Recensione: Entropic Increase From The Omega Aeon

Di Alessandro Marrone - 22 Aprile 2019 - 14:00
Entropic Increase from the Omega Aeon
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2019
Nazione:
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Questo disco – autoprodotto – è uscito a inizio gennaio e lasciatemi fugare ogni dubbio riguardo la sua assoluta magnificenza. Ho atteso mesi, ho fatto in modo di ascoltarlo ripetutamente, di lasciare che giorni e settimane di riflessione si frapponessero tra un ascolto e l’altro, proprio per cercare di essere il più obiettivo possibile e non rischiare di essere trascinato dalla pomposità di un album che a distanza di 11 mesi e 28 giorni dalla sua uscita, sono certo sarà ancora nella mia personale top 10 del 2019. Stiamo parlando del secondo lavoro degli Xul Ov Kvlten, terzetto black proveniente dal lontano Cile – dite la verità, non ve lo aspettavate. Se anche per voi questo nome suona nuovo, lasciate che sia la musica a parlare per Amon (chitarra), Xul (voce e basso) e C.I.R.R. (batteria), perché mai come in questo caso c’è tanto da ascoltare e un viaggio interstellare da affrontare. Proprio come la stessa copertina, che racchiude in sé un qualcosa di mistico, di avanguardistico e introspettivo, il disco degli Xul è la landa nascosta dietro a un buco nero, qualcosa di sconosciuto e tutt’ora inesplorato, non tanto per via delle sonorità di cui è impregnato, quanto per la totale dedizione a questo viaggio interiore, che permette alla nostra anima di trasmigrare dal corpo e provare emozioni a noi prima sconosciute.

 

Non mi sono mai piaciuti i paragoni, perché se qualcosa può essere riconducibile ad altro, potrebbe in tal caso peccare di originalità, ma al fine di permettervi di inquadrare meglio l’essenza degli Xul, lasciate che chiami in causa i primi passi degli Arcturus. Prendete poi una mezza dozzina di sfumature progressive, sinfoniche, atmosferiche e la più canonica velocità black e la polvere cosmica comincerà ad assumere le sembianze di Entropic Increase From The Omega Aeon. Spegnete la luce, chiudete gli occhi e lasciatevi trasportare dove nessun corpo è mai giunto prima, là dove gli spiriti dialogano con suoni scaturiti da scintille celesti e la musica si delinea, nota dopo nota, attraverso maestose costruzioni, aperture ridondanti e cavalcate talmente epiche da scuotere il nostro più profondo senso dell’orientamento e lasciare così che la nostra anima vaghi in questa cassa armonica priva di confini. Se avete mai immaginato (o ipotizzato l’essenza) un viaggio all’interno di uno spazio astratto, avete appena timbrato il biglietto.

 

La durata delle singole canzoni si attesta su una media di 5 minuti abbondanti e questo consente al trio di confezionare un discreto numero di brani e farli sviluppare senza fretta, valorizzando i tappeti tastieristici che donano al sound degli Xul una sfumatura che trascende il black sinfonico e l’avantgarde. La voce di Xul si dimostra estremamente versatile e alterna parti più acute ad altre più basse, sino a diventare quasi teatrale e inondarci di metafore attraverso dei testi ricercati e in parte anche contorti. Gli stessi sono ovviamente tutti in lingua inglese, fatta eccezione per Nosce Te Ipsvm, l’unica traccia cantata in spagnolo e latino. L’intero album è un costante spalancarsi di profondo soddisfacimento musicale, apprezzabile anche da chi solitamente si trova a proprio agio lontano da certe sonorità, le quali per forza di cose si mantengono su binari estremi. Mai scontato, mai prevedibile, costantemente al di sopra delle più rosee aspettative, Entropic ha un solo grande difetto, quello di non essere prodotto e distribuito da un’etichetta che potrebbe invece permettere al mondo di ammirare cotanta infinita bellezza. Nonostante la produzione e i suoni siano ben amalgamati – anche nel pieno delle più tirate parti strumentali – si riesce ad assaporare quel gusto di underground che conferisce agli Xul uno status superiore rispetto al 99,9% delle altre band che si siano mai anche solo che prefissate un così ambizioso sentiero. Il fatto di non dover rispettare alcun tipo di “paletto discografico” e di vantare un’ispirazione che probabilmente è stata trasmessa da un’altra galassia e in forme non comprensibili per noi mortali, rendono Entropic ancora più affascinante e in grado di alleggerire il proprio velo oscuro da dettagli e finezze che verranno fuori ascolto dopo ascolto. Ci rileggeremo a dicembre, e poi tra altri due anni e altri due ancora, ma nel frattempo la maestosità di Entropic sarà rimasta intatta, come un monolite dai poteri incomprensibili, gettato là nello spazio più profondo.

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