Recensione: True North

Di Tiziano Marasco - 27 Settembre 2019 - 6:00
True North
Band: Borknagar
Etichetta:
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2019
Nazione:
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75

A leggere il titolo del disco “True north”, così come quello dei due brani di presentazione “Up north” e “The fire that burns”, qualche sospetto che i Borknagar fossero rimasti un po’ a corto di idee era sorto. Il nord è ovviamente la bandiera di tutto il metallo made in Norway, tuttavia per un gruppo come i Borknagar, sempre fuori dagli schemi, qualche perplessità sorge. “The fire that burns”, poi, è un verso contenuto nel ritornello di “Gods of our world” (“Empiricism”) e qui si può anche lasciar correre perché la band capitanata da mister Brun è sempre stata un po’ incline all’autocitazionismo, basti pensare che “Quintessence” e “Origin” sono due album ma anche due tracce di “Epic”.

Certo, non fosse per queste questioni di titoli, anche sterili se vogliamo, il punto di partenza per analizzare l’undicesimo nato di casa Borknagar dovrebbe essere il terremoto che ha investito la formazione. Rispetto al precedente “Winter Thrice” abbiamo ben tre defezioni, compensate da due arrivi. Bjørn Dugstad Rønnow ha sostituito alle pelli Baard Kolstad (dopo un solo disco). Defezione di peso è poi quella di Jens Ryland, in formazione dal 1997 – eccenzion fatta per una breve pausa – sostituito da Jonstein Thomassen, e ne riparleremo. Defezione eclatante e che ha gettato molti nello sconforto è stata infine quella di Andreas Hedlund da Vintersorg, lui senza rimpiazzo. Tralasciando tutte le motivazioni – peraltro comprensibilissime – esposte da mr. V (non ho tempo e loro vogliono andare in tour, il che li costringe sempre a trovare uno che canti al posto mio), la defezione si presta a diverse considerazioni. Ovviamente dispiace, anche perché su “Winter Thrice” il Vinty aveva buttato giù una delle meglio prestazioni della sua carriera. Per contro va notato che avere tutti quei cantanti aveva causato alcuni problemi ai Borknagar. Soprattutto per la politica, tanto in “Urd” quanto in “Winter Thrice” di fare una opener superepica che mette sul piatto tutte assieme tutte e tre le voci (Vintersorg-Vortex-Nedland) e il growl. Questo, secondo chi scrive, si traduceva spesso in cambi di ritmo forzati, quasi che fossero state scritte partiture distinte per ciascuno e poi incastrate a forza.

Questo problema gestionale in “True North” – finalmente iniziamo a parlare del presente – si risolve e lascia una piacevole sorpresa. Il pezzo apripista “Thunderous” mette in mostra un imponente dispiego di epicità sulla falsa riga delle opener degli ultimi album. Quello che sorprende è però l’incredibile affiatamento tra Nedland e Vortex, confermato su tutta la lunghezza del disco, tanto che alle volte viene da chiedersi chi stia effettivamente cantando. Tutto come deve essere insomma, un po’ come per il già citato singolo apripista “The fire that burns”. Ancora, però, “Thunderous” presenta un sound molto più brullo rispetto al passato: meno tastiera (o meglio, partiture più semplici) e vengono meno anche certi complesse intrecci di chitarra; qui potrebbe essere un effetto della dipartita di Ryland. Ad ogni modo, ciò rende il sound, che pure rimane al 100 per cento Borknagar, molto più diretto, quasi ai livelli di “The archaic Course” e forse ancora di più.

Tale sensazione è confermata lungo tutto l’album, che si candida a diventare, in assoluto, il più accessibile mai fatto dai nostri. Al di là del minutaggio corposo di buona parte dei pezzi, infatti, il disco predilige per larga parte le voci pulite al growl e si presenta molto votato alla melodia. Perfino i due pezzi più epici e maestosi oltre alla opener, “Mount rapture” e “Tidal” (9 minuti) colpiscono più per le splendide interpretazioni dei due singer che per le altalene sonore a cui i norvegesi ci hanno da tempo abituato.

Ci sono pure due “ballad”, due pezzi lenti e senza growl, uno malinconico (“Wild Father’s Heart”) ed uno marzialmente inquieto (“Voices”). Ma proprio questi due episodi, che vorrebbero probabilmente essere la sorpresa, steccano. Se però “Voices”, non il massimo dell’originalità, sta comunque bene in piedi grazie alla sua struttura a climax, “Wild Father’s Heart” colpisce in negativo per l’atmosfera un po’ melensa e il ritornello che sa un po’ troppo di già sentito (non dai Borknagar), per di più contornato da liriche in effetti banalotte. Un pezzo che comunque porta a casa la sufficienza, soprattutto perché la classe non è acqua e i nostri, di classe, ne hanno da vendere.

Colpisce in positivo invece, e senza riserve, l’ottima “Into the White”, sospinta dagli ariosi cori “alla Nedland”, che mai come in questo album ha contributo alla sezione vocale. Ha già colpito alla grande la favolosa “Up North”, che porta con sé qualcosa di “The Presence is ominous” ma è libera dal pantano prog elettronico di tanti anni addietro. Colpisce infine, e più di tutte, “Lights”. Pur non disponendo al momento dei crediti, sembra essere la classica canzone di Nedland. Spieghiamoci: negli ultimi tre album c’è sempre stata una song a firma sua e lo si capiva bene perché c’erano delle differenze di base rispetto agli altri pezzi. Questo sembra essere il caso di “Lights”, dove la linea vocale è un po’ Solefaldiana e le sonorità sono in effetti diverse, ispiratissime, pur comunque epiche, che invita ad ascoltare in loop.

Il disco più accessibile dei Borknagar si era detto. Se escludiamo “Origin”, che fa storia a sé, i ripetuti ascolti lo confermano. È probabile che i ripetuti ascolti dissiperanno anche le perplessità sopra citate, ma ad ora “True North” non convince appieno. Da un lato semplifica la proposta che ormai sentiamo da “Universal”, per contro sembra aver voglia di tentare qualche cambiamento. Definirlo un disco di transizione però sembra essere errato. Ci troviamo piuttosto innanzi a Brun & Co. che fanno fronte agli stravolgimenti di formazione e si rimettono in sesto. Ci riescono bene, perché “True North” è un disco godibilissimo in tutta la sua durata. Pure, la sensazione migliore è che lo show completo di questa nuova forma dei Borknagar lo vedremo solo alla loro prossima uscita.

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