Recensione: Equinox
Avevamo accolto la notizia dell’imminente ritorno degli Equilibrium con parecchia apprensione: il precedente lavoro in studio, Renegades, fu l’episodio in assoluto più basso della carriera della band tedesca, dove applicarono lo stesso modus operandi di Bioware con Dragon Age trasmigrando il sound da un certo tipo di folk/fantasy a uno young adult di quarta mano, con risultati raccapriccianti. Torniamo comunque al presente.
Equinox, settimo lavoro in studio di una carriera ormai più che ventennale, offre prima di tutto un nuovo cantante: Fabian Getto sostituisce Robse e porta una nuova linfa vitale in seno agli Equilibrium, aspettatevi comunque di tutto tranne che un ritorno alle origini. La virata artistica intrapresa nel 2019 persiste, anche se con alcune differenze. Se non vi è piaciuto Renegades, anche qui griderete probabilmente allo scandalo; va detto, però, che quest’opera è migliore di quella precedente. Sono state prima di tutto eliminate le clean vocals quasi in toto esclusa Borrowed Waters, completamente cantata al femminile; l’ugola di Fabian è costantemente in growl e spesso tira fuori linee vocali di tutto rispetto (Legends, in particolare). Le chitarre e le trame di René sono sempre presenti, anzi, ci sono persino dei guizzi da vecchi Equilibrium che fanno scendere la lacrimuccia.
Il grande problema di Equinox sta nel suo essere parecchio altalenante: dove fa capolino il folk di una volta si tirano ancora fuori gli artigli, quando invece si passa all’elettronica massiccia e agli scenari urbani ancora estrapolati da Renegades viene voglia di tirare lo stereo fuori dalla finestra. Purtroppo per buona parte del lavoro persistono gli stessi difetti di sei anni fa, anche se i brani qui sono oggettivamente migliori. Se da una parte si può comunque apprezzare la coerenza, dall’altra non si capisce il bisogno di un cambio così drastico e poco sensato. Non è comunque mai corretto processare le intenzioni e, ripetiamo, brani come Legends (la migliore), Bloodwood o Anderswelt non sono affatto indifferenti; il problema è in Nexus, One Hundred Hands, Borrowed Waters e via dicendo.
Sono nove i brani proposti più quattro intermezzi pressoché inutili e parliamo comunque di un prodotto dalla longevità piuttosto bassa a causa della sua stessa natura. E’ giusto a un certo punto della carriera evolversi, è giusto variegare ed ancora più corretto cercare di espandere la propria fanbase; perseverare, però, se la cosa funziona poco è piuttosto diabolico e l’ha capita persino Akerfeldt.
Equinox con buone probabilità ripagherà a livello commerciale, è vendibilissimo; artisticamente però si può discutere e, anche se non è tutto da buttare come Renegades, fa in ogni caso rimanere l’ascoltatore con un po’ di amaro in bocca. Dimentichiamoci in fretta Sagas, Rekreatur le galline di Waldschrein e i capolavori disseminati nel tempo perché gli Equilibrium oggi sono un’altra band.

