Recensione: Dis Morta

Di Nicola Furlan - 1 Ottobre 2022 - 12:25
Dis Morta
Band: Toxik
Etichetta: Massacre Records
Genere: Thrash 
Anno: 2022
Nazione:
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80

Se ci sono state tre band nella storia del thrash metal che per certo, più di tutte, hanno sofferto di poca considerazione in rapporto a quanto ca**o suonavano bene queste sono sicuramente state i Toxik, i Forbidden e gli Heathen. Sappiamo tutti come andava in quegli anni per quanto riguarda la divina scena underground generatasi grazie alle band che, east o west coast che fosse, avevano fatto nascere il movimento thrash metal e lo avevano portato a competere con gli Dei dell’heavy metal/NWOBHM Ottantiano/a. Era davvero impossibile agganciare quel treno lanciato e senza controllo o perlomeno solo in pochi, per fortuna o per abilità, ci sono riusciti. L’aspetto da evidenziare è che molti altri sono rimasti a terra e si sono mossi da soli raccogliendo purtroppo quello che restava: riconoscimenti molti e gloria poca… e di sola gloria non si campa; quindi chiusero baracca. Quello che ci hanno lasciato sono capolavori immortali e la consapevolezza che il movimento ha ripreso a marciare. Finalmente c’è qualcosa in più anche per loro! E così è stato.
Forti di un’abilità tecnico/compositiva/esecutiva invidiabile e superiore alla media, molte di queste band si sono rimesse in gioco pubblicando dischi di una qualità smisurata se comparata, tra l’altro, proprio alle pubblicazioni di quelle leggendarie band che ne avevano oscurato la visibilità in passato. È una piccola, ma grande soddisfazione, sebbene postuma!

Dei Toxik della storica formazione che diede alle stampe i due capolavori di inizio carriera: “World Circus” del 1987 e “Think This” del 1989 è rimasto solo il chitarrista e principale compositore, Josh Christian. Elemento di continuità dopo i cambi del passato è invece la conferma al microfono per il talentuosissimo chitarrista e cantante Ron Iglesias.
Forti dell’accordo discografico con Massacre Records, i newyorkesi Toxik pubblicano quindi questo nuovo e quarto capitolo discografico della carriera intitolato “Dis Morta”.
Il disco è davvero interessante e propone un sound molto più orientato ad una sorta di technical speed metal dove le componenti di velocità, melodia e ricerca del gusto prendono il sopravvento su quel loro sound tipico di inizio carriera fatto di fendenti sonori affilati e corrosiva attitudine compositiva. L’album rappresenta per il momento una vera unicità nel lotto dei dischi prodotti se si pensa che, anche il precedente album uscito nel 2020, “Kinetic Closure”, strizzava l’occhio al ricercato modus-componendi techno-thrash ottantiano risultando un mix tra un thrash articolato ed alcune cosette di matrice Watchtower. Poteva quindi essere considerato un prodotto, sì rinnovato, ma molto artisticamente coerente con quanto avessero già concepito ad inizio carriera. Qui invece le cose cambiano, si raffinano, diventano più eleganti, pur mantenendo elevata dinamica e impatto.

“Dis Morta” ha una identità che ridefinisce quindi un po’ le memorie che avevamo del gruppo, le rinfresca, addolcendole per certi versi e le rende maggiormente brillanti. È come se la band avesse optato per una evoluzione in termini più qualitativi che quantitativi (passatemi il termine). Godrete quindi di un disco brillante, abilmente composto e ricco di sfumature dal gusto più ‘prog’ (con tutte le dovute accezioni del termine) che techno-thrash (ascoltare brani come ‘Power’ e ‘Judas’ per farsi un’idea). Ci ascolterete soli favolosi, fulminei e quindi parecchio apprezzati da chi ama il virtuosismo alle sei corde. Il cantato è molto power metal oriented, ma si sposa alla perfezione con il mood musicale di questi dieci brani. Non amo molto le etichette, ma aiutano a capire… immaginatelo come una sorta di progressive-speed metal iniettato di thrash metal per non fargli perdere quella pacca a cui non si può evidentemente rinunciare.
Nel complesso “Dis Morta” è davvero un capitolo riuscito (con una produzione davvero eccellente!) e si farà apprezzare parecchio da chi ama il metal strutturato e dalle molteplici sfumature. Ai ‘vecchi’ amanti della band (perlomeno quelli che li hanno adorati fino al 2020), sarà forse richiesto d’essere un po’ open-minded (non molto sinceramente…) per poterne apprezzare il nuovo corso che, ritengo, sia assolutamente interessante, evolutivo e meritevole di attenzione.

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