Recensione: Impío
Che il thrash potesse avere delle evoluzioni stilistiche, artistiche e tecniche, vent’anni fa, nessuno l’avrebbe pensato. Non ci si credeva a tal punto che il genere ha poi avuto, nella decade 1995 ÷ 2005, uno stop tale da decretarne, quasi, la fine. Invece, come l’Araba Fenice, non solo è risorto dalle proprie ceneri con i suoi gruppi storici ma avuto proprio quella progressione musicale che si pensava, a torto, fosse impossibile potesse avere. Gli spagnoli InnTrance, con il loro “Impío”, son qui a dimostrarlo.
“Impío” è il secondo full-length degli iberici, nati come ensemble nel 2005 per mano del bassista Daniel Férnandez. Una carriera breve ma già comprensiva di un EP (“Religion”, 2007), del disco di debutto (“The Basis Of Trancetherapy”, 2009) e, soprattutto, di una serie di concerti esplosivi durante i quali i Nostri – oltre che a farsi le ossa e a rendersi visibili – hanno messo a ferro e fuoco la loro Patria.
Sì, perché il quartetto di Madrid interpreta a modo suo un thrash violento, duro e scalpitante. Potenza a profusione, ritmi sostenuti – a volte tipici del groove metal – esplosività e, infine, una clamorosa vena melodica che diventa irruente in occasione dei tanti, azzeccati ritornelli. Kiko Hagall canta in lingua madre, con che a volte si ha l’impressione di avere a che fare con una sorta di Héroes Del Silencio all’ennesima potenza (e le similitudini finiscono qui).
Uno stile unico e originale che affonda le proprie radici nel thrash ortodosso per compiere un consistente balzo in avanti, tale da far ritenere esatto, una volta tanto, il termine ‘post-thrash’. Questo neologismo, apparentemente innocuo, è rappresentativo, invece, di un notevole sforzo mentale atto a produrre delle buone idee partendo dalla strada Maestra tracciata dai Padri Fondatori (Metallica in primis), per esplorare nuovi territori di caccia. Buone idee che, in questo caso, rendono concreta la ricerca di nuove armonizzazioni capaci di legare assieme la rudezza del micidiale trio chitarra/basso/batteria alla melodiosità di certe linee vocali, cantate sia in singolo, sia in coro. Hagall, del resto, si dimostra un vocalist eccellente, capace di affrontare con pari abilità parti assai aggressive con un possente semi-growl e tratti più leggeri con un timbro caldo e pulito, mediterraneo.
“Impío” comincia ‘leggero’, con un’introduzione strumentale tetra e oscura (indicativa dell’umore del platter, tendente alla melanconia), per poi mostrare subito i denti con “Entre Lamentos (Impío)”: un brano d’apertura dal ritmo ‘grooveggiante’ segnato pesantemente dalla chitarra di Bárez, impegnata nella costruzione di un monumentale muro di suono abbellito dal riflesso di brillanti soli. Una song dura, arcigna ove, per la verità, di melodia ce n’è poca; anche se si vede chiaramente l’anima duale di Hagall: come in Giano Bifronte, nel cantante convivono, equamente divise, un’anima dolce (clean) e un’amara (semi-growl). La melodia arriva, e a grandi dosi, in “Sin Perder La Fe”, stupendo connubio fra armonie esplosive e veemenza strumentale dal ritornello ‘trapana-crani’: una volta entrato nella mente, infatti, non ne uscirà più.
La melodia si trasforma in sofferenza interiore nel chorus di “Jamás Te Olvidaré”, impreziosito da un’acuta voce femminile. “La Tubo” ripete, anche se in maniera meno efficace, lo schema (vincente) di “Entre Lamentos (Impío)”. “Claramente” quasi spaventa per la violenza e la riottosità di cui è intrisa: un’improvvisa ‘alzata di scudi’ atta a non far dimenticare che, nonostante tutto, il combo madrileno pesta forte e duro. L’approfondimento interiore, iniziato con “Jamás Te Olvidaré”, trova compimento con la dolce semi-ballata “Déjame Vivir”. “El Carrusel” è una terra conquistata dagli esperimenti di Bárez, che propone qualche variante (siano piacevoli o meno, dipende dai gusti personali) al ‘solito’ modo di eseguire i soli di chitarra.
Gli InnTrance sono tosti e, quando vogliono, fanno male: lo dimostrano ancora una volta con la violenta “Tras El Telón”, una bastonata nella schiena addolcita, però, da uno stupendo refrain, e con “Estrés”, dissonante sino all’eccesso. Il docile arpeggio di “Sincéritas” chiude, un po’ come l’incipit di “Entre Lamentos (Impío)” l’aveva aperto, il CD.
“Impío” è un album che, per le tante peculiarità descritte, rappresenta un punto fermo per un genere appena nato e dalle infinite possibilità evolutive. Mantenuto fermo lo zoccolo duro del sound su una base thrash, gli InnTrance sono riusciti a sviluppare a una proposta originale e varia; anche se – dal punto di vista della scrittura musicale – ancora un po’ acerba e quindi non perfettamente continua nella qualità complessiva delle canzoni. Qualche ‘buco’ c’è, quindi, e in futuro dovrà essere riempito, per arrivare all’eccellenza.
Se possibile.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. Entre Lamentos (Impío) 4:56
2. Sin Perder La Fe 4:33
3. Jamás Te Olvidaré 5:19
4. Sinceridad 5:13
5. La Tubo 4:32
6. Claramente 5:31
7. Déjame Vivir 4:59
8. El Carrusel 4:01
9. Tras El Telón 4:27
10. Estrés 3:59
11. Sincéritas 1:15
12. The Way (Bonus track) 4:12
All tracks 53 min. ca.
Line-up:
Kiko Hagall – Vocals
Miguel Bárez – Guitar
Daniel Férnandez – Bass
Nacho Arriaga – Drums