Recensione: Speciale Saxon: recensioni Denim And Leather, Power And The Glory, Crusader [BMG Reissue]

Di Stefano Ricetti - 31 Luglio 2018 - 0:05
Speciale Saxon: recensioni Denim And Leather, Power And The Glory, Crusader [BMG Reissue]
Band: Saxon
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2018
Nazione:
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85

Dopo la precedente ondata di ristampe da parte di BMG, che hanno riguardato i primi tre dischi in carriera dei Saxon (qui la loro recensione), è ora la volta dei successivi “Denim And Leather”, “Power And The Glory” e “Crusader”. Anche in questo caso le reissue in cd si presentano curate sotto ogni aspetto, a partire dalla grafica passando per il packaging del tutto, a libro cartonato. Sempre ventiquattro risultano essere le pagine a disposizione del libretto incorporato, con tutti i testi dei vari brani presenti, rare foto, memorabilia di quel momento storico e note aggiuntive che spiegano l’origine e la genesi delle bonus track, che costituiscono le vere chicche dell’operazione.

Se “Wheels Of Steel” e “Strong Arm Of The Law” rappresentarono e tuttora incarnano due fra i più grandi album di sempre della Storia dell’Acciaio fatto musica, con “Denim And Leather” dell’81 iniziarono ad intravvedersi le prime crepe nella corazzata Saxon, sino a quel punto inaffondabile. Avversario – si fa per dire – da evitare a tutti i costi anche per gli altri colossi dell’epoca: i già consolidati Judas Priest e Motorhead in primis, seguiti dalle altre “new sensationDef Leppard e Iron Maiden.

Denim And Leather” a parere di chi scrive, fu il primo disco autoreferenziale della parabola artistica degli Stallions Of The Highway dello Yorkshire. Un prodotto valido, validissimo, ma dalla caratura inferiore ai due sopraccitati. Al suo interno dei pezzoni immortali quali “Princess Of The Night”, il brano più famoso dei Saxon sino all’uscita di “Crusader” (la canzone), seguito in ordine di possanza dall’accoppiata “And The Bands Played On” e ”Denim & Leather”, entrambi inni immaginifici in sede live non solo per il Sassone ma per tutto il movimento heavy metal del periodo. Impossibile poi non citare “Never Surrender”, traccia letteralmente scippata ai Vanexa di Savona i quali, sinceri come l’acqua, quando li incontrarono consegnarono ai Saxon la loro cassettina demo nella speranza di poterli poi supportare dal vivo nella loro successiva calata italica. Risultato: nessuna offerta come opener e un brano che, opportunamente modificato, andrà a piazzarsi come il secondo in scaletta sul celeberrimo “Denim And Leather”, per l’appunto.

Negli anni, molta della critica specializzata e anche tantissimi appassionati, volendo riandare al periodo d’oro dei britannici, citeranno non a caso il magico trittico “Wheels, Strong e Denim”, con quest’ultimo a chiudere il cerchio. Un album senza ombra di dubbio di valenza ma anche l’ultimo con il bombardiere Pete Gill, uno che s’era fatto un mazzo tanto per spingere la band lassù nell’Olimpo dell’Acciaio. Addirittura i suoi “amici”, successivamente al siluramento – perché di quello si trattò – insinuarono che NON TUTTE le tracce di “Denim And Leather” furono suonate da lui. Una falsità creata ad arte per screditarlo: in una chiacchierata privata lo stesso Pete mi ha assicurato che le mazzate presenti sul disco del 1981 furono tutte sue e soltanto sue! La band, sino a quel momento una vera “gang” di biker metallarissimi, priva del suo drummer storico, perderà un tassello fondamentale del proprio arsenale. E nulla sarà più come prima, nemmeno a livello di immagine.

A proposito delle bonus track: trascurabile “20,000 Ft” in versione remix, la successiva “Bap Shoo Ap” va considerata come una tipica testimonianza del concerto a Castle Donington del 1980 e nulla più mentre i sette pezzi alive tratti dal mitico Denim And Leather Tour del 1981 rendono appieno la potenza di heavy metal puro che sapevano emanare i Saxon dalle assi di un palco.

 

A seguire la recensione del disco così come uscita in tempo reale sulle colonne dell’autorevole Rockerilla numero 18 del novembre 1981, che dà, come le altre due successive afferenti “Power And The Glory” e “Crusader”, un’idea dell’humus letterario e del mood metallaro esistente in Italia in quel preciso momento.

 

SAXON DENIM AND LEATHER BMG

 

SAXON

“Denim & Leather”

Carrere

La lega anti-metallica li giudica “efferati muscolari”, ma nessuna titubante opposizione può contenere lo scatenarsi dell’uragano “sassone”. E’ il ritorno degli apostoli dell’Heavy Metal Thunder, uno dei grandi classici “All time”, dell’hard. Al tuono è succeduto il “fuoco nel cielo”, ma è certo che potete ancora contare sui Saxon per le vostre serate trashy. Di loro ci occuperemo più compiutamente nella prossima sezione “calda” di Rockerilla. Titoli da ascoltare prioritariamente: “Princess of the night”, “And the bands played on”, “Fire in the sky”.

Beppe Riva

 

Power And The Glory” del 1983, come scritto poc’anzi, fu il primo disco della storia del Sassone senza Pete Gill a pestare sui tamburi. Al suo posto Nigel Glockler, un bel “martello” pure lui, che però NON poteva mettere becco nelle questioni inerenti il gruppo, lasciando così campo sempre più libero al cantante Biff Byford, a scanso di equivoci un frontman eccezionale e un uomo con due colleoni così, che diverrà nel tempo il portavoce nonché il dominus della band. Questo grazie anche alla visione di alcuni manager del gruppo tipici di quel momento storico che consideravano “gli altri” sostituibili dall’oggi al domani e tutto doveva “girare” intorno a colui il quale dettava legge in mezzo al palco, di fronte e tutti, con il microfono in mano. Quindi interviste, visibilità e ospitate varie non potevano prescindere dalla presenza di Peter Rodney Byford, detto Biff, classe ’51. Una situazione fortemente discutibile, oggi, ma una volta funzionava così anche per molte altre band. Al netto di qualche zona d’ombra a livello comportamentale nella sua lunga carriera, onore e gloria a Biff, colui che ha permesso ai Saxon di rimanere in vita sino a oggi, ancora dopo tanti anni, vivi e splendidamente metalleggianti.

Power And The Glory” fu il lavoro che vendette di più di tutti gli altri nella storia degli Stallions e venne adeguatamente promosso anche nel nostro Paese grazie a dei concerti incendiari – Alla fine dello show dei Saxon a Milano anche l’erba fuori dal teatro Tenda Lampugnano odorava di Acciaio fumante! – fu inoltre sapientemente – si fa per dire… ehm – introdotto dal pezzo “Nightmare”, suonato annaspando in un playback clamoroso in quel del Sanremo Festival 1983, ovviamente in qualità di special guest.

Il disco mostra le inclinazioni alle scelte semplici da parte dei Saxon, come probabilmente era anche facile prevedere, dopo un momento di full immersion come quello passato sull’onda delle ebbrezze generate dal trittico magico. Ormai combo stra-consolidato, Saxon si trastulla nella bambagia del Metallo che in quegli anni conosce il proprio periodo di maggior splendore e che lui stesso ha contribuito a creare e fortificare. Orde di metallari si aggirano per le grandi città così come nei piccoli centri di provincia e le vendite di dischi, musicassette e riviste attinenti l’heavy metal conoscono momenti di gloria fino a poco tempo prima impensati. C’è voglia di Acciaio, c’è bisogno di Metallo e le grandi band vanno appunto alla grande. Byford, approfittando dello status di – anche – sex symbol se la spassa il più possibile con il maggior numero di donnine disponibili e la band vivacchia sugli allori, inevitabilmente. Se Iron Maiden e Def Leppard spingono per alzare sempre più su l’asticella – “Piece Of Mind”, “Powerslave”, “Pyromania” direi che possano bastare… – Saxon con “Power And The Glory” santificano sé stessi, andando sul sicuro ma senza impressionare. Il cambio del logo, poi fortunatamente accantonato, non produce scossoni, solo buoni pezzi di heavy metal. Mentre gli altri competitor innestano la quarta e poi la quinta marcia, i Saxon veleggiano a velocità di crociera per attutire i consumi. Ciò nonostante, il livello medio di alcuni pezzi è di sicuro interesse: la title track, l’oscura “Nightmare”, la motorheadiana “Warrior” e l’epica “The Eagle Has Landed” fanno la loro porca figura nel 1983 così come ancora oggi tengono botta. Nei riguardi delle bonus track griffate BMG stuzzicanti “Make ‘Em Rock” e “Turn Out The Lights” che non trovarono posto a loro tempo su “Power And The Glory” e le versioni demo di sette brani registrati nel 1982, alcuni dei quali andranno a finire sul disco opportunamente rivisti.

Qui di seguito la recensione del disco così come apparsa sulle colonne di Rockerilla numero 34 del maggio 1983.

 

SAXON POWER AND THE GLORY BMG

 

 

SAXON

“Power & The Glory”

Carrere

Nuovo vinile per i guerrieri Sassoni ormai definitivamente consacrati e votati al Potere ed alla Gloria. Nulla o quasi di nuovo da annotare sul piano dei mutamenti radicali, i Saxon non sono tipi da simili “colpi di testa”, e forse la validità di base del lavoro passa in second’ordine di fronte al dubbio pressante posto da questo gruppo che sembra non voler proprio cambiare niente… Eppure se si analizzano a fondo i solchi del 33, catalogate le ottime “Power & the Glory” e “This Town Rocks” come consueti, taglienti e sferzanti, classici esercizi, sbuca fuori una “Watching The Sky” dove il buon Graham Oliver mostra di non essere quella solida roccia a lungo vantata come incrollabile di fronte alle influenze più “comuni”; ed anzi svela di aver ceduto agli ammiccamenti del biondo sensuale californiano di importazione europea… certo una latente volontà di mutamento si denuda nella lenta e sinuosa “The Eagle Has Landed”, dove assaporiamo un amaro senso di incompiuto pur riuscendo la voce di Biff ad essere meno monocorde del solito con un interessante esperimento di filtraggi ad eco che tendono a creare un’atmosfera tesa e coinvolgente; un grande hit live e forse una via da battere con più convinzione! Episodio più turpe è senza dubbio “Nightmare”, un vero incubo anche a 45 giri che ci scorre davanti agli occhi mentre auguriamo di cuore a Biff e soci il “Midas Touch” cui siamo ben lieti di contribuire, ma gradiremmo qualcosa in più la prossima volta.

Giancarlo Trombetti

 

A distanza di oltre trent’anni dalla sua pubblicazione, successivamente alle tonnellate di materiale uscito sul mercato in ambito HM – tanta bella roba alternata a parecchie ciofeche e dischi inutili – ma soprattutto avendo l’heavy metal più classico e tradizionale raggiunto probabilmente il proprio limite fisiologico di “evoluzione” nella sua accezione più pura, un disco come “Crusader” è stato rivalutato da più parti. Anche perché, diciamocela tutta, se paragonato a moltissime release successive – in generale, non solo dei Saxon! – che di fatto non hanno lasciato particolari tracce, il disco con il guerriero a cavallo piazzato nel bel mezzo della copertina ha saputo comunque marcare un tassello nella storia della musica dura, nel bene ma anche nel male, dipende dai punti di vista, come sempre. Al di là di tutti i ragionamentoni, due milioni di copie di venduto non sono mica bruscolini, per il “Crociato”…

Un aneddoto personale: dopo aver finito un’intensa stagione lavorativa invernale a cavallo fra la fine del 1983 e l’inizio del 1984 nella quale non esisteva ancora il concetto di “giorno di riposo” o quantomeno era molto discrezionale, il sottoscritto la prima volta che ha potuto s’è fiondato nell’usuale negozio di dischi di provincia a chilometri e chilometri di distanza per accaparrarsi le novità HM del periodo, in ellepì. Fra le altre cose feci miei il freschissimo “Crusader” dei Saxon e “Defenders Of The Faith” dei Judas Priest, che attendeva negli scaffali da un paio di mesi circa. Vi lascio immaginare le sensazioni post ascolto dei due vinili: “Crusader” messo da parte dopo qualche perplessa passata e “Defenders Of The Faith” letteralmente consumato per settimane! Questo per inquadrare in qualche modo la stroncatura operata da Cesare Veronico su Rockerilla: in quel momento storico si abbisognava di HM, HM e ancora HM ortodosso, non di divagazioni hard rockeggianti in salsa West Coast Usa. Ovviamente da parte di una working class band come Saxon… La metamorfosi Usa ebbe addirittura l’effetto di schiarire la criniera di Byford, che di colpo si presentò biondo… Alcuni scatti contenuti in questa ristampa BMG sono eloquenti, a riguardo… Ma il miracolo non si esaurì con lui: pure a Paul Quinn iniziarono a ricrescere i capelli! Le foto di quel periodo, poi, non si potevano proprio vedere: al posto dei cinque amatissimi tamarrazzi in denim, spike & leather vi erano altrettanti figuri laccati, con un look che “tirava” verso Dokken e Van Halen. Onorevolissime band, sia chiaro, ma che nulla avevano a spartire con l’attitudine british defender!

Crusader”, al netto dell’ottima title track e della cover di “Set Me Free”degli Sweet, seppe comunque inanellare, con tutte le proprie contraddizioni – esplicitate sopra – un paio di buoni pezzi che avrebbero letteralmente spiccato il volo se non fossero stati prodotti e arrangiati in ottica spudoratamente americana: “Sailing To America” (Nomen, omen) e “Run For Your Lives”. In soccorso dei brani ufficiali vengono le bonus track griffate BMG: buona parte dei brani poi finiti su “Crusader” nella loro prima veste demo, più ruvida, risalenti al settembre del 1983. Due di loro non trovarono stranamente posto sull’album ufficiale: “Borderline” ed “Helter Skelter”, entrambi validi. A chiudere, un outtake a la Ac/Dc intitolato “Living For The Weekend”.

Come scritto in precedenza “Crusader” è uno degli album-simbolo del revisionismo storico scatenatosi in questi ultimi lustri: fortemente divisorio quando uscì, della serie “O mi ami o mi odi”, senza mezze misure, oggi è rivalutato da molti, anche fra coloro che gli spararono addosso nel 1984. Quando uscì, su Rockerilla numero 43 del marzo di quello stesso anno, venne così di seguito recensito.

 

SAXON CRUSADER BMG

 

SAXON

“Crusader”

Carrere

Diciamo subito che i Saxon non sono mai stati un gruppo geniale e che, a parte la loro buona disponibilità a esprimersi in maniera sufficientemente frontale on stage e l’abilità nell’aver azzeccato qualche singolo e non più di un paio di albums (il terzo e il live), per me rimarrà sempre abbastanza misterioso il loro buon successo a livello internazionale. Sorti e morti con il buon STRONG ARM OF THE LAW sono ormai 3-4 anni che si trascinano propinandoci la stessa solfa. Quest’ultimo Crusader, in ogni caso, mi sembra proprio il fondo, un disco veramente pessimo. Eppure si presentava bene, stupenda cover, intro alla Excalibur con un buon brano d’apertura e poi… Ragazzi guardatevi intorno, c’è in giro molta gente che vi darà molto di più in cambio della vostra inflazionata liretta.

Cesare Veronico

 

Appuntamento al prossimo tris Saxon by BMG, quindi, sempre su questi schermi…

HAIL

 

Articolo a cura di Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

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