Recensione: Fall

Di Alessandro Rinaldi - 22 Febbraio 2024 - 0:37
Fall
78

Un assordante silenzio durato un lustro, perché tale è il lasso di tempo che intercorre tra True north e il dodicesimo full-length dei Borknagar, “Fall”. Cosa può accadere dopo un gran bel disco come quello che i nostri sono riusciti a farci ascoltare nel 2019? Una lunga gestazione, su cui ha inciso la stessa pandemia, come affermato dal chitarrista Øystein G. Brun: “Prima di iniziare il ciclo del nuovo album, sentivo che dovevamo adempiere ai nostri obblighi relativi a True north, che erano stati sospesi per ovvi motivi”; dopo questa fase di recupero è iniziato, nel 2022, tra vari studi della Norvegia, il lavoro al nuovo materiale.  La line-up  è composta da ICS Vortex (voce e basso), Lars Nedland (voce e tastiere), Øystein  Brun (chitarre), Jostein Thomassen (chitarre) e Bjørn Dugstad Rønnow (batteria e percussioni).

Fall, ovvero cascata – l’elemento paesaggistico che per antonomasia associamo alla geomorfologia scandinava – ma anche e soprattutto autunno, come qui inteso dalla band – e meravigliosamente rappresentato dall’artwork, opera di Eliran Kantor – che  richiama l’aspetto plumbeo delle stagioni: il disco ruota attorno alla lotta contro la natura e la sopravvivenza alla stessa che cerca in ogni modo di sottomettere l’essere umano e riportarlo sotto terra. Fall si compone di otto tracce, per un totale di poco più di 54 minuti di ascolto, con un percorso, tutto da scoprire.

Il brano che apre Falls – scelto anche come veicolo promozionale – è Summits, che in tutto e per tutto segue l’azzeccatissima formula del recente passato e che quindi si pone come prosecuzione di True North: melodie evocative, azzeccatissime, passaggi che alternano forza e violenza a romantica e decadente malinconia . Nordic Anthem potrebbe essere a tutti gli effetti una canzone della colonna sonora della serie  tv Viking: azzeccatissime le linee vocali di Vortex, totalmente clean, che quasi offuscano l’eccellente lavoro della band in fase di costruzione musicale. Afar è un metallo roccioso e pesante intervallato, in modo quasi brusco, da tempi più soft caratterizzati dal cantato pulito di Vortex  – in perfetto stile  Borknagar. Moon ha un arrangiamento straordinario, in cui le chitarre rubano la scena tanto a livello armonico che di assolo, in cui emergono tanto le attitudini prog della band quanto il talento smisurato, a tratti incontrollabile, delle chitarre, che sembrano essere pizzicate non da plettri ma da teneri fiocchi di neve. Stars Ablaze  torna su toni più epici e trionfanti, ma forse un po’ confusionaria nei continui cambi: questo è uno dei casi in cui l’estrema durata di un brano finisce di penalizzare lo stesso.  Unravelling ha un’intro velocissima ed è forse quello che di nuovo sta provando il quintetto norvegese. The wild Lingers è un’altra perla del Brun, che mostra abilità compositive eccezionali; chiude Northward  il brano più lungo dell’intero disco: veloce, orecchiabile anche qui abbiamo una contrapposizione tra bianco e nero, che però è più amalgamata rispetto alla parte centrale dell’album, anche perché meno improvvise e più calibrate.

Tecnicamente sontuoso, con una produzione delicata e bilanciata: le note vibrano sulla neve e si propagano nella foresta di betulle, tra i virtuosismi, mai fini a se stessi, dei Borknagar che enfatizzano il lato prog, di Fall, dando particolare lustro alle chitarre di Brun e Thomassen capaci di creare una sezione armonica di primo livello: tutti questi elementi e il loro perfetto bilanciamento, rendono tangibile la grande alchimia di questo gruppo in questa fase della carriera. E poi ci sono le capacità vocali di ICS Vortex, capace di meravigliosi clean e di taglienti growl. Il tallone d’Achille del disco è la vasta gamma di idee musicali – e liriche – che lo animano, che a volte risultano essere eccessivamente ridondanti,  gettando l’ascoltatore in uno stato di apparente confusione: questo aspetto ne limita la valutazione, ma in ogni caso, Fall,  resta, comunque, un grande saggio di musica.

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