Recensione: Cycle of Contempt

Di Andrea Bacigalupo - 24 Settembre 2022 - 23:28
Cycle of Contempt
Etichetta: Relapse Records
Genere: Thrash 
Anno: 2022
Nazione:
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60

E tornano anche i Razor! Altri Vecchi Leoni, che, stufi di stare a casa in ciabatte davanti alla televisione, cercano la salvezza dalla noia chiudendosi di nuovo in sala di registrazione per produrre del sano e robusto Thrash Metal.

Appartenenti alla prima ondata canadese, con compagni quali Anvil, Exciter e Voivod, per citarne alcuni, quando lo scopo era “suonare il più velocemente possibile”, la creatività degli allora ventenni Razor consisteva nel trasformare in caos primordiale tutto ciò che poteva sembrare musica attraverso uno Speed / Thrash grezzo, frastornante e senza mezzi termini, come testimoniano lavori quali ‘Executioner’s Song’ ed ‘Evil Invaders’, usciti entrambi nel 1985, od il più ‘maturo’ ‘Violent Restitution’ del 1988.

Non tutto è andato bene per questa storica band: nella loro discografia ci sono anche episodi non proprio riusciti, i disaccordi ed i cambi di lineup sono stati frequenti e c’è stata più di una pausa, tra cui l’ultima di ben 25 anni tra un disco e l’altro: ‘Decibel’ del 1997 e questo nuovo ‘Cycle of Contempt’, disponibile dal 23 settembre 2022 via Relapse Records.

La formazione attuale comprende i due fondatori Dave Carlo alla chitarra, unico sempre presente, e Mike Campagnolo al basso, che invece è entrato ed uscito più volte, oltre a Bob Reid alla voce, nella band da ‘Shotgun Justice’ del 1990’ e Rider Johnson alla batteria, assunto nel 2014 come live musician e che, nella realtà, al Full Length ha partecipato pochissimo.

Com’è questo nuovo album? Diciamo che è apprezzabile il fatto che i Razor non hanno voluto copiare loro stessi più giovani, dando vita ad un lavoro poco genuino. Di fatto, ‘Cycle of Contempt’ è privo di quell’incazzatura istintiva giovanile di cui era intriso lo Speed di quel periodo.

Per il resto, si tratta di un Thrash primordiale terribilmente Vecchia Scuola, che non la manda a dire, spedito e sufficientemente solido per scorrere senza sosta, con tanti riff segaossa macinati uno sull’altro per tessere brani dall’andatura vigorosa, che però, alla fine, risultano un po’ tanto semplici, scolastici e poco esplosivi. Non rimangono agganciati alla pelle, insomma.

Se poi aggiungiamo un Bob Reid che canta quasi tutte le strofe alla stessa maniera, facendo si che molti brani tendano ad assomigliarsi, ed una batteria non proprio rocambolesca, il risultato è mediocre e resta in memoria giusto perché il monicker è ‘Razor’ ed è conosciuto anche dai marziani.

Intendiamoci, c’è di peggio: ‘Cycle of Contempt’ riesce comunque a scatenare un poco salutare Headbanging … basta non stare troppo a pensare a quale canzone si sta ascoltando …

Che poi, qualche brano dove si sente la voglia di dire qualcosa di più c’è: la prepotente ‘Crossed’ dà una buona scossa elettrica, la strafottenza di ‘First Rate Hate’ è coinvolgente (fino a che, però, anche lei non si trasforma e diventa praticamente anonima), ‘All Fist Fighting’ è un bell’assalto sonoro con il suo riff punk e le strofe durissime e ‘Darkness Falls’ ha delle buone dinamiche … un po’ poco, però, su un totale di 12 tracce.

Di contro c’è anche un’imbarazzante ‘King Shit’, dove la band fa di tutto per renderla la canzone più brutta dell’anno (presumo nell’intento di divertire).

Insomma, ‘Cycle of Contempt’ non è proprio una delusione ma poco ci manca: la lama del rasoio ha il filo poco tagliente in quest’album e la band non centra l’obbiettivo. Se dobbiamo ricordare i Razor questo non è il loro lavoro più adatto. Peccato!

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75