Recensione: Espresso Della Vita: Lunare

A inizio maggio i brasiliani Maestrick hanno pubblicato Espresso Della Vita: Lunare, secondo capitolo del concept iniziato nel 2018. Mentre Solare (il precedente album) rappresentava la luce del giorno, Lunare esplora le ombre della notte, completando un viaggio metaforico che simboleggia l’intero arco della vita umana.
L’album affronta tematiche complesse e attuali come le dipendenze, il pregiudizio razziale, l’abuso e perfino l’Olocausto. Il protagonista dell’album, chiamato Dante, simboleggia questo viaggio interiore, richiamando l’opera del sommo poeta e il suo passaggio dall’inferno al paradiso. Dal punto di vista musicale, il disco si distingue per la sua ricchezza compositiva e per la fusione di diversi generi: il brano “Agbara“, ad esempio, unisce ritmi afro-brasiliani come il maracatu e il samba con elementi metal, creando un’esperienza sonora unica e che fa dell’originalità un tratto distintivo.
Ma veniamo all’ascolto dei brani, che, lo anticipiamo, sono spesso impegnativi per quanto riguarda il minutaggio.
L’opener “A Very Weird Beginning” propone il sound dei Maestrick in tutto il suo ventaglio sonoro variegato e potente. Non manca il metal, ma anche arrangiamenti burtoniani in stile Nightwsh (e Mechanical Poet, chi li ricorda?) e un’evidente influenza del progressive più moderno targato Haken. “Upside Down” nelle ritmiche ruffiane e granitiche evoca i Dream Theater di Train of Thought: le sonorità sono sempre sature e a tratti caotiche, le atmosfere sembrano spiritate a tratti.
La seguente “Boo!” ricorda la follia divertita messa in campo dagli Act ma anche quella dei Diablo Swing Orchestra. Il risultato finale è una peregrina mescolanza sonora che può spiazzare ma anche divertire l’ascoltatore che al progressive chiede di essere sperimentale quanto basta. Da segnalare Tom Englund degli Evergrey come special guest. “Mad Witches” è la prima traccia dalla durata importante, nei suoi nove minuti sono condensati diversi cambi di tempo e atmosfera. A circa metà del brano, inoltre, sembra iniziare un’altra composizione, scandita da una voce fatata femminile, e nel finale compaiono parti vicine allo stile epico degli Edenbridge. Non poteva mancare una ballad in tracklist e allora “Sunflower Eyes” accontenta tutti nel suo arrangiamento catchy e relativo crescendo nella sezione di chiusura.
Espresso Lunare è un disco impegnativo, dicevamo, siamo a metà del viaggio ed è la volta de “The Root”, pezzo sopra i dieci minuti di durata che attacca in modo schizofrenico mescolando sinfonico, prog e il djent più spigoloso. Nello scambio di assoli è evidente l’omaggio ai Dream Theater, ma anche agli eredi Haken. Le idee anche in questo caso non mancano, ma il brano risulta eccessivamente lungo per essere assimilato a dovere e apprezzato del tutto. L’elegia raccontata in “Dance of Hadassah” convince a metà: nei primi minuti unplugged prevale il lato poetico, mentre nel finale la ricomparsa delle chitarre elettriche rende prevedibile l’epilogo della composizione.
E siamo arrivati ad “Agbara”, singolo apripista uscito a marzo che stupisce per il mix tra metal e samba. Da segnalare, altresì, la collaborazione con Jim Grey dei Caligula’s Horse e il movimento Baque Mulher. I testi sono un concentrato d’audace emancipazione (“We’re butterflies in invisible cocoons / Tamed lions, seen as mules”) e l’originalità non manca: come già fatto in passato dagli Angra, ibridare il metal con influenze folk può essere la carta vincente.
Negli ultimi tre pezzi in scaletta ci sono altre sorprese. In “Lunar vortex” troviamo come ospite niente meno che Roy Khan (ex-Kamelot, Conception) che regala una performance notevole. Peccato per alcuni inserti di musica elettronica eccessivamente spigolosi, ma è il trend del metal moderno e dobbiamo prenderne atto.
Dopo l’interlocutoria “Ethereal”, immancabile compare la suite conclusive del platter. “The Last Station (I a.m. Leaving)” si sviluppa su 18 minuti ed è un viaggio sonoro che tocca corde emotive profonde. Vale da sola l’acquisto dell’album e qui i Maestrick sono d’applausi, riescono a rivaleggiare con i giganti del progressive metal del passato più e meno recente.
Volendo dare un giudizio complessivo, possiamo dire che i Maestrick dimostrano una padronanza tecnica e una creatività che li colloca tra le band più interessanti dell’attuale panorama progressive metal. Con influenze che spaziano da Dream Theater ai Queen, passando per la musica brasiliana e influssi cinematografici, Lunare offre un’esperienza che trascende le etichette più sterili. Apprezzabili, inoltre, le collaborazioni con cantanti illustri come Englund e Khan. Unico neo l’eccessiva durata dell’album, se fosse stato più contenuto sarebbe risultato maggiormente impattante. Complimenti anche a Fontiers Records per aver dato visibilità alla band brasiliana che ci auguriamo farà ancora parlare di sé in futuro.