Recensione: Dragonheads

Di Daniele Balestrieri - 30 Settembre 2006 - 0:00
Dragonheads
Band: Ensiferum
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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59

Lo sconquasso generato dal cambio di line-up che ha seguito il più che buono Iron ha creato non poche preoccupazioni tra i fans degli Ensiferum, soprattutto in virtù del fatto che tra i dipartiti figura anche l’ottimo cantante Jari Mäenpää, padre e custode ora dei sorprendenti Wintersun.
Cambiata la voce, in genere, cambiano anche i registri di un’intera band, ed è toccato all’ultimo superstite degli originali Ensiferum, il chitarrista/secondo cantante Markus Toivonen, il compito di riportare la band sui binari giusti e di far capire al mondo intero che gli Ensiferum sono pronti a superare il difficile momento appena trascorso.
L’arma è questo “Dragonheads”, EP conciso e molto atteso dotato di una copertina che fece già fibrillare le corde di un certo tipo di fandom al tempo del suo annuncio (una colpo ben miratoda parte del quintetto finlandese) e che prepara a un tipo di metal diretto a un certo tipo di mercato.

Visualmente infatti Dragonheads ritorna ai tempi di Ensiferum, mentre musicalmente parte da Iron e prende una direzione ancora diversa, forse prodromo di un cambio che prenderà sostanza nel prossimo full length.
Tuttavia coloro che desiderano del materiale nuovo su cui headbangare rimarranno decisamete delusi: la canzone nuova è una sola, la title track “Dragonheads”. Seguono due tracce prese dal secondo demo del 1999, una cover, una strumentale e una traccia finale che potremmo considerare tecnicamente un’altra cover.

Dragonheads” è la vetrina degli Ensiferum del 2006: il nuovo cantante, ex-Norther, Petri Lindroos risulta abbastanza diverso da Mäenpää, dal quale sembra aver ereditato la profondità vocale e tralasciato quelle brevi sortite più grezze che conferivano alla band un aspetto più selvatico che in quest’album è stato totalmente omesso.
Questo può significare una cosa sola, ovvero che gli Ensiferum hanno cambiato modo di fare musica (e come potrebbe essere altrimenti, visto che Mäenpää era tra i compositori principali?) e Dragonheads assomiglia a una canzone-sonda per testare il gradimento del pubblico, che si ritrova con una band che di colpo è diventata sconosciuta proprio a causa dell’allontanamento del cantante, di norma il segno più riconoscibile di un gruppo. Lenta, molto lenta, lontana dai fasti di Iron, la traccia conta poco più di 5 minuti ma sembra durare molto di più.
Il cantato e gli strumenti ricordano il classico power epico alla Ensiferum senza le bombe nucleari dei Turisas o delle canzoni più tirate di Iron. Lo scorrimento è tranquillo, senza particolari punti d’appoggio, e i riff sono di classico stampo folk e ben si accoppiano a un cantato ripetitivo ma competente. Unico punto veramente interessante a mio giudizio è l’assolo nella seconda metà della canzone, ottimo per la sede live, che mi ricorda in parte gli Equilibrium di Turis Fratyr e gli immortali Thyrfing del loro periodo viking più esplosivo (Valdr Galga/Urkraft).

A seguire troviamo “Warrior’s Quest” e, dopo un brevissimo intervallo strumentale di scarso spessore ispirato al poema nazionale finnico “Kalevala”, “White Storm“, le due canzoni tratte dal secondo demo del ’99 e qui rimaneggiate e risuonate alla maniera dei nuovi Ensiferum, il che rappresenta un indubbio pregio visto che le versioni originali erano piagate – naturalmente – da una produzione pessima.
Due lavori riscoperti dunque, anche se la loro lentezza media non aiuta l’album a decollare. La più interessante sicuramente è “White Storm“, capace di una chitarra sporca che riporta la mente ai bei momenti di Ensiferum in tutto il suo grezzo splendore viking.
Un colpo al cuore (e un calcio nelle palle) è la seguente “Into Hiding“, azzardata cover di uno dei 10 gioielli che compongono “Tales from the Thousand Lakes” degli Amorphis. Ho provato a farmela piacere ma non c’è niente da fare, il dolore fisico mi ha attanagliato finché ho preferito trascurare ogni ascolto successivo. Into Hiding ha perso la sua ferocia originale, il suo immaginario glaciale e soprattutto il suo coro frettoloso e denso di pathos in favore di una riproposta fiacca, un coretto malandato e un deludente grigiore generale che lascia interdetti.
Toccare album del genere è un rischio, specie se il genere suonato è completamente differente: avrei preferito una rivoluzione totale della canzone piuttosto che un tentativo di riproporla con dei suoni vagamente personali che non si adattano affatto all’oscurità tipica dei primi Amorphis.

Per fortuna l’album termina in bellezza con “Finnish Medley“, raccolta di tre canzoni popolari finlandesi in sequenza che figurano anche nel DVD celebrativo come una delle parti più emozionanti a cui abbia mai assistito
in un concerto di questo tipo.
I toni allegri, i cori femminili e quelli maschili generano un’atmosfera dimenticata e molto intensa, anche se comunque vada gli manca sempre qualcosa per riuscire a sfondare completamente. Ma comunque una prova degna di un EP che fatica a reggersi in piedi.
Visto così può sembrare un fallimento abbastanza miserevole, ma Dragonheads possiede anche un aspetto più intimo. Chi vuole scapocciare cercando i ritmi incalzanti di Lai Lai Hei troverà questo EP deludente, c’è poco da fare. La band sembra aver perso di potenza, ma sembra anche aver guadagnato nobiltà. Le canzoni sono pure, sincere, ben composte, quasi da riposo. È un album di sensibilità quasi femminile (e penso che l’inedita preponderanza tastieristica di Meiju Enho non sia un caso), stante la delicata “Kalevala Melody“, la deliziosa “Finnish Medley” e la composta Dragonheads. Il gradimento di quest’album deriva tutto dalla sensibilità dell’ascoltatore.

Su di me non ha fatto breccia, non ha incontrato il mio favore: nonostante il suo valore artistico – peraltro non troppo marcato – quest’EP è un po’ piatto, quasi soporifero. Mi ritrovo a sentire Finnish Medley ogni tanto (probabilmente condizionato dalle immagini evocative del DVD) e di tanto in tanto Dragonheads, solo per ricordarmi di rimanere all’erta aspettando il nuovo album al varco, un varco pericoloso che nemmeno sorprese piacevoli come l’adesivo in regalo nella confezione riuscirà ad ammorbidire.

TRACKLIST:

1 – Dragonheads
2 – Warrior’s Quest
3 – Kalevala-Melody 
4 – White Storm 
5 – Into Hiding (cover Amorphis)
6 – Finnish Medley
             – Karjalan Kunnailla
             – Myrskyluodon Maija
             – Metsämiehen Laulu

 

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