Recensione: Is War The Answer?

Di Fabio Vellata - 10 Febbraio 2014 - 0:01
Is War The Answer?
Band: Pavic
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2014
Nazione:
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79

Terzo giro, terza versione stilistica e nuovi orizzonti sonori.

L’avevamo perso un po’ di vista il progetto dell’ottimo Marko Pavic, talentuoso chitarrista italo-serbo autore sin qui di due album di buona qualità, parecchio diversi tra loro e depositari di una significativa progressione in termini qualitativi.
Era, infatti, l’estate del 2008 l’epoca di pubblicazione dell’interessantissimo “Unconditioned”, disco che miscelava con arguzia, hard rock di radice classica, marcati spunti progressive ed una tendenza fusion, destinato a distanziarsi dal predecessore “Taste Some Liberty” (2005), gradevole ma ancora in parte acerbo riassunto hard d’evidente derivazione seventies.

Passata la bellezza di quasi sei anni e rivoluzionata in qualche elemento la line up (rimarchevole l’avvicendamento tra Chris Catena e Joe Calabrò al microfono), la band guidata dal sempre ottimo mr. Pavic ritenta ora la strada discografica, rafforzata da un bagaglio d’influenze chiaramente rinnovato nell’ispirazione ed attualizzato nella sostanza.
Dimenticate in larghissima parte le derive settantiane devote a Purple e Rainbow tanto in risalto nelle precedenti esperienze, le composizioni ora appaiono decisamente modernizzate e contemporanee, ispessite da un rifferama molto corposo e “groovy” – quasi quadrato e martellante in alcuni frangenti – cui fanno da contraltare aperture melodiche e ritornelli ampi, ben calibrati sulla voce del bravo Joe Calabrò, un singer dal notevole carisma che non concede alcun rimpianto per il pur notevole predecessore.

Il sunto che ne deriva è un album dai toni cupi ed oscuri, spesso duro e dirompente, in cui rintracciare sempre un’anima hard rock ma in cui riconoscere un più vivido approccio groove, all’interno del quale Alter Bridge, Creed, ed in qualche misura Stuck Mojo e Black Label Society, prendono il posto delle antiche muse primigenie.
E quello che, concretamente arriva alle nostre orecchie, parimenti, non dispiace affatto ma anzi, soddisfa in buona misura, consegnando all’ipod una serie di brani attuali e molto ben prodotti, dal suono tornito, ritimicamente solidi e di robusto dinamismo.
La chitarra compressa e “voluminosa” di Pavic stende un massiccio tappeto di accordi per canzoni dall’approccio moderno, limitando i virtuosismi fini a se stessi (gli assolo non mancano comunque) per privilegiare, questa volta, l’impatto più diretto e tenace, in un panorama definitivo che, nel complesso, pare distaccarsi del tutto da quanto proposto e realizzato sin qui.

Ottime linee di basso (lo strumento ritmico suonato da Aleks Ferrara è colonna portante del sound elaborato dal quintetto) e dense cadenze medie accendono brani energici ma al contempo melodici quali “Is War The Answer?”, title track del disco, “Your Own Misery”, “Every Time I Die” e “Welcome To My World”, pezzi dal taglio molto contemporaneo, chitarristici, rombanti ed arricchiti da un buon sottofondo tastieristico ad opera di Lorenzo Antonelli, funzionale nel conferire sfumature e colore alle compatte armonie di base.
Segnalazione inoltre per la curiosa cover di “Notorius” pezzo dei Duran Duran reso in chiave heavy-groove e per la ballata finale “Once Again”, rilassata chiusura ad effetto di un disco dai toni spesso dichiaratamente accesi.

Pur distaccandosi in modo netto ed assoluto da quanto proposto nelle precedenti uscite, “Is War The Answer?” suona come una riconferma tutto sommato coerente della caratura artistica di Marko Pavic e dei suoi sodali, autori a distanza di parecchi anni di un prodotto moderno ed attuale che si segnala per una decisa progressione verso lidi stilistici rinnovati.

La proposta insomma, era molto buona allora e, pur nella sua sostanziale diversità, lo è anche oggi.

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