Recensione: Dissonance Theory

Di Gianluca Fontanesi - 14 Ottobre 2025 - 11:00
Dissonance Theory
Band: Coroner
Genere: Thrash 
Anno: 2025
Nazione:
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88

Il materiale contenente le informazioni che si trasmettono da una generazione all’altra è costituito, in tutti gli organismi viventi, dagli acidi nucleici denominati acido desossiribonucleico (DNA) e acido ribonucleico (RNA).Nella maggior parte dei casi è il DNA a rappresentare l’impronta genetica che identifica ciascuna persona e solo in alcuni organismi, per esempio certi virus, le informazioni sono contenute nell’RNA. Il DNA, infatti, contiene le informazioni necessarie per la produzione delle proteine, molecole formate dagli aminoacidi, che costituiscono tutti gli organismi. (issalute.it)

Nel sistema solare metal esiste un piccolo pianeta che orbita attorno a Lucifero, ed è un piccolo bioma popolato da gente sì conosciuta ma non troppo. Voivod, Nevermore, Watchtower, Spiral Architect, la lista potrebbe essere lunghissima o, allo stesso tempo, molto corta. Dipende dai punti di vista. Cosa accomuna queste persone? L’essere troppo brave e l’essere sempre state in grado di raccogliere briciole rispetto alla qualità artistica proposta; un’anomalia, dato che spesso e volentieri si crede l’universo metal più colto rispetto ai generi musicali meno di nicchia. C’è poi un anziano, che gira per le strade del pianeta da trentadue anni senza dire una parola; alcune leggende sostengono che avrebbe aperto la bocca solo quando sarebbe stato il momento, ma nessuno ha mai saputo altro. Fino ad oggi. L’anziano ha parlato, il suo nome è Coroner.

Trentadue anni. In certi casi possono essere una vita intera. L’ultimo lavoro in studio dei Coroner, Grin uscì l’anno in cui Ruggeri vinceva il festival di Sanremo con Mistero, la Pausini esordiva e vinceva Sanremo nuove proposte con La Solitudine e molti di noi erano adolescenti, o addirittura bambini. Le ragioni che possono portare a un silenzio così lungo sono infinite e, poi, possono rivelarsi la peggiore delle armi a doppio taglio. Basti pensare ad esempio ai Dark Angel e a un Extinction Level Event che si è rivelato tutt’altro che il disco tanto sperato e atteso. E gli esempi potrebbero continuare. L’annuncio di Dissonance Theory era quindi nell’aria ed è stato accolto prima con un salto dalla sedia, poi col giusto e sacrosanto scetticismo. La paura di avere per le mani una cantonata è quindi tanta…

Ma non è questo il caso.

Dissonance Theory è un disco mostruoso. Un’entità in grado di annichilire e sbeffeggiare tutto ciò che è uscito nell’anno in corso e anche in parecchi precedenti. A livello sonoro continua il filone più progressivo intrapreso proprio con Grin e lo porta ai massimi livelli. Non è un album feroce, o un’assalto all’arma bianca ma tutto qui è ragionato, centellinato e dosato alla perfezione. La produzione è quella delle grandi occasioni e il disco suona in maniera maniacale. Qui troveranno pane per i loro denti tutte le vedove di Death, Nevermore, Carcass di Heartwork e di quel metal che ormai non si suona quasi più. Qui il thrash è preso, decomposto e ricostruito in una forma diversa, storta ma allo stesso tempo perfettamente armoniosa. I riff di Vetterli sono tutti memorabili e suona quelli che, con buone probabilità, sono i migliori assoli che abbia mai inciso; la sezione ritmica non ha nulla da invidiare all’accoppiata Sheppard-Williams e la voce di Ron è più abrasiva che mai, con quel timbro che ormai è un vero e proprio marchio di fabbrica.

La varietà dei brani è il vero e proprio punto di forza del disco: sono tutti a loro modo differenti e offrono sempre approcci raffinati e di un’intelligenza rara. L’apice lo si raggiunge con The Law, dove si inizia con un arpeggio che sembra estrapolato direttamente dagli Ulcerate per poi prendere una direzione completamente differente con un riff in apparenza arioso che viene chiuso in maniera brutale dalle terzine più basse possibili. Si accelera di colpo nella fase centrale e si ferisce colpo su colpo in maniera chirurgica e inoppugnabile. Quello che funziona alla grande sono le incursioni nel post-rock del riffing di Tommy, che spesso si fa aiutare dal genere con progressioni di accordi più “soft” e melodiche per poi distribuire rasoiate a destra e a manca senza fare prigionieri. Potremmo citare Trinity come unico anello debole del lotto, che presenta una strofa piuttosto simile a quella di The Law e un modus operandi qui non memorabile come il resto, ma sono dettagli.

(SPOILER)

I Coroner si fanno perdonare praticamente subito chiudendo con l’accoppiata Renewal-Prolonging; l’entrata dell’Hammond nella seconda parte sarà sicuramente brevettata come surrogato del Viagra e lascerà sbalordita ben più di una persona.

(FINE SPOILER)

Quello che ci dimostra Dissonance Theory, dal bellisimo artwork di Stefan Thanneur al mix di Jens Bogren, è una cosa sola: al metal non servono esecutori ma songwriter. Spesso si tende a dimostrare quello che si sa fare ma perdendo di vista il fulcro del discorso: sono sempre le canzoni a vincere, e, quando sono fatte bene, i risultati si sentono. Nel sesto album dei Coroner ci sono prima di tutto canzoni con la C maiuscola, e questo nel 2025, in un panorama musicale ultra saturo, manca tantissimo. Quest’opera fa tabula rasa, ma dovrebbe essere un inizio, non un punto di arrivo. Si dovrebbe ripartire da qui. E’ difficile, se non impossibile chiedere di più al metal nel 2025 e questo è il miglior disco dell’anno in corso per distacco, ma a questo punto non c’è nemmeno il bisogno di precisarlo.

E il vecchietto? Che fine ha fatto? E’ tornato a vagare in silenzio, ora sta al resto dell’universo comprendere la sua lezione.

E se il mondo ti avrà dimenticato, di’ alla terra immobile: Io scorro. All’acqua rapida ripeti: Io sono! (Rainer Maria Rilke)

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