Recensione: Fo’s Room

Di Lucio De Santis - 12 Novembre 2020 - 12:15
Fo’s Room
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Heavy 
Anno: 2020
Nazione:
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75

Alfonso Corace, classe 1984, è un chitarrista, polistrumentista, compositore e produttore Italiano. Il suo curriculum vanta partecipazioni con alcune band come Airlines Of Terror, 3rd Room, Lunarsea e Vidharr. Per il disco d’esordio Alfonso Corace fa tutto da solo, crea, compone e registra tutti gli strumenti mentre per le incisioni delle voci c’è la collaborazione di Giuseppe Orlando (ex-Novembre) ed Elisabetta Marchetti degli Inno.

Il disco, composto da 10 tracce, è musicalmente variegato, presenta brani potenti, melodici e malinconici al contempo. Nella stessa tracklist possono riconoscersi più influenze musicali ma mai banali e fine a se stesse.  Per quanto riguarda le performance vocali si fa largo uso del vocoder e la sensazione che le voci in questo modo fungano da strumento aggiuntivo per arricchire le melodie dei brani, mentre il sound rimane sempre moderno e accattivante.

Snoccioliamo ora la setlist del disco. “Serenity” è un brano d’apertura potente, con riff rocciosi e mai scontati. Di primo acchito e poi sentendo tutto il disco si intuisce che Alfonso Corace è alla ricerca più della qualità compositiva che votato a un protagonismo sterile. “The End” presenta un inizio melodico malinconico che apre la strada a un ritmo incalzante; tutto il brano è impreziosito da ottimi arrangiamenti chitarristici con plettrata sempre ricercata e cambi di ritmo repentini. La terza traccia, “Isolation”, si avvia in modo sontuoso, il riff iniziale fa venire in mente i miglior Megadeth per poi proseguire con un andamento più melodico, sempre di grande impatto emotivo. L’assolo in stile neoclassico è bellissimo e s’innesta in un brano difficilmente catalogabile che offre all’ascoltatore continui spunti musicali: a nostro avviso c’è sia classic metal sia heavy prog. “Control” si apre con un arpeggio acustico ma subito si ristabilisce il canone metal, con chitarre potenti e un grande senso della melodia; anche la parte lirica del cantato ha la sua efficacia. “Healing” è una song dal classico stampo metal, ben costruita e con una pennata sempre precisa; la voce femminile di Elisabetta Marchetti arricchisce il sound. Con “Turning Clear” si cambia marcia e ad attenderci al varco è un sound più moderno e ricco di effetti, che si muove tra thrash e prog, con un suono pesante e pomposo, oltre a ritmiche di chitarra sono sempre di pregevole fattura. “Primitive” ha un andamento melodico e oscilla tra passaggi distorti e puliti, bellissimo l’assolo sia nella parte lirica che ritmica. Più intima ed emotiva “Dream”, canzone con passaggi distorti e ritmiche acustiche; la voce impreziosisce il tutto. In “Spring” la chitarra di Corace fa un ottimo lavoro, bilanciando lirismo e senso compositivo, infine, “People In Disguide” è un song d’atmosfera con toni sommessi che poi cresce con un suono ricco e granitico, davvero un bel finale.

Il disco d’esordio di Alfonso Corace in definitiva è molto interessante e ha bisogno di più di un ascolto per essere assimilato al meglio; non è semplice catalogarlo e questo è un punto a suo favore; ha inoltre un grande talento e un evidente potenziale, sicuramente in futuro ne sentiremo ancora parlare.

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