Recensione: I Am Revolution

Di Daniele D'Adamo - 26 Settembre 2009 - 0:00
I Am Revolution
Band: Voyager
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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82

Australia. Questo continente dell’emisfero australe ha sfornato, spesso e volentieri, gruppi dall’approccio alternativo al Metal, accavallando Rock e Heavy, in misura del tutto originale ed inconsueta. Presumibilmente, la mescolanza di varie etnie ha favorito l’amalgama di diverse influenze, coinvolgendo inevitabilmente anche l’ambiente musicale. I Voyager, come sarà meglio specificato più avanti, non sfuggono a questa strana alchimia con “I Am The ReVolution”, terzo full-length della loro decennale carriera.

Full-length che si rivela immediatamente una piacevolissima ed inaspettata sorpresa. Difficile se non impossibile riuscire a definire “cosa” suonino gli australiani: si tratta di un minestrone assai saporito preparato principalmente con Progressive ed Hard Rock, con aggiunta di Heavy Neoclassico, Rock, Pop (sic!) e, verrebbe da scrivere, “chi più ne ha, più ne metta!”. Il risultato è un personalissimo ed originale (si potrebbe anche osare nel definirlo “unico”) groove multicolore, caldo e corposo.
Anche il songwriting si rivela niente affatto scontato: le canzoni si susseguono e si rincorrono nel proporre elementi di raffinata melodia, riuscendo ad attirare l’interesse di chi ascolta per quasi un’ora di musica. In particolare, il cantante e tastierista Daniel Estrin appare come l’elemento di spicco della formazione; cosa piuttosto insolita nel Metal, dato che spesso le tastiere vengono relegate in un ruolo tutto sommato marginale, per arricchire il rifferama delle chitarre.
Qui accade il contrario: il monumentale sound dei Voyager è fondato sulle partiture di Estrin, che lo sostiene e lo guida nel trasognante viaggio della fantasia e dell’immaginario. Non solo. Le linee vocali da lui interpretate sono naturali, neutre e calde, scevre da forzature o artificiose modificazioni.
Altra peculiarità da non sottovalutare è il rombante lavoro del bassista, che interseca le proprie partiture con quelle delle tastiere, rendendo davvero pieno e profondo il suono. Discrete e riservate le chitarre che, impegnate a non prendere quasi mai la scena come protagoniste, tessono invece una rete sulla quale si ergono le varie armonie, accompagnate da un drumming agile e vario, la cui produzione non è però perfetta; nel senso che nei passaggi più movimentati il lavoro di Mark Boeijen perde di definizione e di chiarezza.

E le canzoni? Difficile descriverle in poche righe, talmente sono ricche di particolari e di dettagli. Si scriveva più su di Metal Neoclassico.
L’opener “Land Of Lies” ne è un esempio, ricca di orpelli barocchi, pennellati sia dalle chitarre che dalla tastiera, nonché dal ritornello dolce e sentimentale. Colpiscono anche le “backing vocals” di Alex Canon, che fa da fondo growl alla pulitissima voce di Estrin. “Common Ground” inizia con piglio più cattivo rispetto alla canzone precedente, mantenendo alta la tensione in tutte le parti che la compongono, non evitando per questo di strizzare spesso e volentieri l’occhio a melodici passaggi. Accordi di tastiera in stile Rock Elettronico introducono “Lost”, giusto per far da contrasto all’inizio del brano, che ha un ritmo sostenuto, dal tono vagamente languido. Grande ampiezza del tappeto dei sintetizzatori, che occupa tutto lo spazio su cui si muove la voce, stavolta motivo portante del pezzo.
Le chitarre, che qui si rincorrono in un solo dai toni classici, comunque, posseggono un suono secco e ruvido (in tutto l’album), che fa da contrasto alla tonalità della voce, impostata con uno stile che era tipico del Pop inglese e nordeuropeo degli anni ottanta. E questa caratteristica, scoppia in “The Devil In Me”, trascinata da un irresistibile “leitmotiv” di tastiera e di chitarra verso un clamoroso ritornello, addirittura esplosivo, interpretato da Estrin come se fosse tornato indietro di venticinque anni e si trovasse a cantare in un gruppo Pop! Canzone assolutamente fuori dal coro, dal potenziale immenso.
Ovviamente, dopo una “bomba” simile, il rischio di una calo complessivo è concreto, ma i nostri ci sanno fare, e quindi tirano fuori dal cilindro magico “Close Your Eyes”, dai toni dissonanti, ma piacevoli. Non si raggiungere il livello di melodia raggiunto da “The Devil In Me” ma si rimane costantemente su standard artistici di primo livello. Potenza a piene mani in “Total Existance Failure” che, inevitabilmente, ormai, possiede nel proprio DNA un ritornello impeccabilmente catchy, sempre “ripulito” dagli eccessi grazie alla talentuosa capacità della formazione di Perth. Ancora Metal Neoclassico in “Straight To The Other Side”, caratterizzata, a metà, da un interessante segmento narrato. Sempre in evidenza, come più volte rimarcato, il lavoro delle tastiere. Non poteva mancare un lento, e non poteva che esser “non convenzionale”: con “In My Arms” l’atmosfera retrò trova la sua sublimazione, grazie al sentimento ed al cuore con il quale canta Estrin. “Times Like These” stringe nuovamente la mano al Progressive, non apportando alcun cambiamento climatico, ma anzi proponendo un break finale finemente orecchiabile.

Mistura classico/growl nelle linee vocali della strofa di “On The Run From The World”, nobilitata al solito da un ritornello ben costruito e gradevole. Dopo l’intermezzo Trance/Ambient di “Without A Sigh”, si giunge a destinazione del lungo viaggio con la title-track “I Am The ReVolution” che, obiettivamente, non rappresenta il momento più elevato dell’album (che, a parere di chi scrive, coincide con “The Devil In Me”). Il riottoso chorus della canzone, in ogni caso, si stampa nel cervello.

“I Am The ReVolution”: pioniere nella nuova frontiera del Metal?

Le idee sono tante. I presupposti tecnici e soprattutto artistici potrebbero anche esserci. Nonostante la produzione imperfetta e migliorabile, l’album possiede una carica innovativa inconsueta che non dimentica la melodia e la semplicità. In virtù della loro consistente poliedricità, i Voyager meriterebbero una fama più vasta di quella relativa all’underground in cui navigano attualmente. Quantunque “I Am The ReVolution” si possa giudicare in modo più che favorevole, spetterà ai posteri, come sempre, l’arduo compito di sentenziare in merito.

 

 

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Tracklist:

01. Land Of Lies 4:35
02. Common Ground 4:14
03. Lost 4:55
04. The Devil In Me 4:12
05. Close Your Eyes 6:02
06. Total Existance Failure 4:40
07. Straight To The Other Side 4:28
08. In My Arms 3:56
09. Times Like These 5:42
10. On The Run From The World 4:16
11. Without A Sigh 1:46
12. I Am The ReVolution 5:49

Line-up:

Daniel Estrin: tastiere e voce
Alex Canon: basso
Mark Boeijen: batteria
Simone Dow: chitarra
Chris Hanssen: chitarra

 

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