Recensione: Emerald Eye

Di Andrea Bacigalupo - 10 Ottobre 2020 - 17:14
Emerald Eye
Band: Iron Angel
Etichetta: Mighty Music
Genere: Heavy 
Anno: 2020
Nazione:
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70

Speed Metal nudo e crudo quello degli Iron Angel, band proveniente dalla Germania che si era fatta conoscere, ed anche apprezzare, a metà anni ’80, con l’album ‘Hellish Crossfire’, seguito nel 1986 da ‘Winds of War’.

Poi, nonostante i consensi, basta … la band si è fermata.

Uno stop durato fino al 2003, quando qualcosa ha cominciato a rimettersi in moto: alcune compilation, un live, addirittura una demo a testimoniare la loro esistenza … d’altronde, si stavano riformando un po’ tutti, perché loro no?

Ed è così che nel 2018 è stato sfornato il nuovo album d’inediti, ‘Hellbound’ e nel 2020 il suo seguito: ‘Emerald Eye’, disponibile dal 2 ottobre 2020 via Mighty Music.

Diciamo subito che questa band con gli Iron Angel delle origini ha in comune solo il nome e l’iroso vocalist Dirk Schröder, però la band è più o meno stabile dal 2016, con la sola sostituzione del chitarrista Mischi Meyer, nel 2019, con Nino Helfrich, per cui va bene, è indice di una discreta coesione e non solo di un monicker portato avanti da un musicista diversamente giovane, ma tenace.

Il sound invece è, grosso modo, quello con cui si sono fatti conoscere: un iroso Speed Metal antesignano del Thrash molto potente, carico di riff massicci e melodie tirate, cori anthemici, refrain decisi, duelli all’ultimo sangue tra le asce e tutto quello che gli Accept hanno insegnato e poi trasmesso ai primi Helloween, Running Wild ecc.. e, naturalmente, agli Iron Angel, che lo hanno recepito insieme a tutta quella che è stata la corrente inglese della NWOBHM.

Per cui assolutamente nulla di nuovo, tutta roba già sentita e strasentita, per quanto gli Iron Angel abbiano una propria personalità. Anche chi non ha vissuto direttamente i primi anni ’80 del Metal penso abbia piene le orecchie di queste sonorità ad alto tasso elettrico e suonate a tutta birra e senza sosta.

Nonostante questo, lo Speed Metal piace e probabilmente piacerà sempre per cui, un album come ‘Emerald Eye’, ha il suo perché ed, alla fine, si ascolta volentieri e diverte nonostante qualche sbavatura e la poca originalità.

Sarà la sua forza inarrestabile, l’energia delle linee melodiche, la grinta di Dirk, il pathos, la tecnica … quel gusto retrò che proietta indietro nel tempo scatenato da un sound antico di quarant’anni, ma insostituibile, tutti elementi che fanno perdonare la non tanta differenza tra i brani e la mancanza di veri elementi di picco.

Emerald Eye’ sono tre quarti d’ora di potenza spensierata, di vita, di voglia di correre ed anche di sgolarsi una birra in pace, lasciando per un po’ i problemi quotidiani da parte.

Il platter esplode subito con la veloce ‘Sacred Slaughter’ e le sue linee melodiche taglienti, i riff spaccaossa e le parti cantate esplosive, seguita da ‘Descend’ e ‘Sands of Time’, brani non meno pirotecnici ed incisivi.

Chiedere agli Iron Angel di rallentare è come pretendere di guidare una Ferrari ai 30 all’ora in autostrada … impossibile!

Demons’, ‘What We’re Living For’ sono sparate ad alzo zero, non danno tregua. Particolarmente coinvolgente è il refrain di quest’ultima.

Siamo a metà, un brano che spezzi un po’ il ritmo forse ci vorrebbe … niente da fare: ‘Emerald Eyes’ prosegue la corsa e qui, sinceramente, si comincia a patire l’omogeneità del songwriting, nonostante il buon assolo su base cadenzata.

Omogeneità, non piattezza: la voglia di ascoltarlo non passa e ci risolleviamo con ‘Fiery Winds of Death’, classicone dall’andatura un po’ meno tirata delle precedenti (finalmente) ma non meno potente. Un’incandescente colata di lava.

Si riparte con ‘Sacrificed’, si prosegue con ‘Bridges Are Burning’ ed ‘Heaven Red’ e si conclude con ‘Dark Sorcery’, tutti brani veloci e spediti, il cui spartito potrebbe essere stato chiuso in un cassetto da decenni (nulla di male, solo per spiegare l’assonanza con il passato della band).

Concludendo, ‘Emerald Eye’ è una discreta serie di deflagrazioni e riesce a dare la giusta scarica adrenalinica. Un po’ più di varietà ci vorrebbe, andare oltre il ‘voler vincere facile’ non sarebbe male visto che i numeri ci sono.

Al momento ci accontentiamo, vediamo il futuro. Bentornati Iron Angel!

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