Recensione: Heathen [Reissue]

Di Daniele Peluso - 6 Dicembre 2022 - 2:23
Heathen
Band: Wyrd
Etichetta: Moribund Records
Genere: Black  Folk - Viking 
Anno: 2022
Nazione:
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81

Ristampare un album del 2001 ha ancora senso?

La risposta la lascio nell’ultima frase di questo scritto.

“Heathen”, primo full lenght della one man band Wyrd, fu stampato dalla tedesca Millenium Metal Music in tiratura limitata a 900 copie.
Senza troppi proclami, lontano da lustrini e paillettes, quasi in punta di piedi per non disturbare.
Sono anni di idee fertili e di esuberanti proposte musicali anche se, per quello che riguarda questo disco nello specifico, si resta dentro un solco musicale ben tracciato una ventina di anni prima.
One man band, unica traccia da più di cinquanta minuti: tutto assolutamente perfetto.
Il lungo brano che dà corpo e sostanza a questo affascinante lavoro, prende vita attraverso una struttura portante sorretta da un riff ripetuto fin quasi all’esasperazione.
I soventi cambi di tonalità del cantato, l’aggiunta di parti recitate fin anche gli effetti naturali che enfatizzano l’aria greve che caratterizza tutto il lavoro, rendono il prodotto del musicista finlandese estremamente suggestivo. Narqath alterna uno scream acido e tagliente a un cantato impostato, marziale e solenne in una sorta di Profetens Åpenbaring ante litteram che ammalia e conquista. Qualche piccola sbavatura d’intonazione – che non si fanno fatica a trovare – non inficiano sul risultato finale che resta, in ogni caso, estremamente gradevole.
Il substrato su cui si sviluppa la prima parte del disco è un malinconico incedere in cui gli arpeggi delicati richiamano alla memoria sonorità antiche che si perdono nelle “canzoni della sera”. I cambi di ritmo della drum machine ci conducono per mano attraverso la storia narrata da Tomi Kalliola, deux ex machina di questa finnica follia. In questo lavoro, come in molti album dedicati al genere, il racconto della cristianizzazione forzata del Nord Europa è l’argomento portante su cui sviluppare l’intero lavoro. È un album pieno d’anima e di furore, in cui diversi stati d’animo – spesso contrapposti – ci raccontano di una lotta senza quartiere contro chi venne ad imporre con la violenza un credo lontano dagli spiriti pagani di quei remoti luoghi.
Odio, rabbia, rancore, sconforto, rassegnazione, rivalsa: sono gli ingredienti che man mano possiamo assaporare in questa lunga discesa verso il campo di battaglia. Sembra di vederle, quelle navi, cariche di croci e spade, farsi avanti in mezzo ai flutti, stipate da genti pronte a tutto per stabilire un ordine bastardo.
“Heathen” racconta di villaggi bruciati, di processi sommari, stupri e saccheggi in nome del “vero” dio voluto dagli stranieri.
Una battaglia persa in partenza per gli uomini del Nord, che hanno affrontato l’invasione con indomito coraggio.

“You can kill our kin but you can never crush our spirit.”

Tutta questa rabbia, tutta l’acredine e la furibonda voglia di rivalsa esplodono nelle note scolpite con caratteri di fuoco sulle rocce che lastricano la strada verso Tuonela, l’ade verso cui i nemici venuti dal mare saranno spinti dalla voglia di vendetta e rivalsa dei guerrieri pagani.
Dopo poco più di sedici minuti, quella che possiamo considerare come la prima parte del disco finisce, sublimando nelle gocce di pioggia di un temporale venuto da lontano.
Sovrastato da possenti tuoni, Narqath ci racconta di come la rivalsa nacque e prosperò nei cuori dei sopravvissuti. Rulli di tamburi votati alla guerra fanno tremare l’aria gonfia di pioggia.
Proporre un album composto da una sola canzone non è affatto una novità, soprattutto nel variegato mondo del Black Metal. Essere in grado di dare alla luce un album di cinquanta minuti, composto da una sola canzone, capace non solo di non annoiare l’ascoltatore ma anzi di coinvolgerlo emotivamente e di trasportarlo in modo così naturale attraverso una storia, è una cosa difficile da fare.
“Heathen” è proprio questo: dal 2001 ad oggi nulla è cambiato. Lo stesso patos, lo stesso furore, la stessa intrinseca rabbia esplodono nel lettore, oggi come ieri.
Per conoscere la strada che avremo difronte, dobbiamo conoscere la strada che già abbiamo percorso. Chi conosce il proprio passato è il solo padrone del proprio futuro; questa ristampa ne è l’evidente dimostrazione.

Peluso Daniele

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