Recensione: Fragments Of Decay

Di Haron Dini - 27 Dicembre 2020 - 12:17

Da Ferrara giungono alla nostra attenzione gli Shade Of Echoes, gruppo che fonde sonorità symphonic metal con il progressive e il metal più moderno. Scendendo nel dettaglio, va citato il primissimo debutto Shade Of Light del 2017, disco interessante ma allo stesso tempo limitato per quanto riguarda la scarsa qualità della produzione messa in campo. Questo secondo lavoro, Fragments Of Decay, invece riporta in carreggiata la band intenta a sperimentare ancora di più, visto che il symphonic è un genere che spesso è volentieri va sfociare nel progressive, rivelandosi un un vantaggio anche per maturare musicalmente.

Fragments Of Decay si apre con l’opener cosmicaEmpty Vessels”, di sei minuti circa, e per tutta la durata dell’ascolto la cosa che attira di più l’attenzione è sicuramente il songwriting molto sostenuto, i cambi di tempo e di struttura continui (soprattutto nelle linee di basso). Con questo brano gli Shade Of Echoes mettono subito in riga l’ascoltatore. “Static Mind” e “Dilithium” sono gli unici brani che inizialmente percorrono quella che è la nuova ondata djent del prog moderno, la chitarra 8 corde non lascia dubbi. Andando avanti con l’ascolto ci imbattiamo in brani come “Ergon”, “Ouroboros” e “Vereor”, influenzate fortemente da sonorità ò la Opeth (era Blackwater Park e Deliverance) però dall’ascolto molto catchy, questo grazie alla romantica voce della vocalist Sara Signorini che, ahimè, pecca di originalità ma comunque riesce ad essere coinvolgente anche nelle parti dal sound aggressivo. Segue un pezzo con apertura in stile Tesseract, ossia “Sublimination”. Qui troviamo un songwriting molto ben fatto (anche di più rispetto alle canzoni precedenti): gli strumenti vengono messi in primo piano per quanto riguarda le parti soliste, non mancano i tempi dispari e atmosfere surreali. Ascolto consigliatissimo. Il disco si conclude con “Antigravity”, che nei suoi 8 minuti di durata, contiene idee sicuramente già sentite negli ascolti precedenti, ma propone anche sezioni ritmiche brevi che richiamano un po’ sentori mathcore sotto alcuni aspetti (che non sono convenzionali al genere proposto ma che ci possono stare).

Nei fatti, Fragments Of Decay è il lavoro che comincia a dare una forma e una personalità agli Shade Of Echoes. Il lavoro proposto funziona, è coerente, anche se in alcuni momenti vuole azzardare troppo; dopo alcuni ascolti attenti si nota che le idee non mancano e la band è dotata di una buonissima tecnica. Anche questa volta, però, se bisogna considerare uno svantaggio è sicuramente la qualità, che non è proprio il massimo. Detto questo, la band ci sa fare, ed è una soddisfacente realtà nostrana del panorama symphonic metal.

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