Recensione: Interdimensional Invocations

Di Claudia Gaballo - 5 Febbraio 2020 - 2:57
Interdimensional Invocations
Band: Xoth
Etichetta: Indipendente
Genere: Death 
Anno: 2019
Nazione:
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“Interdimensional Invocations” è il secondo album in studio degli Xoth, gruppo death metal originario di Seattle e attivo sulle scene dal 2014; quest’opera segue l’EP di esordio “Hostile Terraforming” (2014) e il primo full-lenght “Invasion Of The Tentacube” (2016).

Come evidente già dai titoli degli album nonché dagli artwork di copertina, la band dimostra una spiccata propensione per il fantasy, l’horror e lo sci-fi, propensione che viene espressa soprattutto nei testi. Xoth stesso è il nome di un pianeta nel Ciclo di Cthulhu di Lovecraft. Con queste premesse, pur sapendo che stiamo per ascoltare un’opera death metal riusciamo già a immaginare un certo tipo di scenari e contaminazioni; senza prendere da esempio gruppi come i Mechina, che fanno ben altro, ma ci aspettiamo perlomeno qualcosa di creativo.

Come già anticipato, tuttavia, le ispirazioni fantastiche rimangono appannaggio dei testi, lasciando ai brani tutta la brutalità del genere. “Interdimensional Invocations” sono 40 minuti di death metal veloce e compatto; è un disco che non si perde in banalità e tecnicismi ma allo stesso tempo valorizza le skills tecniche di questi ragazzi. Il ritmo in blast beat è praticamente una costante, non rallenta mai; anche le chitarre piroettano dall’inizio di ‘Casting The Sigil” fino alla fine di ‘Melted Face Of The Soul’, appoggiate da una solida base di basso. Per quel che riguarda la performance vocale, Tyler Splurgis e Woody Adler utilizzano diverse tecniche: in pezzi come ‘Plague Revival 20xx’ troviamo uno scream tipico del black metal; mentre ‘The Ghost Hand Of God’ è il pezzo più pesante dell’album anche grazie a un intenso growl. Nella maggior parte dei brani entrambe le tecniche vocali si alternano e si amalgamano in modo abbastanza naturale, senza creare troppo distacco tra uno stile e l’altro.

Alla fine dell’ascolto si avrà la sensazione di aver corso in mezzo a una tempesta per mezz’ora, che è sempre un buon risultato quando si ascoltano opere di questo tipo. Ritornando a osservare l’immagine di copertina, troveremo una certa coerenza tra il media visivo e quello musicale: è come se il design rappresentasse perfettamente quello che andremo ad ascoltare.

“Interdimensional Invocations” è un album per chi vuole del buon vecchio metal da suonare a tutto volume. Non è un’opera cervellotica e non ha pretese di innovazione. Semplicemente, si rispecchia con orgoglio nel genere di cui fa parte e dà ai fan del death metal quello che i fan del death metal vogliono avere.

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