Recensione: Divina Distopia

Di Alessandro Calvi - 9 Marzo 2010 - 0:00
Divina Distopia
Band: Eversin
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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68

Nati sul finire del secolo scorso col nome di Fuoco Fatuo, questi ragazzi di Agrigento hanno realizzato due demo (“Tenebra’s Dream” e “Of Light and Dark”) prima di esordire per la NLM Records col primo full-lenght intitolato “Our Elegy”. Col passare del tempo, però, il gruppo non ha solo evoluto la propria proposta musicale, l’ha letteralmente cambiata. Si è, infatti, passati dal power metal aggressivo e dalle tinte sinfoniche degli inizi fino al thrash-progressive metal con venature elettroniche che contraddistingue questo “Divina Distopia”. Di conseguenza a questa radicale modificazione del sound è venuto anche il cambiamento del nome, i Fuoco Fatuo son quindi diventati gli Eversin.

Si inizia con “X. E. N. O. S.”, pezzo aperto da un pesante riff di chitarra che, accompagnato da basso, batteria e tastiere, ben presto si trasforma in un passaggio di matrice prog-thrash. Con l’ingresso della voce il brano cambia ancora natura e presenta una serie di registri che variano da una melodia più vicina al power, agli intermezzi semi elettronici, fino a uno stacco atmosferico. Circa a metà della sua durata la canzone sembra addirittura finire, è solo una finta, dopo un istante, infatti, la musica ricomincia cambiando ancora stile e diventando puramente thrash, con anche uno splendido assolo che, per gusto e suono della chitarra, sembra frutto dei Megadeth dei tempi d’oro.
Come si diceva all’inizio gli Eversin nascono come evoluzione di un gruppo precedente chiamato Fuoco Fatuo che prediligeva un sound e un genere leggermente diverso. I rimandi al passato sono più che evidenti in brani come “Wings ov Tears”, in cui emerge, principalmente nelle melodie delle tastiere e nei cori, l’anima power della vecchia band. Il risultato finale non è però da buttar via, il continuo passaggio dal power al thrash (qui rappresentato principalmente da alcuni riff di chitarra), dona maggiore spessore alla song rendendola decisamente interessante e mai banale.
Ben diversa e chiaramente figlia del nuovo corso è la seguente “In the Shadow of the Rose”. Il cantato di Angelo è molto aggressivo e veloce, a tratti quasi più parlato che cantato. A farla da padrone, poi, son le chitarre e un riffing serrato e sempre elaborato, costruito su diversi e continui cambi di tempo. Lo stacco di tastiere, infine, invece di virare verso melodie sinfoniche, regala una interessante digressione al limite del prog. Solo verso il finale si fa sentire qualche accenno di power con melodie più ariose ed epiche.
A parte l’outro di chiusura, la titletrack è il brano più corto del disco, eppure “Divina Distopia” racchiude in se tutti gli elementi più caratterizzanti degli Eversin e rappresenta anche una delle migliori tracce del disco. Dal power al thrash, dalle chitarre distorte alle tastiere, dal prog al doom, fino all’uso della voce filtrata in qualche passaggio, qui si sente quello che questi ragazzi son capaci di comporre.
Se la precedente canzone era la più corta del cd, “Angel of Silence” è invece la più lunga e non sembra un caso che siano state messe l’una a fianco dell’altra. Quasi a mostrare come questi musicisti siano in grado di condensare la propria proposta in un brano breve, ma che siano anche capaci di comporre una traccia lunga senza che questa risulti per nulla noiosa e, anzi, interessante e accattivante dall’inizio alla fine. Tanto da essere, forse, il pezzo migliore del lotto.
“Suddenly” si presenta quasi come la ballad onnipresente su tutti i dischi power e, in effetti, sembra quasi nata a questo scopo con le sue melodie dolci e ariose, molto meno aggressiva delle altre song. Non per questo, però, rinuncia a presentare l’anima degli Eversin e tutti gli ingredienti della loro musica che abbiamo imparato a conoscere fin qui. Inoltre se venisse dato il titolo di ballad a “Suddenly” si rimarrebbe senza etichette per la conclusiva e brevissima “In My Dreams They Live”. Dal piglio quasi acustico, su questa canzone spicca quella che è forse la migliore prestazione di Angelo, e segna la degna conclusione di questo disco.

Sul fronte delle critiche bisogna rilevare come il cd sia, purtroppo, un po’ corto. Di carne al fuoco ce n’è molta, ma proprio per questo l’ascoltatore avrebbe preferito un ascolto più prolungato per calarsi meglio nell’atmosfera del disco. Inoltre, ma questo potrebbe essere un gusto puramente personale, la pronuncia di Angelo non è sempre perfetta e questo rovina un po’ alcuni passaggi dei brani, mentre bisogna rendergli atto di aver bene adattato il suo stile di cantato ai pezzi maggiormente thrash, che son quelli che risultato complessivamente più riusciti.

Per concludere gli Eversin han compiuto la difficile scelta di cambiare profondamente la propria proposta musicale, col rischio di scontentare i vecchi fan e di avviarsi per una nuova strada che avrebbe potuto riservargli brutte sorprese. La decisione è, però, stata quella giusta. Se già i Fuoco Fatuo non erano una band banale, gli Eversin riescono nel difficile compito di fare musica originale, e non è poco. Promosso, quindi, il nuovo corso, e, sistemate poche minime cose, siamo convinti che possano fare anche meglio di così.

Tracklist:
Act I: Strangers in a Strange Land
01 X. E. N. O. S.
Act II: Inner Struggle
02 Wings ov Tears
03 In the Shadow of the Rose
Act III: Signs of the Ordered Chaos
04 Divina Distopia
05 Angel of Silence (5033 a.D.)
Act IV: Past
06 Suddenly
07 In My Dreams They Live

Alex “Engash-Krul” Calvi

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