Recensione: Eonian

Di Gianluca Fontanesi - 4 Maggio 2018 - 0:01
Eonian
Band: Dimmu Borgir
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2018
Nazione:
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63

Il buon Jens Bogren per gestire e tenere sott’occhio la mole di tracce orchestrali di Eonian di certo ha dovuto comprare un grandangolo, e qui potremmo anche finire. Tagliando però subito la testa al toro, l’ultimo nato dei Dimmu Borgir, che arriva ben 8 anni dopo il discusso Abrahadabra, non è affatto il capolavoro che tutti aspettavano e non ci va nemmeno vicino. Eonian è un disco che, senza ombra di dubbio, si può considerare come metal sinfonico sporcato di black metal ma che poco o nulla ha da spartire con ciò che era la Norvegia che conta e col passato dei Dimmu Borgir stessi. Abbiamo per le mani un’opera tamarra, pompata, roboante e l’incontro tra il black metal e Hollywood partorisce un piccolo topolino che stordirà molti ascoltatori e ne metterà sicuramente ko tanti altri.

E’ comunque doveroso ribadire lo stesso discorso fatto coi Satyricon: siamo davanti alla storia del genere, e pretendere gli anni ‘90 ancora una volta risulta un po’ fuori luogo oltre che ingeneroso. A voi poi il giudizio sulla gestione dell’evoluzione o involuzione della band; un percorso però non è per forza da buttare a prescindere solo perché mutevole. Detto questo, prima di approcciarvi a Eonian tenete ben presente quali sono i parametri cardine del black metal e del sound dei Dimmu Borgir e iniziate ad entrare nell’ottica che  non troverete furia, oscurità, ghiaccio, atmosfere sulfuree e via dicendo. Non c’è niente di tutto ciò tranne in alcuni sporadici momenti e questo sarà sicuramente il principale motivo di rammarico dei fan. Per avere un’analisi più dettagliata sui brani vi rimandiamo al track by track che avevamo scritto qualche tempo fa in esclusiva, cliccare qui.

Le dieci composizioni di Eonian sono piuttosto varie, orecchiabili e con Shagrath che canta pochissimo; il grosso viene tutto lasciato in mano a una componente operistica che spesso va oltre l’invadenza e finisce per buttare alle ortiche molte buone idee. Avvalora questa tesi il fatto che ci siano quantità industriali di stacchi e molti momenti all’interno dei pezzi che sembrano attaccati un po’ alla meno peggio. I Dimmu in certi frangenti sembrano prigionieri della loro stessa creazione e di una strada intrapresa che deve per forza essere presente ovunque anche se inserita a forza con un cric. Spesso anche le chitarre spariscono in favore dalla componente operistica e viene da pensare che il disco sia costruito su quest’ultima con del metal intorno piuttosto che dei cari e vecchi riff come si faceva una volta e gli orpelli a fare da contorno. I brani proposti cercano sempre la soluzione più difficile e imprevedibile perdendo in naturalezza e non risultando sempre a fuoco, come ad esempio il secondo singolo, Council Of Wolves And Snakes. Buona l’idea del mantra tibetano ma la convivenza tra l’anima estrema e quella operistica sembra un po’ Casa Vianello. Troppi sbalzi e troppi stacchi: accelera ai mille all’ora, rallenta modello bradipo, ponte alla vojemose bene angelico e l’assolaccio di Galder quando inizia a svegliarti si tronca! L’esempio ricorrerà tantissime volte durante l’ascolto dell’opera, ci sentiamo però di considerare ÆTheric come un gran bel brano, che dal vivo farà sfracelli. Riff ignorante, ponte semi-progressivo adatto per l’uscita dalla giostra egizia di Gardaland introdotto da Shagrath come se stesse per esplodere il mondo ma che in realtà si rivela un reboot della sigla di Quark, ritornello baudelairiano con cassa a 6400 di metronomo e vai di ignoranza ancora mentre nemmeno Alberto Angela riesce a trovarci una spiegazione razionale. Eppure funziona, come funziona Interdimensional Summit, tanto odiata quanto catchy e killer e funzionano tantissime altre cose ma a sprazzi. Segnaliamo anche Alpha Aeon Omega, col tema portante sanremese servito in blast beat che è assolutamente illegale; peccato solo per la strofa inutile e i soliti 45 stacchi nei quali la parte black sembra lì per caso a fare inutilmente da contrappeso a un brano che a tutti gli effetti è allegro e solare!

L’anima estrema e quella operistico-sinfonica possono convivere molto bene nel metal, ci sono i risultati altissimi degli Epica, dei Nightwish, dei Therion e via dicendo a sostenere la cosa. I Dimmu però avranno ancora da lavorare se vorranno trovare la quadratura del cerchio in questa direzione; per poter offrire al pubblico qualcosa di serio e indimenticabile serve ben altro. Eonian è un disco che verrà quindi demolito dai puristi ma potrà piacere agli amanti degli ascolti leggeri e poco impegnati; conquisterà sicuramente parecchi proseliti e dal vivo senza un’orchestra vera e propria a suonarlo sarà tristissimo. Noi ci congediamo un po’ con l’amaro in bocca e con in mano quello che forse è il primo album black metal vegano della storia: un’opera totalmente senza sangue.   

 

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