…” rimarca, senza particolari novità, ma con infinita classe, gli stilemi più classici delle vari fasi della lunga carriera della band.
Nella tracklist dell’album sono, infatti, incardinati diversi brani riconducibili al più classico hard rock “anni Settanta” della formazione statunitense: pensiamo a una One Step Ahead Of The Devil con qualche spunto alla  Led Zeppelin, a una Eye Of The Hurricane che mescola tosta energia con riff a notevole tasso di gradevolezza, o ancora, a Dance On Stilts, venato di blues, e a The Old Gods Return, drammatico e teatrale.

Good To Feel Hungry, invece, mette le quattro corde del basso in bella vista e a disposizione di un suono funky e negroide.

Va detto, però, che qui i Blue Oyster Cult  prediligono spesso il profilo elegante e pop (con tratti AOR) del proprio sound, sviluppato in decenni di carriera.
E’ il caso di Showtime e Here Comes That Feeling, pop, eleganti e piacevolissime, al pari di una comunque più grintosa Pocket. Molto catchy sono pure Out Of The Darkness, ballata rilassata valorizzata da una liquida chitarra, e Stone Of Love semiballad gentile e soft.

In definitiva “Curse Of The Hidden Mirror”è, appunto, un lavoro molto più soft rispetto a quanto ci si poteva attendere dopo il maggiormente heavy e tagliente “Heaven Forbid”, forse persino troppo. Rappresenta molto bene, in ogni caso, il versante di maggior classe e rilassatezza di questa straordinaria band

L’album dal vivo ripubblicato è, invece, “iHeart Radio Theater N.Y.C. 2012, e ripropone, in audio ed in video, una performance molto particolare. La band, infatti, nel dicembre 2012 si esibì all’iHeartRadio Theater in New York City, di fronte ad una ristrettissima cerchia di duecento fortunati fans (l’occasione fu la presentazione di un boxset). Accanto ai due componenti storici  Eric Bloom e Donald “Buck Dharma” Roeser, la line-up fu per l’occasione completata da Kasim Sulton al basso, Jules Radino alla batteria e da un molto presente  Richie Castellano ( chitarra, tastiere, voce).

Non mancano qui, naturalmente, i superclassici della band, quali le immarcescibili Burnin’ For You, Godzilla e (Don’t Fear) The Reaper,  tutte deliziosamente grintose eppure  accattivanti,  nonché  gli spunti di  potente hard settantiano di Cities On Flame With Rock And Roll Career Of Evil e Black Blade (sempre hard ma più easy).
Ci piace citare qui anche le più eleganti R U Ready 2 Rock (hard rock orecchiabile e trascinante) Golden Age Of Leather (con apertura a cappella che anticipa un hard rock molto catchy), Shooting Shark (soft incastonato da un basso elegante e da una chitarra quasi fusion).

In definitiva, ancora una volta la Frontiers Music ha saputo riproporre due uscite interessanti. Il live, tendenzialmente, è destinato agli accaniti collezionisti (o a chi, al contrario, si approcci per la prima volta ai BOC e ne voglia ascoltare un primo florilegio di alcune loro canzoni), l’album in studio è da non mancare per tutti gli appassionati di buon rock.
Va rimarcata l’intelligenza di non riproporre, per ora, dischi arcinoti del gruppo e, pertanto, facilmente rinvenibili, ma “chicche” di alto livello ma più rare, sempre restando in trepida attesa per un nuovo full-length di inediti. I Blue Oyster Cult, infatti, sono  una band che non è mai scesa qualitativamente al di sotto di un certo livello (come “Heaven…” e questo “Curse…”, appunto,  dimostrano), e siamo, pertanto, fiduciosi di poterci attendere un altro piccolo capolavoro.

Francesco Maraglino

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