Recensione: Factory Of Steel

Di Stefano Ricetti - 21 Gennaio 2011 - 0:00
Factory Of Steel
Band: Skanners
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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85

Skanners: più di trent’anni di HM italiano e non sentirli. Il gruppo proveniente dal quartiere Oltrisarco di Bolzano di strada ne ha fatta veramente tanta e nessuno può disconoscerlo. In carriera, i Nostri, capitanati dai due fieri nocchieri Claudio Pisoni e Fabio Tenca, sono riusciti cavarsi parecchie soddisfazioni, lasciandosi alle spalle il veleno scaturito dai tempi del Pay To Play e passando pressoché indenni, senza mai aver la tentazione di sciogliersi, alla bufera Grunge, ingoiando sangue amaro durante le esibizioni di fronte a dieci paganti e quattro parenti.

La Fabbrica dell’Acciaio

Factory Of Steel, il nuovo disco dei cinque südtiroler, segue il ben riuscito The Serial Healer del 2008 e inizia a prendere forma nei primi mesi dell’anno appena passato: le sezioni di batteria da parte di Christian Kranauer, infatti, vengono registrate presso i No Logo Studio di Laives (Bz), dal 10 al 15 aprile 2010, mentre le chitarre e la voce al Rookies And Fings Studio di Brixen (Bz) dal 19 al 25 aprile 2010. Al livello di line-up al basso rientra Renato Olivari dopo la dipartita di Dino Lucchi. Le fasi di mixing e il mastering avvengono dal 20 al 25 luglio 2010 presso l’Art Studio di Dessau, in Germania, con l’ingegnere del suono Alex Lysjakow.

Never Give Up, la prima traccia, possiede la tracotanza degli indimenticati Thunderhead per via dell’incedere possente, massiccio e senza compromessi, dove spicca il lavoro delle chitarre fottutamente bilanciato fra la scuola inglese e quella tedesca da parte della premiata ditta Tenca/Unterhauser. Claudio Pisoni dimostra ancora una volta di più che con la dedizione alla causa e una preparazione fisica sana si possa competere a qualsiasi livello anche con gli act più blasonati provenienti d’oltralpe, o per meglio dire oltre Brennero. Decisamente un ottimo incipt che non lascia spazio a dubbi su quello che seguirà. Una sbrodolata di ritmiche british pulite, serrate quanto basta, decreta l’andamento di Iron Man, traccia concepita per essere urlata a squarciagola durante le prestazioni al vivo in virtù di un bridge in crescendo irresistibile. Un altro probabile classico all’interno del setlist degli Skanners da qui all’eternità.

Factory Of Steel (la title track): un titolo, un programma o, come meglio direbbero i cinque altoatesini “ein rhytmus, eine melodie”. Più che un brano una dichiarazione d’amore all’HM. Pezzo che ingrana appieno dopo circa un minuto e mezzo nel momento in cui il coro, riuscitissimo, fende l’aria. Factory costituisce il primo brano all’interno della storia degli Skanners nel quale le influenze Power classiche si miscelano alla tradizione tipicamente ortodossa. Un pezzo che entra nella capoccia e non se ne esce più, scomodando le melodie dei tempi d’oro degli inizi, quelle che fecero le fortune di Dirty Armada e Pictures Of War.

Hard and Pure, il battesimo del fuoco già lo ricevette dal vivo fra gli Osanna del pubblico esterrefatto all’ultimo Italian Gods Of Metal e, qualche mese dopo, al Wacken Open Air 2010. Saxon nel cuore e nelle vene per un brano che potrebbe divenire la “Wheels Of Steel” dell’Italian Way Of Metal, comprensivo dell’iconografia epica al seguito fatta di capelloni con le braccia borchiate al cielo e la schiena tappezzata di toppe sopravvissute a centinaia di battaglie a suon di watt. Coro da pelle d’oca al cuore e HM diritto in mezzo allo stomaco grazie alla prestazione halfordiana di Claudio, che si premette anche di tributare nell’intonazione il Morby nazionale quando canta “we are”.

Il titolo li evoca e la musica degli Skanners li onora. I sacri Dei del metallo incontaminato inglese, ovvero gli Stallions Of The Highway dello Yorkshire di cui sopra nella successiva Thunder In My Hand vengono consecutivamente tributati sul red carpet del Valhalla in modo sublime: asce fumiganti dal retrogusto Punk, sezione ritmica assassina che non lascia prigionieri con la peculiarità di un taglio leggerissimamente moderno nel cantato di Undertaker che permette il perpetuarsi nel tempo della leggenda albionica.

Story Of Sound decreta il primo, doveroso rallentamento del lotto, dopo tanta godibile e veloce siderurgia diffusa, con le lyrics incentrate sulla storia del suono marchiato Skanners nella vita dei cinque protagonisti. Epica maestosa a profusione al servizio del songwriting dei bolzanini, una piacevolissima e inedita sorpresa. Il pezzo che gli Hammerfall avrebbero voluto da sempre scrivere ma che non sono mai riusciti a realizzare. Estasi metallica, Pelle d’oca. A livello di peso specifico appena sotto l’inarrivabile Wild, da Pictures Of War. Il probabile highlight di Factory Of Steel.

In mezzo alle note di We Rock The Nation si celebra l’immaginario matrimonio d’acciaio fra gli Skanners e i Primal Fear; basta questa definizione a mo’ di slogan a circoscrivere questa canzone massiccia, quadrata e volutamente teutonica fino al midollo.

Lord Of Lies: chitarroni raddoppiati vecchia maniera aprono questa traccia ancora all’insegna dell’HM puro, duro e senza compromessi. Il suono, rispetto ai pezzi precedenti, è meno pieno, più scandito e aristocraticamente “isolato”, riportando direttamente ai tempi magici degli anni Ottanta. Solo di chitarra in linea con il vintage di classe proposto. When I Look In Your Eyes si materializza entro un’ambientazione dark e costituisce una svolta netta nella direzione consueta dei Nostri in occasione della canzone numero nove del lotto. Ma si tratta solo di una mistificazione che dura poco: il bridge arrapante, classico e melodico riporta le coordinate agli Eighties mentre la metrica impone lo sguardo al futuro, giustamente, dopo tanta ortodossia per la causa, a significare che gli Skanners musicalmente respirano l’epoca musicale nella quale risiedono.

Il decimo pezzo (To Survive) chiude il disco in maniera inusuale per i cinque altoatesini. Il singer assume ambedue le vesti di oscuro cerimoniere e serioso cantastorie ricamando una tela musicale intrecciata da suadenti tastiere e una vena eroica inedita, per due minuti e ventidue secondi di durata. Il testo narra la storia di Claudio Pisoni, Fabio Tenca e Walter Unterhauser, tre che ci hanno sempre creduto nonostante tutto. Un finale sontuoso degno di cotanto disco, del quale, da italiani, andar fieri a ogni latitudine.

Factory Of Steel, dal booklet sobrio di otto pagine con tutti i testi e nulla più e l’unica foto relegata sotto l’alloggiamento fisico del Cd, è un disco maturo, che suona frizzante e dà l’idea che stavolta nulla sia stato lasciato al caso. Gli Skanners rispolverano la vena, il gusto e la ricercatezza nel songwriting che fece le Loro fortune nel passato remoto, vivendo però appieno il tempo presente. La produzione tedesca conferisce una potenza devastante ai dieci pezzi, che grondano puro heavy metal a ogni battuta. In ambito classico costituisce il disco che ci si aspetta per risvegliare lo sbrago da headbanging sfrenato. Penso di non sbagliare azzardando che, nonostante sia solamente gennaio, Factory Of Steel ben difficilmente verrà scalzato al di fuori della mia personalissima top five album 2011.

La Fabbrica Dell’Acciaio costituisce probabilmente il disco definitivo degli Skanners dai tempi di Pictures Of War, anche se mai porre limiti alla provvidenza. Chapeau of steele, damen und herren!

Stefano “Steven Rich” Ricetti   

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Tracklist:
1. Never Give Up
2. Iron Man
3. Factory Of Steel
4. Hard And Pure
5. Thunger In My Hand
6. Story Of Sound
7. We Rock The Nation
8. The Lords Of The Lies
9. When I Look In Your Eyes
10. To Survive

Line-up:
Claudio “The Undertaker” Pisoni – Vocals
Fabio Tenca – Guitars
Walther Unterhauser – Guitars
Renato Olivari – Bass
Christian Kranauer – Drums

 

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