Recensione: Even Up The Score

Di Vito Ruta - 12 Ottobre 2021 - 6:00
Even Up the score
Band: Wayward Sons
Etichetta: Frontiers Music
Genere: Hard Rock 
Anno: 2021
Nazione:
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75

Precisi come un orologio svizzero, a distanza di due anni dal precedente “The Truth Ain’t What it Used To Be”, pubblicato due anni dopo l’album di esordio “Ghosts of yet to come”, gli inglesi Wayward Sons propongono “Even Up The Score”.
Accanto al fondatore Toby Jepson, produttore di razza (Fastway, Saxon, Toseland,Virginmarys) e voce dei Little Angels (band valente, precipitata senza appello nel dimenticatoio dall’esplosione del genere grunge nei primi anni novanta del secolo scorso), ritroviamo anche in questo capitolo Nic Wastell al basso, Sam Wood alle chitarre e Philip Martini alla batteria.
La fantasmagorica copertina dell’album, riproduce, come le precedenti uscite, quella di un fumetto con tanto di indicazione della casa editrice (Dedwood Tales), numero di uscita (3) e modico prezzo di vendita (0 ¢), formula alla quale i Wayward Sons sembrano essersi ormai affezionati.

La band resta orientata sulla commistione tra animazione e fotografico, per quel che concerne i video a supporto dei propri singoli (in questa occasione rappresentati da “Even Up the Score” della fine del 2020 e “Big Day” dell’aprile 2021), singoli che vanno presi come assaggio del contenuto dell’album, piuttosto che strumenti di scalata alle vendite, come succedeva ai tempi di MTV, in cui un video a rotazione comportava un diretto e discreto incremento di banconote fruscianti.
Al pari della copertina, la scaletta di brani proposti, ai quali l’esecuzione live non potrà che rendere ulteriormente giustizia, è coloratissima e scoppiettante.

Alla base di hard rock sincero e sanguigno si aggiungono in questo lavoro contaminazioni con generi, in precedenza relegati in secondo piano, quali pop rock e pop punk.
Il risultato finale di “Even Up The Score” non rappresenta, comunque, una troppo vistosa deviazione rispetto al passato e, ancora una volta, i Wayward Sons ci regalano una bella botta di adrenalina nella loro maniera diretta e spontanea.
All’effervescente title track “Even Up the Score“ (il cui incipit ricorda qualcosa dell’apertura di “Rock and Roll” dei Led Zeppelin) che cattura con riff e fraseggi di chitarra alquanto accattivanti, segue la sbarazzina “Big Day” in cui sonorità pop punk alla Green Day/Blink-182 fanno capolino, per poi ritornare più volte nel corso del disco.
Introdotto da un riff vagamente Aereosmith, “Sign of the Times” risulta un brano orecchiabile, dalla struttura complessa e movimentata, che si candida a essere uno dei pezzi migliori.
Spensierata e leggera la seguente “Bloody Typical” che ripropone influenze pop punk.
Faith in Fools“ è un brano particolare che, partendo dall’incedere cadenzato di un mid tempo, lascia spazio ad atmosfere da ballad.
Fake”, è una traccia permeata da sonorità pop punk che riesce, al contempo, ad offrire suggestioni british rock vecchia maniera. “Downfall” è invece un pezzo prettamente hard rock che convince pienamente grazie ad un riff efficace, a cori curatissimi, all’interpretazione tesa e appassionata di Jepson e a una prestazione non indifferente di Wood che riesce a far convivere lo stile di Brian May con quello di Eddie Van Halen.
Sulla scia di “Tip of My Tongue”, gradevole brano, ancora una volta in bilico tra sonorità rock e soft punk, segue “Looking for a Reason”.
L’hard rock torna in scena con “Land of the Blind”, in cui i Wayward Sons abbinano ad un riff tagliente cori di zucchero filato, brano che rientra nella rosa degli highlight, anche grazie al solo veloce e melodico di Sam Wood.
They Know” dispensa l’ultima pillola di energia di un album che offre più di un momento di puro divertimento.

Anche se la rivincita non può dirsi completa, Toby Jenson, con i suoi Wayward Sons, si avvicina con “Even Up The Score” a pareggiare i conti con la sorte che, in passato, con lui si è mostrata non sempre benevola.

 

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