Recensione: Drunk Or Dead

Di Lucia Cal - 8 Gennaio 2010 - 0:00
Drunk Or Dead
Band: Alkoholizer
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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65

Una serata qualsiasi, una cena in cui si palesano passioni comuni, ore spese a parlare di un sound unico e vecchio stampo che fremeva vitale nei sottofondi underground già nel 2006 e che mai subì archiviazione nel sentimento dei fan più autentici. 
Illuminazione improvvisa: “Un qualsiasi cosa che ti lava il cervello cosa ti fa in fin dei conti? Mi è venuto in mente “Alkoholizer”, sia pensando ai nostri divertimenti sia pensando ad un qualcosa che ti ubriaca di stupidaggini non facendoti più avere cognizione di ciò che è reale e ciò che non lo è!”
Dalle parole di Alex “Dottò” Lucariello (Vocalist o meglio, Vokills della band) eccovi in sintesi gli Alkoholizer, ironia e tematiche che omaggiano i “Kings of Beer” Tankard e il genere di cui amano definirsi progenitori, l’“alcoholic metal”, unite a quel sound schietto feroce e tremendamente Old Style che cerca di raggiungere i fasti di un Thrash metal autenticamente Eighties senza tuttavia prendersi troppo sul serio. Parto di questa gioiosa unione è “Drunk or Dead”, full-length di debutto per il quartetto di Sassari sotto Punishment 18 records, in realtà poco dissimile dall’autoproduzione in una resa altalenante ma sempre sufficiente.

“Intro” in salsa country che ricorda per certi spunti la carriera del grande Bill Monroe, e si parte con “Pay with your blood”: vocals impostate alla Araya (esempio lampante se ricorderete l’incipit di “Reign in Blood”), tuttavia spesso in cerca di un’interpretazione personale che risulta approssimativa se allontanata dal vincolo dei tradizionali ispiratori, ritmo serrato, velocità costante e strutture compositive che pescano a piene mani nel patrimonio storico del genere, districandosi tra le influenze teutoniche di Destruction e Sodom unitamente al sound di Exodus e Slayer, senza escludere tentativi crossover che spesso ricordano i Nuclear Assault. I Nostri si muovono infatti tra partiture già note a tutti i thrashers con un minimo di background musicale, tanto che spesso trasmettono la sensazione di voler incidere un “tributo” alle band dell’adolescenza piuttosto che un lavoro dall’impronta personale. Però, e c’è sempre un però in tutte le storie che giungono a un lieto fine, hanno grinta da vendere: sanno far divertire con un album scorrevole e scanzonato,  macchinando bene i dialoghi strumentali e inframmezzando gli assoli dai ritmi spezzati in modo da creare una continua botta e risposta, ingegnandosi in un sound che randella sui grugni tutta la potenza di un thrash suonato come si deve. “Sardinian Beer”  è un inno all’anima più sincera che gli Alkoholizer sentono di possedere, esemplificativo l’incipit a base di retorica thrash come “Mosh…Beer!”, oltre ad un up tempo costante e buone  parti corali secche e precise, mentre le ritmiche sono tranciate dai consueti riff  bruscamente essenziali. Tuttavia la cattiveria di cui è capace il quartetto si stempera in più di un passaggio, e una produzione carente rende spesso il lavoro di percussioni inadeguato.
Basta soffermarsi su “Alkoholik Metal” per capire quanto gli Alkoholizer siano capaci di creare un clima caratterizzato da dissacrante irriverenza: un bel pezzo da bettola in cui l’esemplificativo refrain “Alkoholik Metal, in beer we trust!” ricorda le numerose serate trascorse in birrerie misconosciute a base di battutacce, heavy metal e doppio malto. 

Il resto del lavoro si esprime su coordinate poco differenti, da una “Kill Without Remorse” in cui i cambi di ritmo da tonalità più groove al solito up tempo sottolineano l’aggressività con cui gli Alkoholizer desiderano imporsi, a “Resuscitate”, pezzo più comune non fosse per una tetraedrica sintonia sonora che fa apprezzare la track come le perfette levigature del solido in questione; bel lavoro di basso congeniato da Fabrizio Fele unitamente ai rapidissimi assoli di Marco Lai. Fatico a contestualizzare l’incursione a tinte Thrashcore di “Sick Orthopedic” che smorza la buona resa dell’album, mentre le ultime due track,  “Thrash Metal” e “Drinking Till Death” (qualcuno ha forse detto Destruction?) ridanno uno spessore migliore all’intero lavoro.
Un artwork dallo sfondo western ma dalla vigorosa thrashing attitude  ritrae il quartetto intento a sfuggire a un nerboruto Bebop the Boar, centro diretto nel riferimento, anche in questo caso, alla più ligia consuetudine di genere. Certo, ironia spudorata e aggressività da vendere non bastano per fare la differenza, tuttavia se vi ritrovate appieno in quella cerchia di adorabili bighelloni il cui credo tatuato sulle fronti riflesse nella lucidità di un bancone è “NO BEER NO FUN!!!”, state certi che apprezzerete in questo prodotto un piacevole passatempo.

Lucia Cal

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Tracklist:
1- Intro
2- Pay with your Blood 
3- Sardinian Beer 
4- Age of Misery 
5- Alkoholik Metal * MySpace *
6- Kill Without Remorse 
7- Resuscitate * MySpace *
8- Sick Orthopedic 
9- Thrash Metal
10-  Drinking till Death

Line-up:
Alex “Dottò” Lucariello – Vokills
Marco “Marcollà” Lai – Guitars & Backing Vocals
Fabrizio “Mannà” Fele – Bass & Backing Vocals
Gabriele “Gaberz” Tanda – Drums

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