Recensione: Jealousy

Di Riccardo Angelini - 23 Settembre 2005 - 0:00
Jealousy
Band: X-Japan
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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90

Nel 1991 gli X sono nel pieno del successo, lanciati nella parabola ascendente che li consacrerà nell’Olimpo delle band più importanti e influenti nella storia della musica giapponese, tanto che il loro terzo lavoro, questo Jealousy, rappresenta secondo molti l’apice della loro discografia, alle spalle naturalmente del capolavoro Art of Life. Classifiche a parte, di certo siamo al cospetto della creatura nella quale la miscela tra i due volti della band, quello spontaneo e arrembante e quello professionale e raffinato, trova il migliore equilibrio. Jealousy è infatti il lavoro più completo, vario ed efficace della band, quello insomma in grado di soddisfare il maggior numero di palati mantenendo una qualità decisamente alta in ogni sua sfaccettatura.
Si tratta peraltro dell’ultimo full-length rilasciato dal combo nipponico nella sua formazione originale: nel 1992 infatti il cowboy Taiji, non senza uno strascico di polemiche, lascerà definitivamente i compagni. Molte voci circolarono e ancora circolano riguardo alle ragioni che indussero all’addio l’ottimo bassista, la cui grave eredità ricadrà in seguito sulle spalle del diligente ma meno carismatico Heath. Qualcuno accusò Yoshiki, reo di non aver inserito nel nuovo full-lenght alcune creazioni musicali dell’eccentrico compagno. Altri ricondussero la separazione a divergenze stilistiche, in onore delle quali Taiji (che in seguito collaborò anche coi Loudness) abbandonò il singolare eclettismo degli X per cercare alternative più vicine al sound americano da lui prediletto. Tuttavia nessuna causa ufficiale venne addotta, e nessuna delle diverse voci trovò conferma.

Ma soffermiamoci ora sulla prova della band e sul contenuto del disco. Ancora una volta i brani, dieci in tutto, si confermano fin dal primo ascolto ottimamente suonati e arrangiati con grande perizia. La produzione, come sempre da quando la Extasy Records di Yoshiki venne accorpata nella Sony, è di alto livello, e anche l’artwork risulta particolarmente evocativo e d’impatto. Quanto ai dettagli, è difficile scegliere una manciata di tracce a titolo rappresentativo, non solo per l’ottima qualità di ciascuna di esse, ma anche per l’estrema eterogeneità della proposta.
I dubbi scompaiono tuttavia quando si tratta di eleggere il brano più riuscito del lotto, la vera killer-track che da sola vale il prezzo dell’album: Silent Jealousy è probabilmente, sempre escludendo l’irraggiungibile Art of Life, la canzone più conosciuta e rappresentativa di sempre degli X-Japan. Dopo l’introduttiva A Piano String in Es Dur – in cui un ipnotico e delicato giro di pianoforte di Yoshiki riesce subito a creare un’atmosfera raffinata e carica di pathos, prima che un brusco e inatteso assassinio sonoro ne spezzi l’armoniosità – una nuova breve introduzione pianistica fa da trampolino di lancio per l’inarrestabile cavalcata che riporta la mente alle hit dei primi due album. Il tempo ha permesso alla band di maturare ulteriormente, e la nuova speed song riesce a essere insieme potente e malinconica, esaltante e nostalgica, dolce e spietata, sfrecciando fulminea attraverso un mirabile intreccio di riff a dir poco trascinanti, break melodici a effetto e linee vocali di grande intensità. Una delle migliori prove di Toshi dietro al microfono si sposa qui con i soliti tempi infernali dettati da Yoshiki alla batteria, e i mirabili arrangiamenti orchestrali, perfettamente amalgamati con il resto della strumentazione, sublimano questo pilastro inamovibile della storia e degli X.
L’altro brano che conquistò rapidamente i favori di pubblico e critica è la finale Say Anything, mirabile ballad opportunamente scelta per chiudere le danze. Da Endless Rain in poi i lenti sono sempre stati uno dei punti di forza della band di Yoshiki, in grazia di una perfetta sinergia tra pianoforte e voce: Say Anything non fa eccezione, e il puntuale solo di hide non fa che perfezionare un successo annunciato e ancora una volta impreziosito da mirabili orchestrazioni.
Benché gli apici dell’album si trovino in capo e in coda, non si può assolutamente sorvolare sul resto dei brani, o si correrebbe il rischio di perdersi la frizzante Miscast, in cui i fan di hide riconosceranno la mano del genialoide chitarrista in fase di songwriting, oppure l’aggressiva Stab Me in the Back, che per qualche momento riporta alla memoria gli X sfacciati e rumorosi del debut. Gli amanti di sonorità più filoamericane non mancheranno di apprezzare la nuova creazione di Toshi e Taiji, la quale risponde al nome di Desperate Angel, genuina dichiarazione d’amore per il caro vecchio hard rock a stelle e strisce. L’altra incursione nel songwriting da parte dei due avverrà nell’insolita ballad acustica Voiceless Screaming, episodio isolato e senza analoghi nella discografia dei cinque giapponesi, preludio della futura proposta solista di Toshi. A separare le due canzoni una breve traccia strumentale, anche questa acustica, dal gustoso sapore country: un minuto appena di garbate melodie d’altri tempi affidate alla sapiente mano di Pata.
C’è spazio anche per un esperimento semi-elettronico, che va sotto il nome di Love Replica. Un brano bizzarro, che obbedisce a idee recuperate e sviluppate nel successivo Dahlia e nel più recente solo-project di Yoshiki, Violet UK. L’effetto complessivo è singolare e a tratti estraniante, ma tutto sommato piacevole. Manca all’appello solo la saltellante Joker, brano allegro e spensierato che torna finalmente in territori più tradizionali. Peculiare e riuscito l’accostamento tra la chirurgica precisione esecutiva dei membri della band e certe sonorità scanzonate che a tratti possono riportare alla mente il feeling di un punk-rock vivace ma, strano a dirsi, ordinato.

Si sarà visto a questo punto quanto sia diversificata la proposta degli X in questo loro terzo lavoro. Sta ormai venendo meno, è innegabile, la vena di animalesca follia che animava il debut e che era stata così ben incanalata nell’eccelso seguito. Emerge in compenso una ricercatezza e una cura del dettaglio che avvicinano la band alle più familiari sonorità occidentali, pur mantenendo intatto uno spirito e un’originalità personalissimi e inconfondibili. E così alla fine individuare i confini di una simile concezione musicale, già di per sé insolita e refrattaria alle etichette, si manifesta ancor più difficile alla luce dei molteplici caratteri che vengono alla luce di brano in brano: probabilmente ad avvicinarsi maggiormente al bersaglio è l’epiteto “visual rock”, termine nato non per definire un sound, ma uno stile e un’attitudine.
In seguito a quest’uscita gli X tenteranno la via del successo negli Stati Uniti, ma i risultati non saranno quelli aspettati. Gli americani, refrattari proprio allo stile visual, riserveranno ai cinque giapponesi un’accoglienza tiepida, così che lo sbarco in occidente degli X (ribattezzati poi X-Japan per non essere confusi con un’omonima band locale) verrà rimandato a data da destinarsi. Un peccato, perché quello che poteva apparire come un banale incidente di percorso impedì invece a larga parte del pubblico occidentale di conoscere una concezione di musica che avrebbe meritato senza dubbio una maggiore attenzione. Ma chissà che in futuro le cose non possano cambiare.

Tracklist:
1. A Piano String in Es Dur (1:53)
2. Silent Jealousy (7:17)
3. Miscast (5:16)
4. Desperate Angel (5:50)
5. White Whind from Mr Martin – Pata’s Nap (0:57)
6. Voiceless Screaming (6:12)
7. Stab Me in the Back (3:52)
8. Love Replica (4:30)
9. Joker (4:51)
10. Say Anything (8:41)

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